Consumo del suolo zero, una vana promessa finita sotto il cemento

Uno dopo l’altro tutti i terreni aperti-utili per la prevenzione del rischio idraulico e per una migliore qualità urbana-finiscono sotto il cemento

22ottobre 2017 da Marco Dinetti, responsabile Ecologia urbana Lipu

Usignolo, foto L. Sebastiani
L’ultimo terreno aperto in Viale Boccaccio, dove sono stati distrutti alberi e siepi  (Foto di Marco Dinetti)
Neppure un cartello sulla pubblica via, per segnalare i lavori in corso (Foto Archivio Lipu)

Il 10 ottobre scorso sono state consegnate al Presidente del Senato Pietro Grasso le oltre 82.000 firme raccolte dalla coalizione italiana #salvailsuolo per chiedere il varo di una legge nazionale contro il consumo di suolo e la tolleranza zero all’abusivismo. In quest’ottica, a Livorno vi era fiducia in una inversione di tendenza rispetto alla politica urbanistica portata avanti per decenni dalle amministrazioni, che ha riempito di cemento la città, contribuendo al disastro dell’alluvione (per approfondire, vedere il Dossier Lipu su ambiente e alluvione: Dossier Lipu: ‘il cemento ha invaso la città di Livorno’.

Invece, è cosa di questi giorni la recinzione dell’ultimo terreno libero lungo il Viale Boccaccio: le ruspe stanno completando la distruzione degli alberi e delle siepi che vi erano presenti da almeno 50 anni. Peraltro, senza neppure un cartello sui lavori in corso esposto sulla pubblica via, ed in merito invitiamo i Vigili urbani a rilevare eventuali infrazioni.

Quando pubblicammo la prima edizione dell’atlante ornitologico a metà degli anni ’90, questo terreno insieme alla adiacente area del Nuovo Centro era uno dei più ricchi di avifauna della città, e invano la Lipu ne propose il rispetto come verde urbano. La scorsa primavera qui era presente una colonia del variopinto Gruccione, mentre Occhiocotto ed Usignolo vi hanno nidificato. Vediamo già i risolini di qualcuno:

“Usignolo? Se ne andrà da un’altra parte”; “Cosa vuoi che sia un nido in meno…”

Peccato che la “casa dell’Usignolo” sia un terreno aperto, permeabile e con vegetazione rigogliosa, unico baluardo che abbiamo per cercare di contenere le masse di acqua che fanno gonfiare i torrenti dopo le precipitazioni abbondanti, che a causa dei cambiamenti climatici dobbiamo aspettarci sempre più frequenti.

Un aspetto parallelo:

è cronaca di questi giorni l’emergenza smog nelle città, il cui inquinamento provoca un gran numero di patologie e di morti. Per cui si sta sperando che piova, ma in tal caso bisogna che le precipitazioni non siano violente, perché altrimenti ci tocca piangere sui morti e sui danni, come è avvenuto recentemente a Livorno. Se ci dovesse essere una nuova bomba d’acqua, può darsi che questa volta il fango ce lo troveremo “in cima al grattacielo di Piazza Roma”, perché la lungimirante risposta che gli enti territoriali hanno attuato per “mettere in sicurezza il territorio” è stata quella di completare la distruzione di tutta la vegetazione lungo i corsi d’acqua, sia nell’area urbana che sulle colline. Quelle stesse piante che sono fondamentali per contenere e regimare il deflusso dell’acqua e trattenere gli argini con le radici. C’è anche da dire che gli alberi svolgono numerose altre funzioni a vantaggio del nostro benessere psico-fisico (servizi ecosistemici), tanto che studi effettuati negli Stati Uniti e pubblicati nella rivista scientifica “Environmental Pollution” parlano di 850 vite umane salvate ogni anno, insieme alla prevenzione di 670mila casi di sintomi respiratori acuti.

Quindi, cosa ci dobbiamo aspettare dalla gestione del verde urbano e dal nuovo Piano strutturale, che è in corso di definizione? Ci verranno ripresentate le stesse ipotesi che furono esposte tempo fa ad un incontro pubblico alla circoscrizione di Corea, vale a dire costruire un porto nella falesia naturale del Maroccone, oppure realizzare una “spianata” per fare i concerti nella collina di Montenero? Non possiamo che vedere una mancanza di idee, ma anche di autorità da parte degli enti pubblici, allo scopo di guidare l’urbanistica in un percorso al servizio primario della collettività e del bene pubblico, come peraltro recita l’articolo 3-quater del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante ‘Norme in materia ambientale’

Con questo non vogliamo di certo che i lavoratori vengano penalizzati, in quanto di impiego nel settore dell’edilizia, della gestione del verde, ed in altri ambiti utili per garantire lo sviluppo sostenibile c’è tanto bisogno:

quartieri e edifici già esistenti da riqualificare e mettere in sicurezza, palazzi storici che cadono a pezzi da restaurare e valorizzare. Senza contare che anche le opere di ingegneria naturalistica danno lavoro a imprese e operai, per non parlare della realizzazione delle oasi, dove entrano in funzione anche le ruspe, come è il caso della riserva naturale Lipu di Torrile in provincia di Parma: da un campo coltivato è diventata una importantissima zona umida a livello regionale e nazionale. Potrà quindi trovare posa questa tendenza insostenibile che riempie di cemento e lastricati ogni spazio libero?

E cosa ne sarà di quella che appare sempre di più l’ultima speranza di oasi urbana-autentica testimonianza dell’ambiente agricolo e naturale del territorio-vale a dire l’area degli orti di Via Goito?

Foto allegate: 

  • Usignolo, che non troverà più la sua casa quando la prossima primavera tornerà dall’Africa (Foto di Luigi Sebastiani/Archivio Lipu).
  • L’ultimo terreno aperto in Viale Boccaccio, dove in questi giorni sono stati distrutti alberi e siepi  (Foto di Marco Dinetti, Lipu).
  • Neppure un cartello sulla pubblica via, per segnalare i lavori in corso (Foto Archivio Lipu).

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