Decreti Madia: il peggio deve ancora arrivare

Uno degli obiettivi di Renzi era la cancellazione di gran parte delle società partecipate, tanto è vero che tre anni fa anticipò uno dei Decreti Madia annunciando la riduzione delle aziende da 8mila a 1.000

17febbraio 2017 da Federico Giusti, Pisa

L’ennesimo spot dietro a cui si muovevano interessi forti da sempre favorevoli alle privatizzazioni, interessi che beneficerebbero dalla svendita di tante Aziende costruite con i soldi pubblici e con gli stessi sovente ammodernate. Uno scenario identico a quello già verificatosi negli anni novanta con le privatizzazioni e la grande svendita delle Aziende pubbliche.

Eravamo nell’aprile 2014, meno di tre anni fa, quando si annunciarono i fatidici 80euro in busta paga che tuttavia non sono andati a tutti\e ma, soltanto a chi percepisce redditi compresi tra 16mila e 24mila euro lordi (più o meno sei milioni di lavoratori), mentre chi percepiva redditi tra 8mila e 16mila euro aveva solo un bonus pari al 4% del reddito complessivo: per esempio, 50 euro – corrispondenti a 400 euro l’anno – per chi nei 12 mesi guadagna 10mila euro. E gli 80 euro diminuivano fino ad annullarsi tra i 24 e i 26 mila euro di reddito annuo.

Questa breve digressione è utile per capire che i redditi da lavoro dipendente sono progressivamente diminuiti, in particolare da 15anni a questa parte. Nel lavoro pubblico la forbice tra chi percepisce redditi elevati e una massa sempre più’ grande con cifre da fame, è maggiore che nel settore privato.

Studi innumerevoli hanno dimostrato che nel Pubblico Impiego la perdita dal 2009 ad oggi è stata mediamente di 6mila euro, una cifra di gran lunga superiore a quella che solitamente viene raccontata dagli stessi sindacati. A distanza di 24 mesi il Pd sembra essere avere acquisito maggiore cautela in materia di Aziende Partecipate, dal dire che rappresentavano una spesa insostenibile sono passati a più’ miti giudizi, arrivando a un accordo con gli Enti Locali. Nel novembre scorso la Consulta boccio’ alcuni decreti Madia, in particolare quello sulla scelta dei dirigenti sanitari dopo il ricorso della Regione Veneto, costringendo l’esecutivo a riscriverne alcuni con il consenso delle Regioni . Nel frattempo caduto Renzi è arrivato Gentiloni ma il ministro Madia non si è mossa dal Ministero competente della Pubblica amministrazione.

Venerdì 17 febbraio la nuova versione è tornata in consiglio dei ministri insieme al decreto sui licenziamenti dei dipendenti pubblici assenteisti.

Alla vigilia del Consiglio dei Ministri sono arrivati i primi dati sui licenziamenti nel Pubblico Impiego, in aumento (quasi 300 in un anno a smentire chi asseriva la impossibilità di licenziare) e scopriamo che non si tratta solo di truffatori o furbetti del cartellino ma, di inosservanze ai codici disciplinari ridefiniti per colpire dipendenti non fedeli (non sono lontani i tempi nei quali al dipendente pubblico sarà imposto il divieto assoluto di comunicare con la stampa e di esternare critiche all’operato della politica).

  • Per il varo definitivo dei due nuovi decreti dovremo attendere il parere (quasi scontato) del Consiglio di Stato e  delle commissioni parlamentari e della Conferenza Stato Regioni che per altro è stata più’ volte coinvolta nelle ultime settimane.
  • Intanto il terzo decreto, che aveva creato maggiori contrasti con le Regioni (quello relativo al  riordino della dirigenza sanitaria), è stato assieme al nuovo Testo Unico sul Pubblico Impiego.
  • Slitta anche il decreto sulle partecipate, a distanza di 3anni non è stata fatta alcuna ricognizione sulle Aziende, di certo si rinvia di qualche mese (probabilmente a fine Giugno), verrà varato un decreto che andrà verso una riduzione del numero delle aziende con processi di dismissione e privatizzazione che, definiranno con un altro nome dal significato fuorviante: “razionalizzazione”.

Inutile dire che esiste una ragionevole preoccupazione per le sorti dei lavoratori nelle partecipate, ci potremmo trovare in estate dinanzi a esuberi e a forzose mobilità. Sulle partecipate non si aggirano solo gli appetiti dei falchi privatizzatori, ma anche dei contabili liberisti.

Il procuratore della Corte dei Conti ha parlato di elevato costo dei servizi pubblici e di effetti negativi sulle imprese e sulla loro compatibilità, ragione per cui c’è da aspettarsi un grande banchetto attorno alle Aziende da dismettere, un banchetto che per mettere d’accordo i voraci interessi in campo ha bisogno di tempo e di concordare i contenuti del Decreto. Il sindacato sta a guardare, ma sbaglia perché sarebbe l’occasione per entrare nel merito delle Aziende a partecipazione pubblica e sulle loro finalità, su come sono gestite e sulle occasioni perdute per trasformarle in uno strumento di: ricerca, sviluppo, occupazione in funzione di accrescere servizi di qualità alla cittadinanza.

Al Governo premeva approvare i Decreti più’ urgenti, quelli da vendere ad una opinione pubblica desiderosa di capri espiatori contro cui accanirsi, nell’impotenza quotidiana e nella impossibilità di prendersela con i responsabili reali del degrado sociale ed economico in cui siamo piombati.

Quindi, facendo slittare di qualche mese il Decreto sulle partecipate, in attesa dell’estate per adeguare le società pubbliche alla governance, in attesa di riscrivere il nuovo Testo unico sul pubblico impiego, senza ancora avere fornito risposta sulla effettiva copertura economica per i Contratti Pubblici (scaduti da 8 anni e che già da 12 mesi avrebbero dovuto rinnovare), evitando il confronto reale sulla stabilizzazione dei precari (in deroga alle normative vigenti che permetterebbero solo una assunzione su 4 pensionamenti e priva di copertura economica), arrivano i Decreti per il licenziamento dei furbetti del cartellino, con l’immediata sospensione dal servizio se colto in flagranza, allungando i tempi per esercitare il diritto ad una azione di risarcimento della Corte dei conti contro il dipendente infedele per danno di immagine, favorendo la sospensione immediata dal servizio senza stipendio. Tuttavia, anche se il consiglio dei ministri ha approvato correttivi solo a uso e consumo della propaganda contro i fannulloni (Brunetta è stato un maestro per la Madia), il peggio deve ancora venire proprio con la riscrittura del Testo unico sul pubblico impiego.

Nel frattempo sta andando in porto una stretta sulle assenze non solo nel fine settimana ma anche in occasione di grandi eventi, l’idea è quella di precettare con maggiore facilità vigili urbani, vigili del fuoco e numerose tipologie di dipendenti pubblici, basti pensare alle date a ridosso delle iscrizioni nelle scuole o alla presentazione dei 730. Seminare rassegnazione sulla possibilità di avere sensibili aumenti salariali, seminare paura con codici disciplinari, visite fiscali continue (con un polo unico della medicina fiscale in capo all’Inps), 7ore giornaliere di reperibilità (rispetto alle 4 del privato) in caso di malattia, cancellazione della dotazione organica per i fabbisogni di personale (cosi’ diminuiranno gli organici in una Pa che perde ogni anno migliaia di unità) e un sistema di controlli da regime, il Pubblico impiego è ormai un laboratorio dentro cui applicare sistemi di controllo e di repressione non nell’interesse della cittadinanza ma, di uno Stato e di Autonomie locali sempre più lontani dagli interessi diffusi e dai bisogni reali.

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