Cuba, “furto di cervelli”: medici cubani nel mirino Usa

I Senatori statunitensi di origine cubana, oppositori a qualunque avvicinamento tra gli Stati Uniti e Cuba, Bob Menendez e Marco Rubio hanno presentato, lo scorso 10 gennaio, un ricorso al Congresso per cercare di ripristinare il progetto denominato “furto di Cervelli”.

 

8marzo 2019 di Andrea Puccio – Corrispondente di Pisorno.it da Trinidad (Cuba)

Il programma, abbandonato da Obama nell’ultimo anno della sua presidenza, è diretto ai medici ed al personale cubano che svolge missioni internazionaliste fuori dai confini dell’isola. Cuba invia migliaia di medici, insegnanti e personale vario in missioni all’estero per garantire la sanità e l’educazione in tutti quei paesi i cui governi non dispongono di personale professionale formato. Cuba è presente con il proprio personale in decine di nazioni tra cui Venezuela, Haiti, Nicaragua, Bolivia, in molti paese africani e del medio oriente come il Qatar. 

Il programma consiste nel convincere i medici ed il personale cubano a lasciare il proprio lavoro ed emigrare negli Stati Uniti, con il duplice intento di sottrarre capitale umano all’isola incitandone l’abbandono e di mettere in difficoltà il paese ospitante. Il furto dei cervelli viene promosso soprattutto in quei paesi, aiutati da Cuba, ma ritenuti ostili dagli Stati Uniti come il Venezuela.

In Venezuela i medici vengono convinti a passare il confine con la vicina ed accondiscendente Colombia. Qui, grazie alla vicinanza dello stato colombiano con quello statunitense, i fuggiaschi vengono presi in carico da organizzazioni che li ospitano per tutto il tempo necessario per ottenere il visto per l’ingresso legale negli Stati Uniti. Far abbandonare le missioni ai medici presenti sul suolo venezuelano ha evidentemente anche lo scopo di metter in difficoltà il paese sudamericano in ginocchio per le sanzioni economiche promosse dagli Stati Uniti. Arrivati sul suolo statunitense le organizzazioni di esuli cubani si prendono cura dei nuovi migranti, si occupano di insegnare loro la lingua, delle pratiche burocratiche per l’ottenimento dei documenti necessari per la residenza e forniscono anche un primo lavoro. Fin dai primi giorni dal trionfo della rivoluzione con l’emigrazione gli Stati Uniti hanno  tentato di destabilizzare il nascente stato cercando di privarlo del capitale umano necessario al suo funzionamento. Questo movimento di persone ha avuto un canale preferenziale rispetto a quello latinoamericano in genere, perché proveniente da un paese comunista. Il Presidente Eisenhower davanti al Congresso, dopo aver approvato il piano di invasione di Cuba, nel 1961, chiedeva di avere un occhio di riguardo verso gli immigrati cubani. Una volta raggiunto il tanto sospirato sogno di una vita migliore a stelle e strisce i cubani si troveranno ad aumentare le file dell’esercito di riserva, tanto necessario al sistema capitalista. I medici infatti non possono svolgere la propria professione nel nuovo paese dato che le pratiche per il riconoscimento delle loro lauree sono molto lunghe e costose.

Adesso i Senatori statunitensi Menendez e Rubio vogliono riportare indietro le lancette dell’orologio della storia, ai tempi in cui l’emigrazione era uno dei tanti sistemi escogitati dall’amministrazione degli Stati Uniti per destabilizzare l’isola caraibica, dopo averla incentivata in tutti i paesi del blocco socialista dell’est europeo. I due Senatori stanno forse cercando di ottenere un po’ di visibilità politica che ne giustifichi i finanziamenti da parte di quella esigua minoranza di esuli cubani di Miami, di cui sono i referenti politici, che continua ad accarezzare il sogno di vedere l’isola caraibica tornare ad essere la vecchia colonia nordamericana che era prima del trionfo della rivoluzione.

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