Livorno nel 1920: la prima seduta del Consiglio Comunale uscito dalle elezioni

Il 22 novembre 1920 alle ore 18.00 si insediò formalmente il nuovo Consiglio Comunale uscito dalle elezioni del 7 novembre, in un clima di accesa partecipazione da parte del pubblico intervenuto.

4gennaio 2015 di Paola Ceccotti

giuseppe emanuele modiglianiIl regio commissario dott. Enrico Cavalieri, dopo aver dichiarato aperta e valida la seduta, dava lettura della propria gestione e quindi dichiarava insediato in nome di sua maestà il re il Consiglio Comunale. Il pubblico, come registrano gli atti municipali, era numerosissimo e chiassoso.

Il consigliere anziano, on. Giuseppe Emanuele Modigliani assumeva la presidenza dell’assemblea, e pronunciava quindi le seguenti parole: Nessuno troverà strano che nell’assumere per pochi momenti l’ufficio che dalla sorte delle urne mi è attribuito, io dica qual è il pensiero di gioia e soddisfazione con cui il partito socialista e le organizzazioni operaie accettano il loro ufficio. 

Questa che secondo l’evoluzione storica dovrebbe essere la casa del popolo, è stata sempre la casa della classe che ha tenuto fino a qui il potere. Oggi invece è la casa della classe che fu governata e che non vuole essere più governata ma che invece governerà …[1]

comune di livorno storicoIn quella prima seduta dopo gli adempimenti di legge – appello nominale e proclamazione degli eletti – era iscritto come primo punto dell’ordine del giorno il “riconoscimento della Repubblica comunista federativa dei consigli di Russia”, a cui l’on. Modigliani  rivolgeva un particolare saluto, ricordando che quella grande rivoluzione rappresentava il primo e più titanico sforzo del proletariato contro la classe capitalistica.

Successivamente Modigliani poneva all’attenzione dell’assemblea i fatti del 10 novembre e i tentativi di prendere con la forza il Comune: In questo momento non bisogna dimenticare che anche Livorno or sono pochi giorni fu oggetto del tentativo più insano che da qualche tempo si sta agitando da Verona a Bologna dove faziose minoranze sognano di sopprimere le funzioni del Comune socialista, ma sono minoranze e saranno schiacciate ora e sempre.[2]

altra foto lotte operaieQuindi venivano messi in votazione due ordini del giorno; il primo di solidarietà alla rivoluzione russa e verso tutti coloro che come Eugenio Debes ed Errico Malatesta  scontavano nelle carceri reati di pensiero, il secondo nel quale, richiamando i fatti del 10 novembre, il Consiglio Comunale assumeva l’impegno della difesa del Comune ad ogni costo, contro i faziosi e i violenti.

Il cons. Mondolfi interveniva contro il cons. Corcos che aveva richiesto il rispetto del pensiero della minoranza, per ribadire che nel paese non erano i socialisti ad abusare dei diritti o a fomentare disordini.

E riferendosi ai fatti del 10 novembre ricordava che i fascisti avevano voluto imporre il levarsi di cappello ad una bandiera che non rappresenta la nazione ma una classe, quella che ha voluto la guerra. Mondolfi concludeva così il suo intervento: Con ciò noi non intendiamo di contestare alla borghesia il diritto di difendersi, ma non si affermi che in Italia c’è la libertà, perché questa è la libertà della borghesia che adopera ogni arte per soffocare i suoi avversari. Ma siate pur sicuri che la classe proletaria saprà trovare i mezzi atti ad opporsi[3]. (Applausi vivissimi da parte della maggioranza e del pubblico).

Tutti e due gli ordini del giorni venivano approvati dalla maggioranza.  Il Consiglio Comunale provvedeva quindi alla elezione del Sindaco nella persona del prof. Uberto Mondolfi, eletto con 47 voti su 58 (Mondolfi 47, Minghi 1, Bianche 10); e subito dopo a quella degli Assessori senza la partecipazione della minoranza che dichiarava di astenersi. Erano proclamati eletti: Adolfo Minghi, Assessore anziano; Assessori effettivi: Nello Assum, Giuseppe Bacci, Armando Bartorelli, Giuseppe Cardon, Oreste Marcaccini, Francesco Mario Stefanini, Giorgio Urbani; Assessori supplenti: Ezio Felli, Aurelio Del Lucchese, Ilio Barontini, Riccardo Marchi.

ILIO BARONTINIIl mese di novembre del 1920 è già anticipazione di quegli eventi che si intensificheranno precipitando nella dissoluzione delle istituzioni democratiche.

Il 17 novembre e quindi a sette giorni di distanza dalla manifestazione patriottica si era costituito nella sede dell’associazione Garibaldina il primo fascio di combattimento di Livorno, “con un segretario improvvisato e quattro consiglieri[4]; più precisamente un bidello di scuole elementari, un portuale, due negozianti; esso veniva accolto almeno inizialmente con qualche diffidenza dalla Unione democratica livornese uscita sconfitta dalle elezioni.

Era la risposta ai fatti del 10 novembre, alle reazioni della cittadinanza contro i  tentativi di imporre con la violenza un nuovo “ordine”. Come si afferma in successivi articoli del regime:  a seguito dei tafferugli  con i “leninisti”, nella sede dei reduci garibaldini in via Reale al n. 5 si formò il primo nucleo di fascisti livornesi, sede da cui partirono le sempre più agguerrite imprese squadristiche.[5]

[1] CLAS, adunanza del Consiglio Comunale del 22 novembre 1920

[2] Ibidem

[3] Ibidem

[4] F. Pieroni Bortolotti, in Ricerche storiche, 1987, ed. Scientifiche Italiane, pag. 59

[5] Livorno nella guerra nell’impero, 1937, Milano; e O. Fanfulla, Le sedi del fascio, in Liburni Civitas, 1932, pag. 299

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