Il Consiglio regionale della Toscana, a maggioranza, ha adottato l’integrazione al Pt con valore di Piano paesaggistico, che contiene al suo interno anche il cosiddetto ‘Piano cave’, al centro di numerose polemiche e proteste:
Cave Apuane: ‘serrata’ dove si riforniva Michelangelo
E’ passato a maggioranza con il voto contrario di Fdi, Udc e Pt-Ncd, e l’astensione di Fi. Ora ci saranno 60 giorni di tempo per presentare le osservazioni al piano che dovrà tornare in aula per l’approvazione definitiva.
Un piano che rappresenta una importante svolta anche culturale, per la modalità di lavoro che ha condotto a questi risultati e per gli obbiettivi per il presente e per il futuro che il Piano si è posto: basato su un quadro cognitivo puntuale e ricco; articolato su venti ambiti di paesaggio della Toscana che valorizzano l’identità collettiva dei luoghi, fatta di paesaggio rurale, policentrismo degli insediamenti, bacini idrografici, ecc.
Un concetto, quello di identità collettiva, che è sì da tutelare ma facendola vivere e sviluppare, guardando quindi al futuro e non puntando a una fotografia statica dell’esistente, quindi non a vincoli de contestualizzati tesi a una museificazione del territorio.
“Un risultato accettabile, alla luce anche dei molti tentativi di far “saltare il banco” che sono venuti da fuori e non solo, con l’obbiettivo di non arrivare all’adozione, e poi all’approvazione definitiva in questa legislatura, anche strumentalizzando e banalizzando alcune tematiche specifiche” – questa la dichiarazione di Monica Sgherri – Bene quindi superare la concezione del paesaggio “cartolina” e nel contempo essere stringenti sugli obbiettivi di “tutela attiva”, nella consapevolezza che vincoli che oggi sono considerati banali nella loro ovvietà (si pensi a non costruire sulle spiagge) al tempo della loro introduzione furono avversati.
“Positiva – prosegue Sgherri – la modalità (serrata) di lavoro con il rapporto stretto (e fattivo) tra commissioni e Giunta, con un ringraziamento sentito all’assessore e agli uffici per il lavoro faticoso che hanno svolto. Col risultato di un quadro puntuale che prende atto della forte antropizzazione della nostra regione non per bloccare ma per dare sbocchi futuri positivi di tutela e sviluppo”. Su tutto questo – prosegue Sgherri – si è inserito il braccio di ferro del tutto strumentale in tema di cave all’interno del parco delle Apuane, strumentale a far saltare il Piano.
Il punto non era infatti creare dei vincoli contro il lavoro ma tenere conto che siamo di fronte ad un territorio riconosciuto come patrimonio Unesco; possibilità di scavare sì ma con regole certe e non contrarie al Piano: quindi che non si possano più cancellare (come avvenuto in passato) le creste dei monti e sopra i 1200 metri il no all’apertura di nuove cave”.
A tutela del lavoro c’era e c’è il mantenimento delle cave esistenti (con nuove regole, fra cui l’obbiettivo della lavorazione in loco del 50% del materiale estratto). Ma non è accettabile il colpo di mano avvenuto in commissione, con l’approvazione di due emendamenti, il primo dei quali permette la riattivazione delle cave dismesse (sopra i 1200 metri) da non oltre 20 anni (nel testo originario era 10) e soprattutto il secondo permette l’apertura di un nuovo fronte cava per queste ultime senza che ciò sia considerato variante significativa e quindi sottoposto al relativo iter di verifica delle conseguenti tutele. Colpo di mano perché questo non parla certo all’occupazione (son cave dismesse da tanto tempo) ma crea una deregulation ossia una di rendita di posizione straordinaria di grandissimo peso per coloro che potranno usufruirne.