Chi lascia il PD, intervista a Barbara LaComba: “All’inizio ci siamo chiamate Ribelli, oggi, anche noi donne del gruppo, siamo andate… Oltre”

La Comba BarbaraSono passate alcune settimane, da quando alcune dirigenti del Pd di Livorno sono uscite dal partito.

Lo hanno fatto inviando una lunga lettera e partecipando ad una conferenza stampa. Anche altri iscritti hanno deciso di uscire dal Pd con dichiarazioni pubbliche, altri in silenzio non rinnoveranno l’adesione.
Per un’analisi più approfondita delle ragioni di questa scelta, abbiamo iniziato con una intervista a Barbara LaComba.

28luglio 2015 di Ruggero Morelli

logo oltreUna lunga intervista, tra carattere programmatico politico e senso di critica culturale/sociale, di cui consigliamo la lettura per la lucidità con cui riesce ad addentrarsi nelle piaghe e nelle contraddizione dell’attuale crisi della sinistra italiana ma, senza perdere il punto di riferimento di una sua necessaria rinascita e ricomposizione, appunto andando “Oltre… per Livorno”

  • Quale il consuntivo delle cose che non andavano al momento della decisione di uscire dal Pd? Poiché eri parte degli organismi dirigenti, quale giudizio ti senti di dare all’azione del Partito, negli anni 20012-2014?

Nella segreteria Comunale ho avuto deleghe ai settori dei Rifiuti, all’Ambiente ed all’Urbanistica. Ho portato avanti da sola nel 2013-2014 un forum cittadino sull’ambiente che si è articolato in un percorso molto complicato a contatto con quartieri, medici, professionisti, professori, tecnici ambientali, politici, attivisti. Il primo scontro con Nogarin lo ebbi durante una seduta di Vertenza Livorno. Parlando di porto ed energie sostenibili mi disse che dovevamo elettrificare tutto come a Rottherdam… lui c’era stato. Gli risposi: “forse in albergo” perché a Rottherdam, come in tutto il Baltico, stavano convertendo le navi a gas nelle fasi di attracco, poiché meno inquinanti…
Il fatto di essere stata membro del Pd non mi ha mai impedito di scendere accanto ai cittadini che discutevano contro le decisioni o l’indifferenza dell’Amministrazione su grandi temi come il piano strutturale, il completamento dell’ATO Rifiuti, l’inquinamento, le bonifiche, la tutela del mare e dell’aria.

Per un certo periodo ci siamo aiutati anche con Francesco Gazzetti, che aveva scelto di sostenere la tutela del mare e chiedeva chiarimenti sull’inquinamento radioattivo. Oggi non ne parla più’ pero’.
Difficilmente comunque ho trovato nella politica persone nei ruoli giusti con la dovuta preparazione. Ho trovato persone eccezionali, giovani preparatissimi, ma come me, “incompresi”. Questo ha reso la mia azione poco efficace, nel mentre politici e amministratori non capivano spesso di cosa si parlava.

Poi l’arrivo del Renzismo ha reso cosi’ invivibile la politica vissuta come impegno per il territorio, e non ho avuto più’ neanche modo di provarci, volavano tutti su temi….più… “alti”.
E’ stato quindi con estremo rammarico che con un gruppo di persone militanti, a diverso titolo nel Pd, ci siamo trovati costretti a presentare formali dimissioni dagli organismi dirigenti del Partito, – partito di cui alcuni di noi sono stati anche fondatori – ad aprile 2015.

  • Hanno prevalso scelte nazionali, oppure locali?

A seguito della vittoria elettorale del Pd nel 2013 ed alle incresciose vicende che si sono susseguite all’indomani della mancata votazione per il presidente Prodi a Capo dello Stato, a più riprese ci siamo dovuti dissociare da scelte nazionali e locali, nel mentre la nuova classe dirigente si è organizzava diversamente da quanto emerso nelle elezioni primarie, sul Segretario Nazionale.
Le nostre sono state posizioni dissonanti nel metodo prima, e nel merito dopo ma, sempre nel rispetto dei ruoli.
La dissonanza si è nel tempo, purtroppo, rafforzata a fronte della manifesta volontà di modificare in modo inaccettabile la Costituzione, di portare avanti la riforma elettorale molto diversa dalle aspettative, fino ad arrivare al Jobs Act che ha stravolto, in più parti, i principi ispiratori e costituenti del Partito Democratico. Tutto questo in nome di un ampio patto con la destra nazionale e di un riformismo che appare, con il trascorrere dei mesi e degli eventi, sempre più una forzatura della democrazia e priva di un disegno organico di ricostruzione di un paese.

La gestione locale del PD ha purtroppo seguito la stessa strada del nazionale. Qui, il Partito dopo lo svilimento dei valori ispiratori a pro di metodi che hanno tenuto conto solo di interessi personali e di gruppi di potere, si è sempre più ripiegato su se stesso, perdendo consensi e iscritti. Questa assenza di “buona politica”, aiutata da una gestione del governo della città non all’altezza delle esigenze e dei mutamenti sociali, ci ha portato a perdere il Comune di Livorno dopo tanti anni di governo.
La sconfitta però non ha provocato riflessioni per un cambiamento, anzi, l’intervento a gamba tesa del PD Regionale, un PD Renziano che vedeva in Livorno una spina nel fianco, non ha permesso alcuna elaborazione politica, disincentivando sia il dialogo interno che con la città, a favore di un decisionismo che non ha niente di democratico e funzionale.
La verticalizzazione dell’organizzazione del partito ha quindi determinato un progressivo svuotamento del ruolo degli iscritti, garantendo il rafforzamento di gruppi di potere e di rancori interni.
Siamo rimasti fino ad oggi per la convinzione che fosse possibile riportare il dibattito politico su temi coerenti con i principi ispiratori del PD, speravamo che le regole statutarie avrebbero garantito il dialogo democratico e che non si sarebbero superati certi limiti. Purtroppo gli ultimi eventi locali, ed in particolare l’elezione per il segretario dell’Unione Comunale di Livorno, ha fornito la misura della povertà politica dell’attuale classe dirigente. La decisione di non rispettare l’esito delle primarie senza tenere conto del giudizio degli elettori è stato di una gravità inaudita. Con questo comportamento si è calpestata l’etica politica e si è pesantemente offesa la dignità dei cittadini. Un partito che pensa più ai posizionamenti dei suoi dirigenti che a condividere con i propri elettori e sostenitori percorsi basati su progetti concreti per la città, ci ha purtroppo convinti che non ci sia al suo interno più agibilità politica.

  • Ma scusa, non pensi che restare nel Partito e, dare battaglia su questi contenuti, avrebbe potuto dare maggiori contributi per il bene e il futuro di questa città?

La nostra permanenza significherebbe soltanto essere complici del perpetrare di un modo di agire che, non possiamo né volgiamo condividere.
La nostra visione è quella di una città ed un Paese che può tornare a crescere senza dover derogare a principi di equità, sostegno ai lavoratori, rispetto dei diritti sindacali, tutela dei più deboli e rispetto dei principi costituzionali.
Abbiamo tentato con tutte le nostre forze di dialogare per costruire, ma abbiamo ricevuto in cambio solo risposte dettate da arroganza e superficialità, atteggiamenti sintomatici di una debolezza politica netta. Dopo la sconfitta elettorale la chiusura al dialogo sulle cause, sul progetto futuro per la città, sui grandi temi, ha confermato la volontà sia del regionale che del partito locale di non voler ricostruire un partito forte a Livorno nei contenuti e nei progetti ma anzi di voler approfittare dalla sconfitta per portare avanti interessi che con Livorno hanno ben poco a che fare. Tutto questo ci ha infine reso insopportabile continuare il percorso con questo PD.
Se il PD di domani tornerà ai suoi principi ispiratori, diversi potrebbero essere i nostri sentimenti, ma oggi non vediamo più spazi per garantire la presenza di una posizione interna al partito costruttiva e vicina alla gente.
Le pesanti vicende descritte non hanno comunque diminuito la voglia di continuare a lottare per la nostra città, i nostri principi, la nostra gente. Per questo continuerete a vederci impegnati come e più di prima, ma lontano da questo modo di fare politica che non è mai stato il nostro e non è più quello di una vera sinistra riformista e progressista.

  • Fai parte di un gruppo con netta prevalenza di donne, è così?

Veramente il gruppo di cui faccio parte vede oggi una uguale ripartizione fra uomini e donne, e già questa parità di genere “spontanea”, non decisa a tavolino, ma emersa dal confronto sul campo, costituisce sicuramente una singolarità. Ribaltare un po’ il punto di vista sulla politica e cercare di renderlo più comprensibile anche al mondo femminile, è pero’ sicuramente stata una chiave di lettura che abbiamo usato al momento di prendere decisioni anche molto dure.
Siamo madri, e in quanto tali abbiamo ben presente l’impegno che costantemente deve essere profuso per insegnare principi morali ai nostri figli. Sappiamo quanto sia duro il confronto con un mondo privo di regole e quindi più’ facile ed allettante. Siamo abituate a porci in modo anche molto critico rispetto a questo, per il bene dei figli, pertanto vorremmo il rispetto da parte delle persone. In tal senso, come avremmo potuto continuare a tacere di fronte alla violazione della parola data, di fronte alla manipolazione di regolamenti, statuti, quando andava bene, principi democratici e rispetto della moralità e delle capacità delle persone in altri?

Semplicemente, quando ci siamo accorte che la pazienza favoriva la scorrettezza, il dialogo esacerbava ma non costruiva piu’, abbiamo capito che continuando ad insistere non avremmo dato alcun esempio positivo e il sacrificio di energie tempo e pensieri, era un portar via tempo inutilmente a chi volevamo bene, le famiglie, senza alcun frutto in cambio.
Quando ci siamo allontanate da questo PD, di oggi e che niente più’, aveva di quello che conoscevamo, il mondo ha ripreso a scorrere per noi nel verso giusto. Sicuramente siamo state meglio.
All’inizio ci siamo chiamate le Ribelli, un gruppo che oggi è molto attivo in rete. Fu inizialmente uno scherzo, partito dopo aver letto il racconto di madri coraggiose schierate contro la mafia e che cosi’ si appellavano sui giornali. Oggi anche noi donne del gruppo siamo…andate Oltre, oltre gli schemi di una semplice ribellione, perché vogliamo costruire, insieme con altre persone, non solo criticare. Lo abbiamo promesso a chi ci ha seguito in questa avventura, e siamo abituate a mantenere le promesse, anche a costo di sacrifici.

  • Quale forma politica o culturale pensate di assumere?

Premesso che non abbiamo intenzione di abbandonare la politica, vogliamo portare acqua verso un mulino ben preciso, una politica più seria, credibile, spendibile, moralmente rispettabile e soprattutto preparata, una politica che in questi termini vediamo collocata decisamente a sinistra. Abbiamo deciso con altri compagni, oggi una trentina di cui c.a. quindici fondatori, di aprire una associazione culturale e politica che abbiamo chiamato Oltre…per Livorno.
Non è stata una decisione facile né veloce. Abbiamo aspettato la fine delle elezioni Regionali per non creare equivoci, abbiamo pensato a lungo a ruolo e contenuti, anche la scelta del nome non è stata facile. La nostra associazione non vuole essere un arrivo, né vuole assumere posizioni rigide.

Vogliamo raccogliere e non disperdere le energie di tante brave persone che alla politica hanno dato tanto, tutelare un patrimonio che, speriamo, un giorno potrà aiutare a far rinascere davvero una democrazia più’ matura e costruttiva, in grado di aiutare a risollevare la nostra splendida città ed il suo territorio. In questo, mai più’ sconti.

  • Sei favorevole alla attuazione dell’art.49 della Costituzione, con una legge che regoli la vita dei partiti? Hai letto la proposta del Pd?

Ho letto la proposta. Sono rimasta un po interdetta rispetto al contesto, non rispetto ai contenuti. Mi spiego meglio, se la proposta avesse preso piede prima della nascita del movimento cinque stelle, l’avrei considerata una mozione costruttiva e positiva, sotto ogni punto di vista. Oggi, il timore che l’iniziativa sia strumentale a limitare l’azione politica di gruppi politici considerati troppo “fluidi” e non, o non solo, a regolamentare in modo serio e giuridicamente rilevante la vita interna di un partito, mi lascia dubbiosa.

Trovo quindi che l’organizzazione politica soprattutto di piccoli gruppi o di gruppi giovani, non debba obbligatoriamente essere tanto rigida per essere riconosciuta. L’acqua come le idee e le volontà non possono essere fermate da regole.
Grandi partiti nazionali invece, dalla forte e strutturata attività sui territori, dal momento che si costituiscono e scelgono la forma partito, per me non dovrebbero invece prescindere in alcun modo dal darsi regole moralmente e giuridicamente valide in termini legali. Succede in molti paesi questo, non ultima la Germania.
Farei pero’ un distinguo, per quanto semplicistico in questa sede, sulla necessità di assegnare alle regole di partito validità giuridica. Diverse infatti sono le norme organizzative e statutarie da quelle relative ai contenuti politici delle azioni dei propri iscritti. Per le prime, regole rigide e non derogabili, per le seconde, dialogo e confronto perché non vale il criterio qui del giusto e sbagliato, ma del della costruzione di percorsi che devono potersi evolvere liberamente.

Tutto il contrario di Renzi, che ha deciso di “buttare fuori” dissidenti delle linee politiche, ma non apre bocca verso chi non contribuisce economicamente nonostante i vantaggi derivati da incarichi amministrativi alla vita del partito.

  • Come valutavi le varie formazioni Buongiorno Livorno, Uniti per cambiare, Progetto Livorno…formatesi a Livorno nel periodo 2013-2014?

Stimolanti. Assolutamente sottovalutate dal PD di allora (prima delle elezioni comunali), all’epoca ero in segreteria Comunale. Non c’era riunione in cui la conclusione non fosse che si trattava di gruppi e posizioni ritenute dalla maggioranza “passeggere”, tranquillamente gestibili e “riconducibili all’ovile del PD” che tanto avrebbe vinto senza bisogno di nessuno. Ne erano convinti tutti, con tanto di proiezioni statistiche… Un po come quando crolla un regime, chi è nel centro del potere, nega che ci possano essere alternative o che le aperture siano necessarie. In questo la posizione del sindaco Cosimi ha dominato su tutto e tutti. Il culto della sua personalità non ammetteva debolezze e il suo PD non riusciva a uscire dalla sua influenza-interferenza. Un esempio drammatico è stato il tentativo di uscire dal percorso stabilito da Cosimi portato avanti nella Conferenza di programma del 2012. Cosimi, Ruggeri e Bolognesi ostacolarono fortemente il percorso e al minimo non vi contribuirono. Quando Cosimi fece pubblicamente vedere nelle giornate conclusive che aveva intenzione di far mancare anche la sua presenza, mi resi conto che avrebbero cercato di cancellare ogni afflato di cambiamento e apertura che era emerso. Ricordo che rimasi sconvolta dal fatto che un mese dopo la chiusura della Conferenza di Programma, di tutto il lavoro immane e dei contenuti per cui con la città ognuno di noi si era speso, fu cancellata ogni traccia.
Neanche un dibattito successivo all’evento fu fatto sugli esiti di quella conferenza. Penso che in quel momento in molti di noi si sia percepito il primo vero sentimento di disamore per quel tipo di politica autoreferenziale.

Renzi ha costituito un afflato di autoreferenzialità per i Renziani della seconda e terza ora. E’ stato un mezzo per farsi notare per quelli della prima ora, inizialmente ignorati dai poteri forti del PD. Una bufala nei contenuti di rinnovamento e rottamazione, come oggi abbiamo visto, ma con una maggiore capacità attrattiva per chi voleva fare, qualcosa, in qualsiasi direzione, pur di fare.
E’ pero’ passato il concetto terribile che per “fare” non si deve essere “democratici”. E questo non mi va giù’, per niente. Il problema è che chi faceva il “democratico” nel vecchio Pd, metteva persone incapaci di decidere da sole e non premiava il merito. Ma togliere diritti perché si è incapaci è come uccidere perché non si produce. Inaccettabile concetto per una sinistra che si dica tale.

  • Come hai vissuto Il momento del ballottaggio dell’8 giugno quando tutti si coalizzarono contro il Pd?

Con rassegnazione. Io vedevo come si comportava Ruggeri da dentro. Era pieno di paure e abbandonò quasi subito le basi del suo partito per fare riunioni “carbonare” con chi contava. Il giorno prima del primo turno elettorale mi chiamarono degli amici e mi dissero che era al Propeller con i “vips”…passatemi il termine. Gli mandai un sms e gli dissi che sarebbe stato meglio trascorrere le ore prima del voto con chi credeva in lui e lo aveva sostenuto fino in fondo. Mi riscrisse: “che lui stava con tutti quelli che gli garantivano una vittoria”. Gli risposi che gli auguravo di aver scelto bene…perché non avrebbe avuto una seconda possibilità e che mi dispiaceva che avesse pensato che noi non contavamo, noi della base del partito. Dopo la conferma che sarebbe andato al ballottaggio, mi sarei aspettata che chiamasse tutti a raccolta, invece intervistato in comune disse, ora basta dare retta al partito, ora faccio cosa mi pare. Non si riferiva certo al partito delle persone, ma a quello dei salotti, che infatti al secondo turno lo abbandonò. In quel momento capii che sarebbe stato sconfitto, lui ma non chi lo aveva manovrato fino a quel momento, o almeno ci aveva provato.

  • Ad un anno dalla vittoria di Nogarin che cosa puoi dire delle sue scelte?

Scelte… Nogarin è un signor nessuno scelto da “alcuni” come esponente di un partito che ha saputo coacervare la delusione ed il rancore verso quel Pd che oggi è il grande sconfitto, che rimane ancora silente (non esiste opposizione a Livorno da parte del Pd alle politiche di Nogarin). Il M5S ha portato avanti una politica di dipendenza dai dirigenti dell’Amministrazione Comunale, veri artefici delle politiche Livornesi negli anni di Cosimi. Privi di idee e assolutamente ignari di come si potessero portare avanti iniziative credibili, gli amministratori del M5S imparano sulla nostra pelle come aggiustare il tiro e in questo esercizio raramente si ricordano di rispettare le linee di mandato che, previste dalla legge degli enti locali, non dovrebbero invece essere derogabili dalla giunta che li approva.
Intanto Nogarin contro e in barba ad ogni criterio di trasparenza ha nominato amministratori, vari suoi amici o persone presentate da amici, con il bel risultato di un caos che oggi è in mano alla magistratura per l’incapacità di venire a capo delle difficoltà soprattutto nella gestione delle partecipate, difficoltà nascoste ad arte sotto il tappeto dalla precedente amministrazione.

  • Hai partecipato alle scelte dei candidati per le regionali, come è andata?

Neanche per idea. Mi sono disintossicata. Tanto era già tutto “deciso”. Rossi non aveva opposizione. Sono però andata con i lavoratori a chiedere che Rossi tenesse conto dell’emergenza che vive Livorno, è stata una scelta costruttiva.

Abbiamo scritto più volte sulla condizione della donna nel mondo del lavoro e delle istituzioni- oggi vedi qualche possibilità di migliorare dopo le scelte di Renzi?

Certo. Se l’uomo Renziano ti considera abbastanza allineata…come donna hai delle possibilità. Questa è la “donna che fa carriera” all’epoca del renzismo. Poi quelle che vengono apprezzate sono portate in vetrina, per far vedere che esistono e sono considerate. Mi ricorda un po’ il culto della madre e della sorella all’epoca di Mussolini….
Lo sai che Renzi ha cancellato e umiliato ogni forma di assemblea di donne, sia a livello Nazionale, dove ha sciolto l’assemblea delle donne, che a livello provinciale? Ricordo che ha votato e fatto votare contro le leggi paritarie che non fossero le pari opportunità (cioè una forma di tutela, personalmente umiliante) vendendo molto fumo come un superamento del “problema donne”.

All’epoca di Renzi vige il Negazionismo del problema femminile. Ma lo dovremo leggere sui libri per rendercene conto. Oggi è più’ facile negarlo.

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