Massimo Gramellini è uno dei giornalisti italiani di maggior notorietà grazie anche alle sue acute riflessioni nella trasmissione di Fabio Fazio ‘Che fuori tempo che fa’.
14novembre 2016 di Donatella Nesti
Torinese cronista sportivo e tifoso del Torino Gramellini è passato con la Stampa alla politica negli anni 90 di Tangentopoli e della Bosnia. Vicedirettore della testata, titolare di una fortunata rubrica in prima pagina, infine romanziere con Fai bei sogni (Longanesi) diventato un best seller nel 2012.
È la confessione autobiografica del dolore per la perdita della mamma a soli nove anni e di quanto questo dolore abbia pesato sulla sua vita.
Nel film omonimo, di Marco Bellocchio, il protagonista da bambino era felice con la sua adorata mamma che lo faceva giocare e ballare. Ma la mattina del 31 dicembre 1969 vede il padre nel corridoi,o sorretto da due uomini e scopre che sua madre è morta misteriosamente, o forse di misterioso e ipocrita c’è solo il silenzio che circonda da sempre quella morte, improvvisa e mai spiegata.
Così il bambino cresce nel rancore e nel sospetto, diventa grande, diviene giornalista, viaggia, vede il mondo, ma non elabora mai fino in fondo il lutto irrisolto. Al ritorno dalla Bosnia, una piccola scatola di cerini gli ricorda la mamma e viene colto da un attacco di panico ed ora non c’è più Belfagor che da piccolo lo aiutava nei momenti difficili. Per fortuna incontra Elisa una giovane dottoressa del pronto soccorso che lo aiuterà ad affrontare la verità sulla sua infanzia e a fare luce sul suo passato. Bellocchio ha anticipato l’ondata ribellistica del’68 con il suo “I pugni in tasca” del 1965 dove un figlio uccideva la madre, in questo film invece il regista sembra confessare l’importanza della figura materna e la devastazione che ne consegue quando lei lascia il figlio.
Il film è lungo e talora perde il ritmo ma lo stile Bellocchio è ben riconoscibile in alcune scene come il ballo frenetico del protagonista(Valerio Mastandrea)e le brevi ma intense apparizioni di Piera degli Esposti e Roberto Herlitzka. Nel cast Barbara Ronchi, Valerio Mastandrea, Bérénice Béjo, Guido Caprino, Nicolò Cabras, Dario Dal Pero.
Vincitore a Venezia della “Coppa Volpi” al miglior attore per l’interpretazione di Oscar Martinez e candidato argentino alla corsa agli Oscar è il film “Il cittadino illustre”, di Mariano Cohn e Gastón Duprat ora nelle sale. Dopo aver rifiutato grandi e prestigiosi riconoscimenti in tutto il mondo, il premio Nobel per la letteratura Daniel Mantovani accetta di recarsi in visita a Salas paese natale in Argentina, che si trova a circa 800km di distanza da Buenos Aires e in cui ha ambientato tutti i suoi scritti fin dall’inizio della carriera.
Daniel torna perché per la prima volta sembra essere in crisi creativa ma anche e soprattutto perché, nonostante i decenni trascorsi in Europa, anche lui proprio come i suoi personaggi in fondo non ha mai abbandonato quei luoghi poveri e deprimenti, eppure così ricchi di ispirazioni.
L’idea di essere accolto come “cittadino illustre” e di essere celebrato non da perfetti sconosciuti ma dagli amici e dalla fidanzata di una volta, ha un valore romantico e sentimentale di gran lunga superiore a qualsiasi altro premio, Nobel incluso. Una volta arrivato a Salas però, una volta svanito il piacere del ricordo, tutti i problemi e i difetti che lo avevano spinto a scappare riemergono ed insieme ad essi anche altri nuovi, causati dalla rabbia di coloro che negli anni si sono sentiti sfruttati ed offesi dalle sue tante opere.