Caso Cucchi. E sì… Ilaria, ora in tanti devono chiederti scusa 

Abbattuto un muro. La notizia è apparsa su tutti i media, Tedesco ha descritto le varie fasi del pestaggio:

“Fu un’azione combinata, spinte e calci. Gli dicevo: finitela” racconta il carabiniere

11ottobre 2018 redazione

Era il 22 ottobre del 2009 quando Stefano Cucchi morì nel reparto carcerario dell’ospedale Pertini dopo una settimana di sofferenze causate dal pestaggio che subì. A nove anni di distanza, finalmente, uno dei carabinieri confessa in aula chiamando in causa, a vario titolo, gli altri quattro imputati, consentendo finalmente di far luce su un omicidio di Stato dinanzi ad un muro di gomma, che sembrava impossibile penetrare. Un passo reso possibile grazie alla compostezza impietrita dal dolore dei genitori e alla dalla grande tenacia e determinazione della sorella di Stefano, Ilaria:

Ilaria Cucchi: “Ci chieda scusa chi ci ha offesi in tutti questi anni”

Ci chieda scusa chi in tutti questi anni ha affermato che Stefano è morto di suo, che era caduto. Ci chieda scusa chi ci ha denunciato. Sto leggendo con le lacrime agli occhi quello che hanno fatto a mio fratello. Non so dire altro. Chi ha fatto carriera politica offendendoci si deve vergognare. Lo Stato deve chiederci scusa. Deve chiedere scusa alla famiglia Cucchi.”

Maurizio Acerbo (PRC): “Salvini, Meloni e Giovanardi ora chiedano scusa”

“Dopo nove anni un rappresentante delle forze dell’ordine ammette il pestaggio ai danni di Stefano Cucchi. E’ solo merito del coraggio di Ilaria Cucchi e della sua famiglia, dichiara Maurizio Acerbo (segretario nazionale di Rifondazione Comunista) se finalmente un po’ di verità sta venendo a galla. Avevano ragione da sempre. A loro il nostro abbraccio e la nostra solidarietà. Ora chiediamo che si faccia piena luce e giustizia su questa vicenda e su tutti gli altri casi di violenze compiute dalle forze dell’ordine. Salvini, Meloni e Giovanardi ora chiedano scusa.
Ammazzare di botte dei cittadini inermi non è il “lavoro” per cui paghiamo polizia e carabinieri. In uno stato democratico non vi può essere complicità e impunità per gli abusi commessi da chi indossa una divisa e viene pagato per proteggere i cittadini. 
Stefano poteva essere figlio o fratello di ognuno di noi”.

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