Preliminare Cepal 2018. Confermata la ripresa in America Latina ma Venezuela a picco

La Commissione Economica per l’America Latina e Caraibica (Cepal) delle Nazioni Unite ha emesso il 20 dicembre la Panoramica Preliminare delle economie dell’America Latina e dei Caraibi del 2018: (https://repositorio.cepal.org/bitstream/handle/11362/44326/21/S1801134_es.pdf),

31dicembre 2018 di Andrea Vento, Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati

 

Un approfondito rapporto di 135 pagine che scandaglia a 360 gradi l’economia latinoamericana negli aspetti strutturali, negli sviluppi in atto e nelle previsioni. Il documento comprende anche un corposo allegato statistico finale composto da oltre 30 pagine di tabelle con dati relativi sia ai singoli paesi che  alle varie subregioni interne.

Un documento autorevole che, pubblicato ogni anno in dicembre, traccia un quadro praticamente definitivo dell’andamento economico latinoamericano del 2018 contestualizzando il subcontinente nel contesto della dinamica dell’economia globale e tracciando linee di previsione per il 2019.

Un rapporto prezioso, ricco di analisi e documentazioni che rappresenta uno strumento essenziale per coloro che vogliono studiare e comprendere gli sviluppi sociali ed economici del subcontinente, così determinati per le loro ricadute sulle dinamiche politiche.

Il documento si apre con un capitolo iniziale dedicato alle Tendenze dell’economia mondiale nel quale si conferma il rallentamento della fase espansiva già preannunciato dalla Cepal ad ottobre e che vede le prospettiva di crescita globale ridursi nel 2018 al 3,2% con inevitabili riflessi nel subcontinente. Uno degli aspetti del contesto internazionale che maggiormente hanno influito negativamente sulle economie latinoamericane, secondo la Cepal, è il basso tasso di aumento del volume del commercio mondiale che nel 2018 si attesterà al 3,9% contro il 4,7% dell’anno precedente. Inoltre, durante il 2018, i mercati emergenti, America Latina compresa, hanno mostrato una significativa riduzione dei flussi di finanziamento esterni, mentre i livelli del rischio sovrano, relativo cioè ai singoli paesi, sono aumentati e le loro valute hanno  subito una svalutazione rispetto al dollaro. La dinamica dei prezzi delle materie prime (commodities), un fattore molto importante per le economie latinoamericane caratterizzate da un rinvigorito estrattivismo, ha mostrato nel 2018 un incremento dell’11%, principalmente riconducibile al rialzo del 28% delle quotazioni del petrolio, mentre i minerali ed i prodotti agricoli hanno registrato un incremento minore, rispettivamente del 5% e del 3%.

In relazione all’analisi dell’Attività economica, secondo capitolo,  la Cepal stima una crescita del’1,2% per l’intera America Latina e Caraibica (tabella 1), in leggero ribasso rispetto al 1,3% del 2017 ed alle previsioni di ottobre. La crescita si indebolisce lievemente sia in America Meridionale, dallo 0,8% del 2017 allo 0,6% del 2018, che in America Centrale, dal 3,4% al 3,2% (tabella 2). In controtendenza troviamo invece il Messico che dovrebbe crescere ad un tasso lievemente superiore passando dal 2,1% del 2017 al 2,2% del 2018 e nelle piccole isole dei Caraibi ove il recupero dall’impatto dai disastri naturali del 2017 contribuisce ad una accelerazione della crescita: dallo 0,2% del 2017 all’1,9% del 2018.

La crisi del Venezuela

Passando ad analizzare la situazione dei singoli stati, in un contesto di crescita generalizzata, emerge in senso negativo ancora il Venezuela, nel quale le disastrate e condizioni economiche porteranno il paese al quinto anno consecutivo di recessione, accompagnando di fatto l’intero primo mandato elettorale di Maduro e sollevando più di un dubbio sulle sue strategie di politica economica, non solo nella sinistra internazionale, che sino ad oggi lo ha sostenuto contro le destabilizzazioni interne ed esterne, ma anche in alcuni settori delle forze di governo e dei movimenti[1], compresi quelli indigeni.

Nel 2018 il PIL dell’economia venezuelana diminuirà addirittura del 15,0%, toccando il suo record negativo, e determinando una contrazione cumulata del 44,3% rispetto al livello del 2013, ultimo anno di crescita prima della recessione. Pur essendo stata strutturalmente abbastanza alta, questa economia presenta un’inflazione in cui, finora nel 2018, il tasso medio è salito addirittura al 127,9%. Inevitabilmente, il tasso di cambio ufficiale del bolivar rispetto al dollaro si è deprezzato per il quinto anno consecutivo. Il governo nel tentativo di contenere l’ascesa dell’inflazione in agosto ha introdotto la nuova moneta il Bolivares sovrano, in pratica il vecchio Bolivar forte a cui sono stati tolti 5 zero ma ancorato al valore del Petro. La riduzione dell’estrazione rappresenta, in questa fase, il fattore principale della crisi venezuelana, vista l’eccessiva dipendenza dal greggio dell’economia che al pari del 2014, quando è iniziata la caduta delle sue quotazioni trascinando il paese in recessione, ancora oggi continua a costituire il 95% del totale dell’export. Nel 2018, infatti, si registra un’ulteriore diminuzione della produzione di petrolio portando la contrazione cumulativa tra 2013 e 2018 oltre il 50%. 

L’incapacità di Maduro di attuare una efficace politica di diversificazione dell’economia riducendo il peso dell’attività estrattiva petrolifera ha vanificato l’effetto positivo dell’aumento dei prezzi del paniere del petrolio venezuelano nel 2017 e nei primi nove mesi del 2018, pertanto il settore pubblico venezuelano anche nel 2018 ha continuato a dipendere dai trasferimenti di risorse dalla banca centrale, la quale perpetrando il finanziamento del deficit fiscale finisce per alimentare la spirale inflazionistica. Tuttavia, è opportuno evidenziare che i limiti nell’azione di governo sono stati aggravati delle sanzioni economico-finanziarie statunitensi ed europee, comminate ai danni del Venezuela a più riprese dall’agosto 2017,  le quali, introdotte con l’obiettivo dello strangolamento economico-finanziario, stanno creando rilevanti problemi al governo sia sul fronte degli approvvigionamenti che su quello dell’export petrolifero. Nel tentativo di aggirare il blocco finanziario il governo ha introdotto il Petro una criptovaluta il cui valore è garantito dalle riserve naturali del Venezuela: oro, diamanti, torio ecc. ma soprattutto quelle petrolifere le più importanti a livello globale. La nuova valuta digitale è entrata in vigore il 1 ottobre 2018 ad un valore intorno ai 60 dollari o 3600 bolìvares sovrani e verrà utilizzata nelle transazioni internazionali garantendo secondo quanto riportato nell’apposito sito del governo: ” la stabilità economica e l’indipendenza finanziaria del Venezuela”.

Le previsioni per il 2019

L’inizio del nuovo mandato di Maduro, a seguito della vittoria alle presidenziali di maggio 2018, sembra proseguire all’insegna della recessione alla luce della previsione della Cepal per il 2019, contenuta nel l’ultimo capitolo del rapporto in questione, nel quale in un quadro di crescita economica generalizzata per l’America Latina e i Caraibi nel 2019 del 1,7%, per il Venezuela è previsto un ulteriore tracollo dell’economia del 10%. Nonostante la politica economica di Maduro abbia una spiccata caratterizzazione sociale con continui adeguamenti salari all’inflazione e la consegna di 2.500.000 di case popolari, i risultati mostrano evidenti limiti nella propria efficacia e inadeguatezze nella realizzazione del Socialismo nel XXI secolo visto che i settori oligarchici mantengono, insieme a quello mediatico, un potere economico rilevante, entrambi ampiamente utilizzati per l’attuazione di strategie destabilizzanti contro il governo.

Tabella 1: Panoramica preliminare 2018 e previsione 2019 delle economie dell’America latina e Caraibica e degli stati del Sud America
 America Latina e Caraibi: proiezioni di crescita 2018-2019

Fonte: Cepal – dicembre 2018

Paese o regione Variazione Pil 2018 Variazione Pil 2019
America Latina e Caraibi 1,2 1,7
Argentina -2,6 -1,8
Bolivia 4,4 4,3
Brasile 1,3 2,0
Chile 3,9 3,3
Colombia 2,7 3,3
Ecuador 1,0 0,9
Paraguay 4,2 4,2
Perù 3,8 3,6
Uruguay 1,9 1,5
Venezuela -15 -10
Sud America 0,6 1,4
America centrale[2] e Messico 2,4 2,4
America centrale 3,2 3,3
I Caraibi (Piccole Antille) 1,9 2,1
Tabella 2: Panoramica preliminare 2018 e previsione 2019 delle economie dell’America latina e Caraibica, Messico  e degli stati dell’America Centrale
 America Latina e Caraibi: proiezioni di crescita 2018-2019

Fonte: Cepal – dicembre 2018

Paese o regione Variazione Pil 2018 Variazione Pil 2019
Costa Rica 3,0 2,9
Cuba 1,1 1,0
El Salvador 2,4 2,4
Guatemala 2,9 3,0
Haiti 1,4 2,8
Honduras 3,7 3,6
Nicaragua -4,1 -2,0
Panama 4,2 5,6
Repubblica Dominicana 6,3 5,7
America Centrale 3,2 3,3
Messico 2,2 2,1
America Centrale e Messico 2,4 2,4

 

[1] Venezuela, come uscire dall’empasse di Temir Porras Ponceleon su Le Monde diplomatique novembre 2018

[2] L’America centrale oltre agli stati dell’Istmo include le Grandi Antille di lingua spagnola e francese (Cuba, Repubblica Dominicana e Haiti)

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