Il 1920 a Livorno: il governo della giunta socialista

Nella adunanza del Consiglio Comunale del 12 dicembre 1920 venne presa in esame la situazione  finanziaria del Comune, insieme alla crisi economica generale e alle condizioni di grande povertà della popolazione livornese.

15aprile 2015 di Paola Ceccotti

comune di livorno storico

Il Sindaco propose all’assemblea un ordine del giorno contro l’aumento del prezzo del pane che venne approvato dalla maggioranza. Per fronteggiare la crisi e per cercare di dare soluzione al caroviveri e  all’emergenza abitativa furono individuate misure come la creazione di cooperative nell’ambito del commercio, la tassazione dei vani, la revisione della tassa di famiglia.

Ma questi interventi andavano a gravare sul reddito del ceto medio borghese scontentando quindi una parte della cittadinanza, quel ceto imprenditoriale e possidente che pure aveva contribuito a formare l’elettorato del partito socialista.

lattivendoliSi legge nei verbali di quella seduta che il Sindaco fece osservare come la piccola battaglia ingaggiata dalla Giunta contro i “lattivendoli” fosse legata alla visione socialista dell’economia che considerava inevitabile la scomparsa dei piccoli rivenditori e dei piccoli proprietari a favore dello sviluppo delle cooperative, “non già delle piccole, ma delle grandi cooperative e della loro federazione”. Affermazioni dalla chiara preveggenza ma che certo allarmarono parecchio chi sentì che la propria posizione lavorativa e la relativa collocazione sociale veniva messa in serio pericolo.

Il problema delle abitazioni, disse il Sindaco, poteva essere risolto con nuove case, nell’immediato però la Giunta comunicava l’avvio di uno studio per l’applicazione  della tassa sulle aree fabbricabili e quello sul censimento dei vani abitabili da cui  far derivare due strumenti di intervento: uno utile per il commissario governativo per gli alloggi e l’altro per la tassazione dei vani vuoti o adibiti ad usi di lusso, e comunque eccedenti la normale necessità.

piazza grande 1900Venivano quindi annunciati provvedimenti di rimaneggiamento tributario, e per aiutare il proletariato l’istituzione di un ufficio del lavoro. L’esposizione finanziaria del Comune per il 1920 evidenziava un disavanzo di circa un milione e mezzo, con la previsione di un deficit di bilancio per il 1921 di cinque milioni, mentre il debito complessivo del Comune era di 52 milioni. L’assessore alle finanze Assum non vedeva altra soluzione se non un aumento della tassazione, facendo pagare gli abbienti, per questo motivo  proponeva l’aumento della tassa di esercizio, la riforma del regolamento per la tassa di famiglia, mentre altre tasse potevano essere indicate successivamente nelle direttive della Lega dei Comuni Socialisti. Egli affermava la necessità di questi provvedimenti:

Vi sono professionisti che pagano una tassa irrisoria, proprietari di immobili che hanno lucrato somme favolose con la compra e vendita di stabili, che pagano poco o nulla. E’ necessario che questi signori  che godono a sbafo tutti i vantaggi dei pubblici servizi, paghino una buona volta le tasse in misura superiore di quella attuale”[1]

livorno anticaL’amministrazione intraprese quindi, con l’opposizione della minoranza democratico – liberale, l’operazione del censimento dei vani, con il proposito di adeguare l’imposta che era rimasta fissa ai valori di anteguerra  mentre gli affitti erano aumentati del 25%. Tra le novità  della nuova Giunta ci fu l’istituzione del nuovo assessorato all’Assistenza Sanitaria e al Lavoro, mentre venne abolito quello al Contenzioso.

La politica inaugurata dalla Giunta Mondolfi si proponeva di risollevare le condizioni di indigenza in cui versava la maggior parte della popolazione cittadina, facendo gravare gli oneri di questi interventi sulle classi più agiate. Operazioni che trovarono l’opposizione della minoranza e della proprietà edilizia che certo ebbe un valido appoggio nei fascisti livornesi.[2]

giolittiVa detto inoltre che le elezioni che avevano portato al successo il partito socialista avevano visto l’unione delle sue varie componenti, da quelle moderate a quelle più intransigenti e rivoluzionarie, perfino gli anarchici si erano espressi a favore di una “concordia sovversiva”.[3] Ma già alla fine del 1920 le differenze riemergevano, e i contrasti sempre più accesi porteranno alla scissione del 1921 nel corso del Congresso tenuto a Livorno.

[1] CLAS, adunanza del Consiglio Comunale del 12 dicembre 1920
[2] Bortolotti L., Livorno dal 1748 al 1958, 1970 Firenze, L.S. Olsschki ed., p.317
[3] L. Tomassini, Il biennio rosso, in Le voci del Lavoro, ed. Scientifiche Italiane, 1990, pag. 252

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