TRW Italia: lavoro e conflitto, una storia, un esempio di ciò che non funziona.

 

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La Trw Italia sta vivendo un momento di particolare incertezza, con il passare del tempo la stessa permanenza e continuità operativa sul nostro territorio sembra essere sempre più a rischio. Questo clima di insicurezza, va detto anche, che è alimentato da notizie frammentate, da accordi o incontri tenuti nascosti agli stessi lavoratori che, di tanto in tanto, trapelano ma con informazioni spesso prive di consistenza/certezza e persino di affidabilità, è indubbio che tutto questo influisce negativamente anche sulle condizioni psicologiche di molti dipendenti, come fossero condannati da un destino avverso ed etero determinato, in una condizione di amarezza con progressiva perdita di fiducia nel futuro.

Ormai sembrano lontani i tempi della certezza del diritto e della democrazia come metodo di risoluzione dei conflitti e delle risoluzioni sociali, in particolare quelle attinenti al lavoro e ad un giusto salario, come pure sembra lontano lo Stato e la politica come mediatore dei processi sociali ed economici.

La notizia è che, martedì 11 febbraio il Direttore della Trw Italia di Livorno ha convocato le RSU per un confronto sullo stato attuale e le future prospettive aziendali, quel che manca a questa notizia è il resoconto di questo incontro, di cui gli stessi lavoratori si lamentano, probabile che proprio per l’assenza di risposte concrete da parte della Dirigenza, gli sessi delegati  sindacali si trovino in ragionevole imbarazzo verso i propri colleghi e confidino nel prossimo incontro in agenda, con la multinazionale, per lunedì 24 alle ore 16 presso la CONFINDUSTRIA di Livorno.

Se questa è la notizia, la riflessione che ne consegue è che i delegati sindacali (RSU) all’interno del posto di lavoro, hanno perso autonomia decisionale sul terreno del conflitto, che il loro potere contrattuale sia nei fatti svuotato di democrazia, perché ceduto alle segreterie territoriali di CGIL-CISL-UIL e pertanto delegato a logiche e interessi di mediazioni esterne.

Grazie alla crisi e alla globalizzazione finanziaria sono molte, troppe le situazioni lavorative (sia pubbliche che private) a soffrire e subire questa condizione/contraddizione, troppi anche i territori e i loro amministratori indeboliti, da scelte politiche nazionali, nella possibilità di dare risposte adeguate alle situazioni crescenti di emergenza occupazionale. Non a caso crescono e si sperimentano dal basso nuove pratiche di conflitto, che a partire dal luogo di lavoro e dallo specifico si unificano a condizioni di crisi che le accomunano, ottenendo spesso grande e significativa solidarietà sui territori.

Non serve ricordare che ogni posto di lavoro perso non riguarda solo la perdita di identità e di dignità dell’individuo, ma è un granello di sabbia va a sommarsi al deserto della crisi, basti pensare a quanto incide per le banche l’impossibilità di assolvimento agli obblighi sottoscritti (es. mutuo casa), senza considerare al costo sociale a cui la finanza pubblica (non le multinazionali) dovrà far fronte, un costo crescente che nel tempo potrebbe risultare persino insostenibile.

Giacomo Bazzi

 

 

 

 

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