Alabaster DePlume e Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp al Firenze Jazz Festival – Report e photogallery

Un rito laico di suoni e parole: Alabaster DePlume e Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp al Firenze Jazz Festival

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18 Settembre 2025, di Michele Faliani

La sera del 14 settembre 2024 l’Anfiteatro Ernesto De Pascale di Firenze si è trasformato in un tempio sospeso tra luce e ombra. L’aria tiepida di fine estate avvolgeva il pubblico raccolto sulle gradinate, mentre il palco, illuminato da riflessi caldi e mai invadenti, sembrava il centro di un piccolo rito collettivo. Due concerti per la conclusione dell’edizione 2025 del Firenze Jazz Festival, di un artista che abbiamo mancato di un soffio lo scorso anno e di una band che adoriamo, oltretutto ad ingresso gratuito.

Alabaster DePlume è salito in scena con la sua formazione essenziale – Ruth Goller al basso, Momoko Gill alla batteria, Mikey Kenney al violino – e ha aperto lentamente un varco di suoni e parole. Con il suo sax, la chitarra e una voce ora narrante, ora corale, ha guidato l’ascolto con passo sicuro ma mai arrogante, in un equilibrio costante tra energia muscolare e delicatezza intima.

Ogni brano ha preso forma come un gesto rituale: le note si espandevano e si ritraevano, lasciando spazio al silenzio, al respiro condiviso con la platea. Alcuni momenti si accendevano di tribalismi e aperture jazz-rock, altri si raccoglievano in soliloqui fragili, quasi sussurrati. In questa alternanza, l’aspetto sacrale e quello viscerale si incontravano senza mai scontrarsi, creando una tensione magnetica.

Rispetto alle versioni in studio – dal luminoso Gold – Go Forward in the Courage of Your Love al più notturno Come With Fierce Grace – le canzoni sono apparse “liberate”, rese vive e mutevoli dall’interazione con il pubblico. “Mrs Calamari”, “Whisky Story Time”, “People: What’s the Difference?”, “Be Nice To People”, “Was Gonna Fight Fascism” e “Don’t Forget You’re Precious” non erano semplici esecuzioni: diventavano ogni volta nuove, trasformandosi sotto i nostri occhi e orecchi in esperienze irripetibili.

Il pubblico ascoltava in un silenzio carico, rotto a tratti da sorrisi, risate, applausi liberatori. C’era la sensazione diffusa di partecipare a qualcosa di intimo e collettivo insieme, come se il concerto fosse una celebrazione non della musica soltanto, ma di una possibilità di incontro autentico.

Quando le ultime note si sono dissolte nell’aria, l’impressione non era quella di aver assistito a uno spettacolo, ma di essere stati parte di un rito: una comunità temporanea unita da musica, parole e coraggio. Un atto d’amore semplice e potente, come pochi se ne vivono.

Un veloce cambio palco ed è andata sotto gli spot l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp, combo svizzero che avemmo il piacere di vedere un paio d’anni fa al Lumière di Pisa. Quando le prime note hanno iniziato a vibrare nell’aria, una luce ambrata si è sospesa tra riflettori e notte, una luce che sembrava disegnata apposta per accogliere il loro universo sonoro. Dodici musicisti affollavano un palco quasi troppo piccolo per contenerne l’energia: due chitarre, doppia batteria e percussioni, doppia marimba, tromba, trombone, contrabbasso, violoncello e violino, con quasi tutti a condividere anche le voci.

La loro musica – fusione continua di afro e krautrock, jazz e cameristiche, punk e wave – dal vivo è pura materia in movimento. I groove ipnotici, le poliritmie delle percussioni e gli intrecci di fiati e archi si moltiplicavano come onde, spingendo il pubblico a muoversi in un ballo collettivo impossibile da trattenere. Non era solo una serie di canzoni, ma un organismo sonoro che respirava, si espandeva e si ritraeva, capace di passare dall’esuberanza danzante a momenti di sospensione quasi mistica.

Il pubblico, numerosissimo, ha risposto subito: tutti in piedi, un mare di corpi in movimento. Sul palco, sguardi complici e grandi sorrisi rivelavano una band in stato di grazia, alimentata dall’energia della platea e pronta a restituirla amplificata. L’atmosfera era quella di un rito festoso, un cerchio in cui chi suonava e chi ascoltava diventavano parte di un’unica, grande onda sonora.

Quasi tutti i brani dell’ultimo Ventre Unique hanno trovato spazio nella scaletta, intrecciandosi con gemme da We’re OK, But We’re Lost Anyway come Be Patient, Beginning e So Many Things (To Feel Guilty About). Liz Moscarola ha lasciato più spazio agli altri nelle parti cantate, e proprio questa coralità ha reso ancora più particolare un concerto che ha conquistato tutto l’anfiteatro.

Quando le ultime note si sono dissolte, la sensazione era quella di aver vissuto qualcosa che resta: una musica che non si esaurisce nell’immediatezza del piacere, ma che continua a risuonare dentro, portando con sé un’energia costruttiva, capace di fondere gioia e malinconia. Un ricordo che accompagna anche nei giorni successivi, confermando che la grande musica sa andare oltre la dimensione puramente sonora per toccare quella parte intima che appartiene a chi ascolta.

Grazie a Firenze Jazz Festival e a Wakeupandream per l’ospitalità.

 

La photogallery del concerto di Alabaster DePlume:

Alabaster DePlume live @ Firenze Jazz Festival, September 14th 2025

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Alabaster DePlume live @ Firenze Jazz Festival, September 14th 2025

 

La photogallery del concerto dell’Orchestre Tou Puissant Marcel Duchamp:

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Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp live @ Firenze Jazz Festival, September 14th 2025

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