Venezuela, CGIE: “adoperarsi presso la nostra collettività per contributo al dialogo interno”

Il Venezuela torna ad essere al centro dell’attenzione internazionale. Purtroppo non per una sua positiva evoluzione, ma per l’aggravarsi e l’internazionalizzarsi della crisi seguito alla autoinvestitura a presidente di Juan Guaidò con il sostegno più che attivo degli Usa e di altri paesi.

di Rodolfo Ricci, Vice Segr. Gen. CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’estero), per la componente di nomina governativa

E’ opportuno ricordare che la posizione interventista degli USA è uscita tuttavia sconfitta nelle due importanti assisi svoltesi nelle scorse settimane in sede OSA (Organizzazione degli Stati Americani) e nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Mentre il Parlamento Europeo ha votato in controtendenza. La sua decisione non è vincolante per gli stati membri e nella riunione di Bucarest del Consiglio d’Europa l’Italia non ha consentito il riconoscimento unanime di Guaidò, cosa che alcuni paesi hanno comunque fatto con comunicazione odierna, sulla base dell’”Ultimatum” dato a Maduro di convocare entro ieri nuove elezioni presidenziali. Elezioni presidenziali svoltesi lo scorso mese di maggio 2018, rispetto alle quali non vi erano state prese di posizione così drastiche per ben 7 mesi. Vi è da registrare infine che, mentre il presidente Maduro si è reso disponibile al dialogo senza precondizioni, Guaidò ha rifiutato il dialogo.

La situazione è dunque complessa e grave. E’ evidente che è stata la decisione Usa ad aver trascinato l’Europa su questo terreno molto accidentato e rischioso per il Venezuela e per il suo popolo, per l’America Latina e per tutto il mondo.

Personalmente ritengo che la posizione italiana sia condivisibile e costituisca uno dei pochi successi che si possono riconoscere a questo governo, che ho avuto modo di criticare in altri ambiti di azione, a partire da quelli sull’immigrazione, con lo sconsiderato e pericoloso Decreto Salvini, come sulla partita emigrazione in cui siamo coinvolti come Cgie e associazionismo dell’emigrazione, per la riduzione delle disponibilità finanziarie di Comites e Cgie e per la confermata sottovalutazione del fenomeno della nuova emigrazione. Anche il tanto atteso Reddito di Cittadinanza, per le modalità e le norme di applicazione previste presenta gravi lacune e non contribuisce tra l’altro, a frenare l’esodo di nuova emigrazione soprattutto dal meridione del paese, mentre non rappresenta un intervento strutturale in grado di invertire il dualismo nord-sud che anzi rischia di aggravarsi in modo definitivo se verrà approvata la legge sul “regionalismo differenziato”, che gode di sostegno bipartisan con Lega e PD appaiati, rischiando di mettere in discussione la stessa unità nazionale del nostro paese.

Ma sul tema Venezuela, alla luce delle prese di posizione ad oggi registrate e dell’azione del Maeci rispetto ai nostri connazionali residenti in questo paese, mi sento di dare un:

  1. Giudizio molto positivo sull’accordo raggiunto dall’Ambasciata italiana a Caracas e dal Maeci (che ha fruito anche della collaborazione del Cons. Nello Collevecchio), sulla possibilità di distribuzione alla collettività italiana di medicinali in 24 punti di distribuzione nel paese. Questa questione costituì elemento di richiesta reiterata fin dalla precedente consiliatura del Cgie, sulla quale per molto tempo non si ottennero risultati. Credo che vada dato atto al Maeci e a chi ha operato nella circostanza, di aver conseguito un positivo e importante risultato, sia per il metodo seguito – che dimostra la possibilità di una interlocuzione positiva con il governo venezuelano -, sia per il sollievo che produrrà a tanti connazionali. Il Cgie lo ha giustamente rivendicato come un suo risultato anche per l’impegno profuso in questi anni dal Cons. Nello Collevecchio, come ha ricordato anche il Segr. Generale Michele Schiavone.
  2. Decisiva, in positivo, è dunque la posizione assunta dal nostro paese e al richiamo al dialogo e alla pacificazione. Non si tratta affatto di “lasciare soli gli italiani in Venezuela”, semmai il contrario, e di offrire un concreta chance di superamento della gravissima crisi internazionale che si è creata; in accordo con quanto deciso a maggioranza all’interno dell’OSA e del Consiglio di Sicurezza dell’ONU: in entrambi questi importantissimi consessi, come accennato, le posizioni interventiste e miranti al riconoscimento unilaterale dell’autoproclamatosi presidente Guaidò sono risultate in minoranza. In entrambe ha vinto la posizione della non ingerenza e del richiamo al dialogo e alla riconciliazione nazionale. Sul piano del diritto internazionale, la posizione dell’ONU non è inferiore a quella del Parlamento Europeo, casomai sovraordinata, in particolare quando si tratti di aree e di paesi che sono fuori della giurisdizione europea.

Il 7 febbraio inizierà a Montevideo il lavoro del gruppo di contatto promosso dall’Uruguay e dal Messico, e di cui fanno parte diversi paesi europei, ivi inclusa l’Italia e l’Alto rappresentante per la politica estera della UE, Federica Mogherini. Da questo punto di vista, il risultato italiano è importante anche perché colloca il nostro Paese nella migliore posizione per rappresentare e tutelare tutta la nostra collettività in Venezuela. 

Collettività in Venezuela che non può essere rappresentata in via esclusiva da chi ha parlato in Italiano accanto a Guaidò rivolgendosi strumentalmente al Presidente della Repubblica Mattarella, né dalle lettere inviate da alcuni rappresentanti di associazioni italiane in Venezuela o in Italia: la collettività è ampia e plurale quanto a posizioni e collocazione politica. Vi è chi sostiene Guaidò, vi è chi sostiene altri settori dell’opposizione che non condividono quanto sta facendo Guaidò ed è disponibile al dialogo, vi è infine chi è chavista e sostiene il presidente Maduro. Noi dovremmo avere l’accortezza e la capacità di rappresentare la collettività nel suo insieme e evitare opzioni che non ci spettano, tanto meno come CGIE, se non il richiamo a tutte le parti a sedersi e a discutere fino a raggiungere un accordo solido che consenta al paese di superare l’ennesima crisi e di migliorare la situazione di tutta la popolazione sia sul piano sociale che economico, sia su quello dei diritti politici e di cittadinanza. Come ho già avuto modo di affermare in altri momenti, la sovranità dei paesi è da rispettare e da riconoscere come valore universale che fonda il diritto internazionale: senza questo riconoscimento non vi è diritto internazionale, ma solo la ragione del più forte.

Rispetto infine alla grave situazione di indisponibilità di merci e di medicinali che il Venezuela non produce, ma importa, o di crisi umanitaria parzialmente ridotta da pur insufficienti misure governative, va anche ricordato che questo Paese è sottoposto a boicottaggi di varia natura e da gravi sanzioni negli ultimi anni, che si sono ultimamente intensificati soprattutto da parte degli Usa e di altri paesi, fino al congelamento (appropriazione indebita secondo il diritto internazionale) di beni e di assets venezuelani in Usa e in Gran Bretagna. Ciò va fortemente denunciato. La logica delle sanzioni, affama e aggrava solo la situazione dei popoli, non di chi governa o dei più agiati e rende addirittura più lontani gli obiettivi di una pacificazione nazionale.

Nel caso di boicottaggio e sanzioni sui farmaci, materiali e tecnologie sanitarie si tratta di un vero e proprio crimine. Il Cgie deve adoperarsi presso la nostra collettività per chiedere a tutti un contributo alla costruzione del dialogo interno. Questa è la posizione più giusta e più lungimirante anche per un futuro nel quale nessuno può pensare di annientare definitivamente l’avversario (le opposte manifestazioni che hanno riempito Caracas e le altre grandi città nelle giornate di venerdì e sabato scorsi ne costituiscono una conferma) e, oltre alla tutela di tutti i componenti della collettività, ciò può consentire un grande credito per il domani, a prescindere da chi governerà il paese.

La grande cultura italiana di cui siamo portatori, non è una cultura di dominio, di faziosità o di apartheid, ma di comprensione e di convivenza seppur conflittuale tra ispirazioni e interessi diversi, principi che sono ben ricompresi nella nostra Costituzione e che credo si applichino al di là delle nazionalità e delle etnie, in ogni contesto.

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