“La pazza gioia” è il nuovo film di Paolo Virzì

Quando il regista livornese Paolo Virzì presentò alla stampa, insieme all’assessore Fasulo, il suo nuovo film che stava girando in parte a Livorno, ricordò con affetto ed emozione il  momento in cui alla Mostra di Venezia fu proiettato ‘Ovosodo’

La pazza gioia20 Maggio 2016, di Donatella Nesti

Fu un’edizione particolare la 54° edizione della Mostra del Cinema di Venezia nel 1997. Infatti a rendere la situazione surreale al Lido fu la notizia, diffusa dai maxischermi, del tragico incidente in cui trovarono la morte Lady Diana e Dodi  Al Fayed mescolando così finzione e realtà. Fu perciò liberatoria la proiezione del film di Paolo Virzì “Ovosodo” accolto da risate e scroscianti applausi anche nella proiezione riservata ai giornalisti di solito piuttosto avari di consensi.

Qualche giorno dopo il regista ricevette il “ Gran Premio della critica” praticamente il secondo premio dopo “Hana Bi” una sorpresa trattandosi di una commedia ironica e divertente ed attribuito all’unanimità come rivelò il giurato Francesco Rosi. ”voglio molto bene a questo film,”dichiarò Virzì” che non è autobiografico, ma ci sono i miei ricordi di scuola, c’ è la mia memoria di quando Livorno era importante, orgogliosa di una classe operaia forte e di una vita di quartiere serena che conservava ancora il valore della solidarietà”.

Da allora Virzì ha girato moltissimi film di successo,  basti pensare al  ”Capitale umano”ricco di premi e consensi mentre  molti critici  lo considerano il vero erede della commedia all’italiana di Risi, Monicelli, Comencini. Selezionato nella sezione di Cannes Quinzaine des Réalisateurs,    e molto applaudito ”La pazza gioia” è ora nelle  sale ed il regista racconta come è nata l’idea del film” “Sul set del Capitale umano avevamo immaginato un finale alternativo, dove la signora Bernaschi, chiamata alla festa dal marito, lascia la sua camera, scende tra gli ospiti ma a un certo punto scappa e corre per i prati verso i cespugli e i burroni, Valeria Bruni Tedeschi ha girato esaltata, più volte”,  è nato  così il personaggio di Beatrice, una delle due protagoniste del suo nuovo La pazza Gioia assieme alla Donatella di Micaela Ramazzotti. “Sempre su quel set,” prosegue il regista livornese, “ho visto per la prima volta assieme Micaela, che era incinta e mi era venuta a trovare, e Valeria, che vidi mentre giravo una scena guidare Micaela sotto la pioggia, arrancando nel fango, con mia moglie che la seguiva con un misto di fiducia e terrore: le guardavo, e avrei voluto inquadrare loro, e non Gifuni e Bentivoglio.” Lì,” spiega, “è nato il desiderio di fare un film con queste due attrici che sono state grandi ispirazioni, non perché siano matte, o forse un po’ sì.

LPG_81_285La pazza gioia racconta infatti del rapporto e della fuga dalla struttura che le ospita di due donne, che hanno dei problemi di instabilità mentale, che hanno un passato doloroso alle spalle e che, insieme, cercano di trovare un sollievo.

Scritto insieme a a Francesca Archibugi  il film si avvale di due bravissime interpreti   nei personaggi di Beatrice Morandini Valdirana (Valeria Bruni Tedeschi) una chiacchierona istrionica, sedicente contessa e, a suo dire, in intimità coi potenti della Terra e  Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti)  una giovane donna tatuata, fragile e  silenziosa, che custodisce un doloroso segreto. Sono tutte e due ospiti di una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali, entrambe classificate come socialmente pericolose. Il film racconta la loro imprevedibile amicizia, che porterà ad una fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po’ di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo dei sani. La surreale ed a tratti incredibile avventura delle due bravissime protagoniste, su una decapottabile rossa, richiama  Thelma e Louise di Ridley Scott ma Beatrice e Donatella, nella loro follia, non si arrendono, la gioia esiste, può essere conquistata grazie all’amicizia ed alla solidarietà.

Nel cast moltissimi attori livornesi e qui sta il difetto del film nel voler presentare troppi personaggi che non arricchiscono la storia ma semmai la allungano troppo facendo perdere l’intensità dei personaggi interpretati dalle due eccezionali protagoniste.

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