Quel che preme al Comitato non è l’orto in quanto tale, ma l’uso e le relazioni sociali che consente di realizzare. Se l’Amministrazione comunale decidesse anche un uso diverso purché garantisca che non sarà messo neanche un mattone, pronti a ritirare zappe e rastrelli, un assit, questo, tirato a tutti i partiti che adesso dovranno votare in Consiglio.
06ottobre 2014 di Silvio Lami – foto e video di Giacomo Bazzi
Interessante nei numeri e nella partecipazione, una conferenza stampa con oltre 120 persone, molti i residenti (come dimostrano le foto e lo stesso video), anche soggetti politici locali, da Buongiorno Livorno e Rifondazione Comunista fino a Sinistra Anticapitalista e i Centri Sociali.
E’ Dario Fantozzi ad introdurre la posizione del Collettivo in una visione critica tra modello di crescita, sviluppo dissipativo delle risorse e le crescenti povertà a livello globale. E lo fa citando il Capo Indiano Seattle al Presidente degli Stati Uniti “Come si può pensare di vendere il cielo o il calore della terra…la terra non appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene alla terra”.
In un paradigma che appare capovolto, molti gli interventi in sintonia con il senso dell’introduzione, che entrano nel merito e nei particolari delle scelte politiche, economiche, ambientali e urbanistiche sbagliate, perché solo speculative/affaristiche che hanno condotto questa città allo stato attuale di degrado e di parcellizzazione delle relazioni sociali.
Simona Corradini spiega che, sulla base del Regolamento Urbanistico l’area occupata non è votata alla edificazione, ma considerata zona a “riqualificazione urbana e per servizi” pertanto, l’aspetto edilizio risulta solo come marginale. In questo senso la vicenda degli Orti, di via Goito, assume un aspetto emblematico, in quanto si lega alle vicende urbanistiche, spesso approssimative, di tutta la città, orientate a fare incetta di volumi piuttosto che produrre una migliore qualità dell’abitare.
Non è vero che in questa materia l’Amministrazione comunale non possa avere un ruolo, non si tratta affatto di una questione tra privati, ma proprio a partire da questa esperienza si potrebbero pensare e attivare scelte diverse, a partire dal censimento su tutte quelle aree che potrebbero essere destinate a servizi.
Gli interventi successivi ripercorrano la storia di questo terreno, tutto il percorso su come la CLC ne sia venuta in possesso e le motivazioni per cui non esistono margini, possibili, di mediazione o compromesso, quell’area è e deve restare a destinazione di servizi.
A quanti contestano il problema occupazionale, la proposta è: abbattere due case per ricostruirne una, ma a ciclo chiuso (cioè ecocompatibile e autosufficiente), pertanto: volumi zero, migliore qualità abitativa per triplicare l’occupazione.
Dopo la conferenza stampa intrattenimento e assaggi delle produzioni degli orti urbani, alla chitarra con Pio Gianelli
Per saperne di più, i video degli interventi:
Foto: