La scienza dello Yoga: dopo la scomparsa di Dio e di Carlo Marx, cos’è andato storto nel corso dell’evoluzione

gesùNel mezzo del cammin di nostra vita, dopo la scomparsa di Dio e di Carlo Marx, può capitare che una persona, invece di sentirsi poco bene come Woody Allen, o sperare in un’improbabile resurrezione del comunismo o inventarsi un nemico da combattere (gli atei, gli stranieri, gli zingari, gli ebrei, i diversi), possa fare un passo laterale e rivolgersi due fatidiche domande, di cui una esistenziale: è tutto qui?

8dicembre 2014 – di Massimo Fanucchi

Martin HeideggerE l’altra di tipo filosofico: perché c’è qualcosa invece di niente? Che è la fondamentale domanda della filosofia occidentale posta da Martin Heidegger e ripresa da Leibnitz. Può darsi che la stessa persona voglia anche scoprire se questo mondo abbia un senso, e cos’è andato storto nel corso dell’evoluzione della specie umana.

E’ con i lettori che si sono fatti o si fanno domande di questo tipo che vogliamo condividere alcuni sprazzi di luce degli Yoga Sutra di Patanjali, che riassumono un’antichissima scienza della mente capace di venire a patti e sopravvivere alla modernità, alla postmodernità e al mondo di domani.

160_F_463693_R4eWBqrsO34xy70W234R670WgBLs1uI sutra (brevi frasi o aforismi) di Patanjali includono ma non vanno confusi con l’Atha yoga, conosciuto in occidente come una splendida disciplina che si basa sul mantenimento di una serie di posture (asana) che favoriscono il benessere psicofisico e l’integrazione mente-corpo. Gli yoga sutra descrivono un percorso integrale di auto-conoscenza che non richiede l’adesione a nessuna fede e a nessun dogma. Affrontano l’eterna crisi della vita umana dovuta a tre tipi di sofferenza.

Il primo tipo è la sofferenza a livello psicologico con se stessi.

Il secondo tipo si manifesta nell’interazione tra gli esseri umani.

Il terzo è costituito dalle tensioni che sorgono tra gli esseri umani e la natura che li circonda.

OmIl mistero racchiuso in questa relazione tra uomo e natura – scrive Vimala Thakar nel suo geniale commento ai sutra – non è stato ancora risolto. Sui primi due esiste invece un rimedio, indicato dagli insegnamenti immortali che Patanjali condensa nel secondo e nel terzo sutra: “Yogas citta-vrtti nirodha” (lo yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente), dopodiché (3° sutra) il veggente è fondato sulla sua natura essenziale e fondamentale. A questo punto sento il bisogno di avvertire chi legge che quello che segue, nella migliore delle ipotesi, è un frammento del titolo del menù di un pranzo. Il menù lo potete leggere nel commento di Vimala Thakar (Lo Yoga oltre la meditazione – Ubaldini editore) che ha ispirato in gran parte la presente nota; il pranzo lo potete gustare solo mettendo in pratica le istruzioni di Patanjali.

Buddha sfondo azzurroGli yoga sutra analizzano due tipi di energie differenti (che in termini assoluti sono la manifestazione di un’unica energia che scaturisce dal non manifesto): l’energia di “colui che vede”, e l’energia della realtà oggettiva di “ciò che è visto”. L’interazione tra i due è il mistero della vita. L’essere umano ha in sé il seme della visione pura, dell’osservatore puro, cioè di colui che vede. La sofferenza psicologica nasce quando “colui che vede” viene confuso con l’io, includendo nell’io anche i sensi, la mente, il cervello e il corpo. Si tratta di un errore fatale di percezione che va individuato e corretto, perché la mente e il cervello, come il corpo, sono la cosa vista (sentita o osservata) e non “colui che vede”.

Mente e cervello sono le energie del mondo materiale (su questo Patanjali concorda con i materialisti), non sono energie “che osservano”. Tra l’altro, il mondo materiale viene così descritto dagli scienziati: “non esiste materia, esiste unicamente energia, la vita è una danza di energie”. All’interno di questa danza cosmica abbiamo confuso il “veduto” con “colui che vede”. Pertanto, l’identificazione con il corpo, con la mente, con il complesso cerebrale e con gli organi di senso, è la radice di tutta la confusione e della sofferenza psicologica che ne consegue.

Om coloratoGli yoga sutra indicano la via per preparare la coscienza all’avventura di guardare in modo nuovo e rappresentano una rottura con il passato che richiede il coraggio di essere nel presente senza tempo. Sono un invito agli uomini della caverna di Platone, abituati a vedere le ombre riflesse della vita reale, a voltarsi e a guardare le immagini alla luce del sole (attraverso la coscienza pura autorisplendente). All’inizio saranno frastornati e accecati, poi cominceranno “a vedere”, e a vivere. Ma come si contatta il silenzio della mente che ci proietta nella coscienza pura? “Tra due pensieri c’è un attimo di silenzio che non è collegato al processo intellettivo. Se fate attenzione vedrete che in quell’attimo di silenzio quell’intervallo non appartiene al tempo, e la scoperta di quell’intervallo, il vivere quell’intervallo vi libera dal condizionamento” (J.K.). La mente silenziosa (citta vrtti nirodha), può essere consapevole del flusso di pensieri che scorrono attraverso la mente conscia, ma non li discrimina in termini di valore, importanza o giustezza; osserva solamente il flusso.

Questa osservazione priva di scelta (che non prevede la riflessione e l’autoanalisi) ha il potere di abbattere le barriere tra i diversi livelli inconsci e consci, e come risultato i problemi psicologici tendono a scomparire, perché entra in funzione una conoscenza non concettuale che consente di apprendere e vedere la realtà per quella che è. Una realtà totalmente differente da quella costruita dal pensiero concettuale, tramandata dal passato e dalle credenze costruite dagli uomini nel corso dei secoli. Se per Cartesio l’essere coincide con il pensare, e colui che pensa è un fantasma nella macchina, nella scienza dello Yoga di Patanjali l’essere reale emerge con la fine del pensiero concettuale e con la morte del fantasma (l’io che si identifica nel corpo).

tempo2Occorre chiarire che la fine del tempo non significa che gli orologi si fermano, insieme alla freccia del tempo. E con la morte dell’io la vita (questa vita) continua, meglio di prima. La fine del pensiero non significa che si smette di pensare operativamente, quando pensare serve ad uno scopo preciso. Come ha brillantemente scritto Giulio Cesare Giacobbe in un suo celebre best seller: si smette di farci le “seghe mentali” rimuginando il passato e anticipando il futuro. Si vive nell’unico posto dove siamo sempre stati: nel qui e nell’ora. Tutta la vita è nel presente, non nell’ombra di ieri o nello splendore della speranza di domani.

Ovviamente, non si tratta di distruggere la conoscenza acquisita o di cancellare la memoria: si tratta solo di usarle quando serve. Se devo prendere il treno alle sette debbo svegliarmi alle cinque e mezzo, e l’orologio e la memoria mi aiutano ad arrivare alla stazione in tempo utile. Ma nel tragitto non mi serve pensare al direttore “scassapalle” che incontrerò alle 8. E tra le cinque e mezzo e le otto posso concentrarmi nel farmi la barba e nell’osservare il mondo pieno di vita che si vede dal finestrino del treno: un mondo che non abbiamo mai visto senza il filtro della memoria e con la mente occupata da mille pensieri.

Sono questi, in sintesi, una piccola parte degli insegnamenti della scienza millenaria dello yoga: una romantica storia d’amore. Per confutarli bisogna seguire le stesse regole di chi vuole confutare la teoria della relatività: metterli alla prova. Quello che pensa chi scrive non ha alcun valore.

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