“150 milligrammi “ film contro l’industria farmaceutica

Sappiamo tutti quanto potente sia l’industria chimica e farmaceutica e quanto sia difficile debellare I prodotti anche quando, anziché guarire, sono nocivi alla salute.

3aprile 2017 di Donatella Nesti

Chiunque abbia osato accusare lo strapotere dei colossi farmaceutici si è messo inevitabilmente nella posizione di Davide contro Golia senza nessuna certezza di successo. Eppure documentari ed inchieste continuano coraggiosamente a denunciare come il film “150 milligrammi” presentato all’ultima Festa di Roma ed ora nelle sale.

Il film di Emmanuelle Bercot tratto dal libro di Irène Franchon “MEDIATOR 150 MG” è la storia della pneumologa presso un ospedale di Brest (Francia) che ha rivelato la connessione tra numerosi decessi e l’assunzione di un  farmaco dimagrante: Mediator. Interprete della dottoressa è la bravissima Sidse Babett Knudsen che,con la sua energia, agevola lo sviluppo narrativo della vicenda presentando al pubblico un personaggio tanto tenace quanto professionale pronto a sfidare chiunque pur di far trionfare la verità.

Ma come è venuta alla regista l’idea di girare un film su un argomento così scottante?

“Come tutti avevo sentito parlare del caso Mediator, ma senza prestarvi particolare attenzione.”dichiara la regista “Ricordo di essere rimasta colpita da una dichiarazione del deputato Gérard Bapt alla radio, ma la vicenda non mi appassionava più di tanto. Sono state le produttrici di Haut et Court, Caroline Benjo e Carole Scotta, ad interessarsi al libro di Irène Frachon e a chiedermi di leggerlo. Dal momento che spettava ad Irène Frachon decidere a chi preferiva affidare l’adattamento cinematografico del suo libro, ho pranzato con lei a Parigi qualche mese dopo la pubblicazione del libro in Francia, quindi circa sei anni fa. Mi sono subito resa conto che questa donna variopinta sarebbe potuta essere uno straordinario personaggio di finzione. Raccontato da lei, con tutta la sua passione e tutta la sua emotività, il caso assumeva una dimensione completamente nuova. Non era più la storia del Mediator, ma la storia della lotta di questa donna straordinaria”

A che serve il Mediator?

“Si tratta di un farmaco che agevola la perdita del peso corporeo, il caso del film  riguarda Corinne, una donna in sovrappeso la quale, messa al corrente della potenziale pericolosità del farmaco, si dice sì spaventata, ma, alla luce dei risultati che ritiene di aver ottenuto, chiede alla dottoressa se fosse possibile continuare ad assumerlo, magari in dosi ridotte. Un esempio delle debolezze su cui le case farmaceutiche fanno leva, non di rado avulse dalla necessità di una malattia o una patologia (in questo caso il desiderio di apparire più attraenti o anche solo sentirsi tali)”.

Non era facile rendere con precisione l’ambiente medico e le sue contraddizioni ma la Bercot si sente a suo agio nelle corsie dell’ospedale.  

“Mio padre era cardiochirurgo all’ospedale Lariboisière di Parigi.”ricorda la regista ”Per molto  tempo, io stessa ho desiderato di fare il chirurgo. Il mio passatempo preferito il mercoledì e il sabato, quando non dovevo andare a scuola, era andare a guardare mio padre mentre operava. Fin dai dieci/dodici anni di età, ho passato molto tempo in sala operatoria. Verso i quindici anni, ho fatto uno stage in vari reparti chirurgici a Lariboisière. Sono sempre stata affascinata dall’ambiente ospedaliero. Mi piace andare in ospedale, mi ci sento bene.”

Il film appare talora troppo lungo e sovraccarico ma alcune sequenze sono davvero indimenticabili e provocano nello spettatore un’indignazione profonda nel constatare la collusione tra sistema sanitario  e le lobby farmaceutiche.

Irène Frachon a volte cita una frase di Albert Einstein: “Il mondo è un posto pericoloso in cui vivere, non a causa di coloro che compiono azioni malvagie, ma a causa di coloro che stanno a guardare senza fare niente”.

Quante volte anche in Italia veniamo a sapere di errori ed orrori dell’ambiente medico, senza che nessuno abbia fatto niente per evitarli e denunciarli? 

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