Progetto Ecogest a Larderello, Medicina Democratica: “un’altra conferma della non rinnovabilità della geotermia”

La Ecogest srl di Ospedaletto (Pisa), capitale  sociale 10.000 euro, tre dipendenti,  ha presentato un progetto in Regione per istallare un impianto di trattamento rifiuti pericolosi e non a Larderello, nell’area della ex centrale Enel GP “Larderello 2”: 7500 tonn/anno di rifiuti pericolosi di trivellazione e 6500 tonn/anno di rifiuti non pericolosi, ad uso esclusivo di Enel Green Power.

3febbreio 2018 da Maurizio Marchi, Medina Democratica

La prima considerazione da fare è questa: ma le centrali geotermiche non sono rinnovabili, oltre che sostenibili? evidentemente No, a partire dalla centrale ‘Larderello 2’, chiusa ed abbandonata da anni. E nemmeno riciclabile, magari perforando altri pozzi nei dintorni, segno evidente che tutto il campo geotermico di Larderello è stato sfruttato avidamente da decenni e non è più in grado di produrre fluidi caldi. E ancor peggio, perché Enel GP deve perforare nuovi pozzi ogni anno tanto da estrarre 14.000 tonn/anno di fanghi di perforazione, sia nell’area geotermica nord (30 centrali), sia nell’area geotermica sud Amiata (5 centrali)? Ma gli interrogativi sono numerosi.

  • E’ stata bonificata preventivamente l’area (oltre 16.000 mq) della centrale ‘Larderello 2’, prima di poterci costruire un nuovo impianto (quello di Ecogest)?
  • E’ stato almeno caratterizzato il sito, analizzando campioni di terreno? Dai documenti presentati da Ecogest non risulta;
  • Neanche Arpat (nell’ambito della Conferenza dei servizi) ha richiesto questa caratterizzazione, tanto più che il terreno è a poche decine di metri dal torrente Possera, il principale affluente del fiume Cecina. Anzi, per dire l’accuratezza con cui è stato redatto il progetto, non ancora approvato, il piazzale del nuovo impianto resterebbe lo stesso, sterrato, della ex-centrale.

Un’altra domanda sorge spontanea.

  • Dove  sono andati a finire finora  i rifiuti e i fanghi di trivellazione di Enel, neanche minimamente trattati, come l’essiccazione a cui si candida ora Ecogest?
  • I rifiuti trattati verrebbero, dopo essicazione, inviati a Rosignano (Scapigliato), alla discarica di Piombino (Rimateria) e alla discarica di  Bulera (SCL) qualora fosse autorizzata a proseguire per altri 9 anni la sua raccolta di rifiuti tossici.
  • L’acqua di disseccazione verrebbe invece inviata a ‘Acque industriali-Waste’, di Castelfranco di Sotto (PI).

Sorge anche una domanda più di fondo:

  • non è che l’intera operazione sia in realtà una mascheratura, per smaltire principalmente i PCB (policlorobifenili, simili alle diossine), i rifiuti sicuramente più tossici tra quelli enumerati da Ecogest ?  

Quali sono questi rifiuti che Ecogest essiccherebbe o comunque tratterebbe? Vediamone una rapida carrellata:

  • Fanghi di perforazione e rifiuti contenenti petrolio.
  • Rifiuti contenenti altri metalli pesanti.
  • Rifiuti contenenti arsenico.
  • Trasformatori e condensatori contaminati da PCB.
  • Apparecchiature fuori uso contenenti amianto in  fibre libere.
  • Batterie al piombo.
  • Batterie Nichel-Cadmio.
  • Rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche contenenti  sostanze pericolose.
  • Ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose, e molte altre.

La procedura di autorizzazione al progetto Ecogest è stata riavviata dalla regione Toscana il 22.9.17, dando all’azienda 150giorni per produrre integrazioni e chiarimenti, in più la Conferenza dei servizi del 7.11.17 ha concesso ulteriori 30 giorni. Per cui sembra di capire che ci sia tempo fino a circa il 20 marzo, per cittadini ed Enti per scrivere osservazioni ed opposizioni.

  • Il Comune di Pomarance non ha niente da dire, oppure, la procedura è stata tenuta finora sottotraccia, affinchè nessuno interferisca?

Almeno una osservazione ci sembra doverosa, e la avanziamo fin d’ora: il luogo individuato sembra del tutto inadatto, in quanto troppo vulnerabile per le acque del Possera. Come minimo, il progetto andrebbe rilocalizzato in altro luogo meno vulnerabile per un’attività che presenta pur sempre un impatto e dei rischi, anche per l’uso di solventi utilizzati per  facilitare l’essiccazione.

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