Credo sia giusto assumere tutti una posizione che rassereni gli animi dei nostri lavoratori, giustamente preoccupati se non esasperati,e che dia loro speranza. Ma non una speranza generica. Per questo è necessario difendere il loro futuro (in Trw e in tutte le altre realtà occupazionali in crisi) con grande forza e fermezza, con la schiena diritta, a fronte alta, di fronte a tutti, anche se multinazionale o transnazionale.
27ottobre 2014 di Marco Cannito
Non sono certamente i nostri lavoratori e lavoratrici che devono chiedere per favore! Deve invece vergognarsi chi è causa di questi veri drammi di uomini e donne! Capitalisti più finanziari che industriali, più speculativi che produttivi, perciò sempre meno sopportabili! Col paradosso che, nel caso della Trw, non siamo di fronte a un’attività in passivo, ma che semplicemente vuole accumulare profitti, non per dare lavoro, ma per massimizzarli sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie, magari utilizzando anche l’insipienza o le complicità dei governi locali e nazionali. Non siamo di fronte a un’imprenditoria che, civilizzatasi dall’industrializzazione selvaggia, è passata alla missione del rischio per creare ricchezza per sé e per la società. E se fosse altrimenti chi dovrebbe creare lavoro?
Siamo invece di fronte a una bugia proprietaria: vedi le rassicurazioni date ad azionisti e clienti sulla trattativa di vendita a ZF e quelle date ai dipendenti di Livorno sulla strategicità dello stabilimento, nel quale precedenti e attuali lavoratori hanno già sopportato mille sacrifici. E questi proprietari non si vergognano di questa slealtà disumana. Chi verrebbe (non voglio neanche dire verrà) espulso dal processo produttivo, magari avanti con l’età, dove dovrebbe sbattere la testa? Siamo di fronte, come spesso accade, alla distruzione sistematica del lavoro e alla sua incontrollata e criminogena strategia di delocalizzazione, per concentrare ricchezza e potere nelle mani di pochi?
Oppure di fronte a una manovra (non chiara, magari furbastra) per trattare e strappare alle Istituzioni risparmi, guadagni, incentivi, e così via, visto che la TRW non è un’azienda decotta o in fallimento, ma assume in Europa, ha commesse in Italia, ecc.? E dunque di fronte a una turbativa della legalità e dello stesso mercato. Oppure siamo di fronte a tutte e due le strategie: prima si prendono risorse e poi si delocalizza? Dobbiamo assolutamente impedirlo! Messo in chiaro questo, lo sforzo di tutti deve essere canalizzato alle soluzioni. Le soluzioni! Le soluzioni! E le soluzioni sono il prodotto del contributo in primis di chi ha alte e più incisive responsabilità di governo politico e imprenditoriale, ma anche della reazione e del contributo, ancorchè piccolo, di ciascuno che, messo insieme a quello di altri, fa la forza e la differenza!
Basta con le elemosine! dicono i lavoratori. ll bisogno vero è il lavoro e gli ammortizzatori sociali sono utili, se necessari; ma se non sono finalizzati al lavoro, di ammortizzatori si può morire! Basta con le illusioni! I lavoratori della Trw non possono essere delusi come ad esempio è stato per i gemelli della componentistica Delphi (anch’essa ex-Spica) che sperarono invano nella De Tomaso. Basta con frasi di vicinanza e di solidarietà, se non sono collegate a azioni reali! A soluzioni competenti e non a una politica general-generica.
Si deve allora stabilire e usare un metodo, indicare soluzioni e scelte, correlarvi tempi e strumenti. Ormai è evidente a tutti che è necessaria una strategia di politica industriale, assente e sollecitata da tempo. Così come solo politiche interventiste statali se non transnazionali possono, in fasi eccezionali come queste, affrontare la gravità della crisi (lo hanno fatto altri Paesi europei e in parte la stessa America) e salvare quel che resta del nostro apparato produttivo e rilanciarlo.
Il documento consiliare congiunto sottoscritto da tutti i Capigruppo dei Gruppi comunali, mette nero su bianco iniziative e perché ci si faccia garante sulla continuità di lavoro per i dipendenti Trw e del suo indotto (Panini e DA); afferma l’indispensabilità di affrontare l’emergenza lavoro, nella nostra Città e nel nostro territorio, che poi ricade su tutti i settori, e perché diventi, veramente, una questione economica (ma anche sociale) regionale e, finalmente, nazionale. Sono contento che ‘stati generali’ e ‘vertenza nazionale’ da me da tempo enunciati siano diventati patrimonio comune del Consiglio comunale; per quanto riguarda il punto 3. del documento, chi di noi sarà prossimamente (il 3 novembre) insediato in Consiglio Provinciale, potrà attivarsi, coralmente e prontamente, per spingere la richiesta al Governo di riconoscimento dello stato di crisi industriale dell’area per contrastare e invertire l’impoverimento occupazionale e industriale.
A livello locale e di area, dovremmo contemporaneamente lavorare e molto. Che fare? E su questo chiedo al Consiglio Comunale e all’Amministrazione Comunale una convergenza concreta sulla quale lavorare da subito su tutto quello che ci unisce e su cui siamo d’accordo:
– costituzione (immediata) di una task-force (permanente) nel Comune e con istituzioni, forze sociali ed economiche, tecnici, ricercatori e esperti per:
– censire tutte le emergenze occupazionali e stabilirne le tipologie o prevenirle;
– affrontare le singole emergenze, ma sempre in un quadro d’insieme, in modo che l’unione faccia la forza e si cataloghino proposte e soluzioni;
– presentare un piano di reindustrializzazione o di riconversione fattibile, un piano di marketing territoriale e di attrazione di investimenti, anche in altri settori (sapendo che possono essere integrativi e non sostitutivi della produzione industriale), per la creazione di nuova occupazione o per il travaso e l’assorbimento di chi viene espulso dal mondo del lavoro e dalle fabbriche (un tempo il rifugio fu, ad esempio, il commercio con l’apertura di botteghe: ora?);
– costituire, individuare e collegare strumenti e risorse a sostegno degli espulsi dal mondo del lavoro, a sostegno e a radicamento dell’attuale e di nuova imprenditoria o auto-imprenditoria.
Un’ultima questione: dobbiamo trovare modi per legare le imprese, specie se multinazionali, al territorio (non, come accaduto, con protocolli che non prevedono penali alla scadenza – conosciuta – nel caso, come Trw, delocalizzassero). Una proposta è stata quella del Sindaco di dare a Trw un’area di proprietà di Spil (a partecipazione maggioritaria del Comune Livorno e minoritariamente di Collesalvetti). Dopo l’inerzia di Spil, a me questa strada mi lascia dubitoso sotto alcuni aspetti. Ma se servisse a trovare una via d’uscita positiva per i lavoratori, da sola o insieme ad altre, l’appoggerò. E il Consiglio Comunale dovrà, ovviamente, esprimersi.
Comunque sia la produzione non deve essere assolutamente fermata e se questo non fosse accettato da Trw, ebbene, a mio avviso, si devono dare dei segnali molto forti e coraggiosi, quali:
– la Regione verifichi che fine hanno fatto e cosa hanno prodotto i finanziamenti pubblici dati a Trw;
– il Comune chieda formalmente a Fiat e Trw di bonificare a loro spese suolo e falde;
– si acquisisca il sito per utilizzarlo per tutti i tipi di manutenzioni ordinarie e straordinarie (come promesso e non realizzato a suo tempo da Comune e Spil) oppure, prima di veder morire tutto, finanche si requisisca lo stabilimento per far andare avanti le consegne: tanto il know how non è nelle sedi centrali o nei dirigenti, ma nelle maestranze e nei tecnici locali. E con il leasing back (strumento legittimo previsto nella legislazione) si trovi un finanziatore che rilevi il tutto con quote di ammortamento.