Venezuela, Antonio Moscato: “con il 41% non si governa un paese spaccato”

Questo articolo sulla drammatica crisi politica ed economica del Venezuela, è di Antonio Moscato, un noto storico marxista, ex-docente universitario che dal  sito “Movimento Operaio” (di cui è curatore) da tempo non fa mancare le sue critiche, anche molto aspre, al governo di Nicolas Maduro. Tra i numerosi testi, che sono indicati in un’ apposita e lunga pagina del sito, ci limitiamo a segnalare :”Il Che inedito. Il Guevara sconosciuto anche a Cuba”,2006; “Il risveglio dell’America Latina, storia e presente di un continente in movimento, 2008; Fidel e il Che: affinità e divergenze tra i due leader della rivoluzione cubana, 2013, tutti pubblicati da Edizioni Alegre.

“Per diritto di accesso ad una legittima e plurale informazione (evitando atti censori come quello attuato contro la giornalista Geraldina Colotti) riceviamo e ne diamo pubblicazione, fermo restando tutte le nostre distanze dalla lettura che Antonio Moscato ci propone sulla situazione in Venezuela.” Il Comitato di Redazione

1agosto 2017 da Antonio Moscato

Povero Venezuela, anche il soccorso di dubbi amici…

Il risultato delle discutibili elezioni dell’Assemblea costituente svoltesi domenica in Venezuela in un clima arroventato, lascia perplessi molti, tranne i difensori incondizionati e acritici della MUD e quelli analogamente acritici di Maduro. Infatti l’una e l’altra parte ha sparato sondaggi inesistenti, foto truccate, articoli trionfalisti, per affermare che il 90% degli elettori sostenevano incondizionatamente o respingevano totalmente la costituente. La destra è sicura che solo un 15% dei venezuelani sostiene Maduro, mentre la stampa di regime dalle prime ore dell’alba annunciava che milioni di cittadini erano in coda per votare. Sono abituate entrambe a mentire sistematicamente.

Eppure bisogna capire che vuol dire quel 41% di votanti dichiarati in elezioni senza nessuna forma di controllo internazionale, come quelle volute dallo stesso Chávez in tutte le votazioni che poi ha vinto (tranne una, nel referendum su decine di modifiche proposte alla sua stessa costituzione). Diamo per vera la percentuale anche se non verificabile. Ma con il 41% non si governa un paese spaccato, in cui anche chi non vuole avere a che fare con l’opposizione è scontento per il continuo peggioramento delle sue condizioni di esistenza. È forse il preannuncio dell’accettazione di una mediazione, magari della gerarchia cattolica, che è unita nella critica al governo, ma che neanche i più faziosi del PSUV e i loro fiancheggiatori internazionali osano presentare come “nazista”? Vedremo.

Sono problemi che non interessano però i tanti che, soprattutto per scarsa conoscenza del Venezuela, giurano che c’è soltanto un complotto degli Stati Uniti, senza domandarsi che fastidio può dare a Washington il Venezuela di Maduro che vende a ottimo prezzo a tutti il suo petrolio, paga puntualmente i debiti contratti anche dai predecessori, firma contratti miliardari per lo sfruttamento dell’Arco dell’Orinoco con varie compagnie multinazionali, compresa l’ENI, vende a prezzi stracciati (con lo sconto del 70%) grossi pacchetti di azioni della PDVSA alla Goldman-Sachs. E finché ha potuto ha nascosto, al parlamento e ai cittadini, questi accordi. Altro che socialismo del XXI secolo! Purtroppo la visione manichea prevalente in diversi rimasugli della sinistra porta a ignorare tutti questi problemi, alimentando quella visione della storia frutto di complotti che ha impedito di cogliere i tanti segnali della crisi del sistema sorto intorno all’URSS staliniana che tra il 1953 e il 1989 si erano moltiplicati, da Berlino Est a Poznan, da Budapest a Praga. È quel tapparsi gli occhi che ha portato allo sfaldamento e alla dissoluzione di gran parte della sinistra nel mondo al momento dei crolli dei muri.

In Venezuela non c’è solo la protesta faziosa (ma nel complesso non nazista) delle ex opposizioni, diventate maggioranza parlamentare nelle elezioni del dicembre 2015, e subito private di ogni possibilità di legiferare dall’uso sistematico del veto presidenziale; ci sono assalti di sottoproletari affamati ai supermercati, c’è una crisi economica che facilita la crescita esponenziale della criminalità comune, c’è un’inflazione incontrollabile che affama soprattutto i ceti medi (mentre gli strati più poveri vengono tacitati parzialmente con un assistenzialismo che non ha nulla a che vedere con una redistribuzione socialista, e i grandi capitalisti hanno visto aumentare sistematicamente i loro profitti). Bisogna essere ben superficiali e/o scarsamente informati per dichiarare, come fa Paolo Ferrero in un’intervista al Corriere della sera di oggi, che “l’attuale governo [Maduro] sta facendo un ottimo lavoro e prospetta per il paese una strada democratica”. Sarebbe perfetto secondo lui se non ci fossero gli Stati Uniti, che “stanno lavorando coscienziosamente per produrre una rivolta che porti al collasso dello Stato venezuelano”. E Ferrero ripete la favoletta della richiesta di un’assemblea costituente avanzata inizialmente dall’opposizione e poi abbandonata nel momento in cui Maduro l’accettava, con lo scopo esclusivo di “arrivare alla guerra civile”. Come se discutere insieme di un’eventuale assemblea costituente, come a suo tempo era possibile e auspicabile, fosse la stessa cosa del tirarla fuori dal cappello durante un comizio del 1° maggio come proposta già bella e pronta, con già scritto l’elenco dei nomi degli incaricati di organizzarla e di definire con che legge eleggerla. Il tutto senza discuterne minimamente i criteri con chi aveva già conquistato legittimamente la maggioranza, e che appena un mese prima si era tentato di esautorare con la proposta di sostituire il parlamento con i membri del Tribunale Supremo di Giustizia, un organismo nominato da Maduro stesso. Ferrero, beato lui, sa già “come finirà”, e al giornalista che gli fa la domanda risponde con sicurezza: “C’è stata una grande partecipazione. Confido nell’elezione dell’assemblea costituente”. Potenza della fede!

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