Il fallimento della trasformazione sociale, dentro il calcolo del PIL

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Il pianeta è diretto verso la catastrofe, ed è possibile, per la prima volta nella storia umana, che nessuno riuscirà a sopravvivere per raccontarlo. Le cause dipendono direttamente dall’attività di una specie che ha la sfrontatezza di definirsi “Homo Sapiens Sapiens”.

17novembre 2014 di Massimo Fanucchi

La cosa strana è che gran parte degli esseri di questa specie lo sa e si comporta come se non lo sapesse. Compresi i capi di stato di tutto il mondo. Compresi gli ambientalisti. Compreso chi scrive.

ambiente 2Con l’eccezione di chi non può preoccuparsi, perché ha più urgenti e immediati problemi per sopravvivere alla fame nei prossimi giorni, il resto dell’umanità è nella medesima situazione del tossicodipendente, il quale sa perfettamente che la droga lo ucciderà. Domani. Quest’anno, a partire dal mese di agosto, stiamo consumando le risorse del secondo pianeta (quello che non c’è). Vale a dire che per compensare la fine delle mele prodotte da un albero, abbiamo cominciato a mangiarne i rami e le foglie.

Detto più correttamente, ci stiamo mangiando il capitale biologico accumulato in oltre tre miliardi di anni di evoluzione della vita.

La prima “buona” notizia è che è ancora disponibile il tronco, nel senso che la bancarotta ecologica – in assenza di misure drastiche ed efficaci – è prevista per il mese di luglio del 2050; la seconda è che nei calcoli degli economisti non c’è alcun limite allo sviluppo economico. La crescita economica continua è infatti accettata come un dogma da tutti gli economisti e i politici, i quali danno per scontato che essa sia l’unico modo per assicurare che la ricchezza materiale giunga fino ai poveri. Tutti i beni e i servizi vengono ridotti al loro valore monetario, mentre i costi sociali e ambientali generati da tutta l’attività economica sono ignorati e ridotti a variabili esterne, che non si adattano ai modelli teorici.

PILGli economisti trattano come beni gratuiti non solo l’aria, l’acqua e le varie riserve dell’ecosistema, ma anche la rete delicata dei rapporti sociali. I costi ambientali e sociali delle attività economiche non vengono mai stimati, insieme ai costi della salute, dei danni ambientali e della disgregazione sociale. Mentre in un ambiente finito ci dovrebbe essere un equilibrio dinamico tra crescita e declino. E’ emblematico come viene calcolato il PIL (prodotto interno lordo). Prendiamo il caso di un lavoratore che va a sbattere con il proprio furgone di lavoro contro un palo, distrugge il mezzo, viene portato in ospedale e ingessato. I grafici dell’Università Bocconi di Milano ci mostreranno che in questo caso il PIL cresce, insieme ai medici, ai fornitori di gessi, ai fisioterapisti e ai produttori di furgoni. Anche chi smaltisce il furgone cresce.

E’ difficile spiegare tutti questi vantaggi al lavoratore ingessato, che dovrà rimanere inattivo per qualche mese e comprarsi un mezzo nuovo per tornare alla situazione preesistente, con un debito in più sulle spalle. Un indiano d’America ci farebbe osservare che alla fine del giro sarà tutto come prima, con qualche risorsa del pianeta in meno e qualche rifiuto da collocare da qualche parte. Ma nessuno dei pochi indiani d’America sopravvissuti ai visi pallidi insegna alla Bocconi e potrà mai inserire nei calcoli dell’università le variabili nascoste che tengano conto delle prossime sette generazioni.

ambienteA dire la verità, in Italia qualche “indiano” che non crede che una crescita esponenziale possa durare all’infinito c’è, e si è organizzato in Movimento fin dall’anno 2000. Si tratta del “Movimento per la Decrescita Felice”, che si ispira a Georgescu-Roegen, fondatore della bioeconomia e sostenitore dell’idea che all’aumento del PIL si riscontra una diminuzione della qualità della vita. Il movimento ha degli argomenti solidi e propone un modo di vivere e di produrre che sarebbe veramente alternativo soltanto se fosse adottato a livello planetario.

In Italia il Prodotto Interno Lordo è in decrescita e nessuno, a quanto pare, ne è felice (con l’eccezione dei “gufi” secondo Matteo). Anzi, siamo nel dramma, perché aumenta il debito pubblico, la disoccupazione, la miseria degli italiani e la paura.

economiaE insieme alla paura cresce l’intolleranza, il razzismo e la xenofobia, alimentati da chi cerca consensi elettorali tra la popolazione ancorata a concezioni arcaiche e premoderne. Come se ne esce? Male. Perché la decrescita economica, per essere praticabile (non importa che sia anche felice) senza scatenare rivolte sociali richiederebbe, contemporaneamente: un elevato livello di consapevolezza dei rischi ambientali; una nuova visione del mondo olistica, ecologica, sistemica e integrale; un nuovo paradigma che sostituisca la obsoleta visione del mondo Newtoniano-Cartesiana (il mondo immaginato come una grande macchina scomponibile e comprensibile in pezzi della vecchia fisica di Newton, la mente scissa dal corpo di Cartesio); una nuova base tecno-economica, nuove idee e un nuovo sistema sociale. In mancanza di tutti questi fattori, l’idea di forzare comportamenti virtuosi e solidaristici nella popolazione mondiale è del tutto inutile senza una crescita interiore collettiva che richiede, come sempre, tempi lunghi.

La percentuale della popolazione mondiale pronta per un nuovo e avanzato sistema sociale viene stimata nell’ordine dell’uno/due per cento della popolazione mondiale. Il resto, in percentuali diverse, sta attraversando gradualmente le tappe evolutive ben descritte negli studi di Ken Wilber – uno dei più grandi sociologi e filosofi contemporanei – che qui possiamo solo accennare: il pensiero magico animista; il pensiero magico mitico; il mitico autoritario (manicheismo e senso di superiorità morale tipico degli integralisti islamici, lega nord, estrema destra e Beppe Grillo,nonostante il narcisismo ambientalista new-age di quest’ultimo); il razionale scientifico (economisti, Wall Street, umanesimo secolare, egocentrismo liberale); il relativismo pluralistico (egualitarismo, multiculturalismo, ecofemminismo, diritti umani e degli animali); il pensiero olistico integrale.

ambientePurtroppo, non sono possibili salti quantici, come hanno sempre sperato i rivoluzionari di tutte le epoche. Ogni cultura emergente (più progredita rispetto ai tempi e alla struttura sociale dell’epoca) ha sempre subito l’attacco delle vecchie culture, funzionalmente adatte alle vecchie strutture, e ogni transizione dal vecchio al nuovo, di solito, non è mai stata per niente piacevole. Tentare di imporre al resto del mondo, ma anche all’interno di un singolo stato, i paradigmi più avanzati del pensiero olistico integrale è come sperare di riportare indietro la testa dopo un immaginario viaggio a ritroso nel tempo, ideato per convincere le popolazioni del medioevo che è possibile vivere nella libertà e nella democrazia. Per molto meno Giordano Bruno fu spedito al rogo in piazza del Campo dei Fiori a Roma, il 17 febbraio del 1600.

movimentoPer tornare al 2014, basta solo osservare come la crisi economica faccia riemergere le vecchie culture xenofobe e razziste che hanno infestato il XX secolo. Secolo in cui milioni di persone sono state uccise, torturate, fatte morire di fame, o imprigionate anche per creare stati rivoluzionari, i quali avevano promesso sovranità al popolo, mentre il popolo non era lontanamente capace di esercitarla e neppure desideroso di averla.

La marcia verso la libertà, dal bisogno dei capi e dei salvatori della patria è ancora maledettamente lunga, le sacche di cultura arcaica e pre-moderna possono riportarci, temporaneamente, in una fase regressiva.

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