Convegno su Industria 4.0 svolto al circolo arci di Lari. Alcuni interventi

Sabato 17 febbraio al circolo Arci di Lari si è svolto un Convegno su Industria 4.0 a cui hanno partecipato anche delegazioni di operai di Termoli, Mirafiori e dell’indotto Piaggio. Di seguito postiamo due interventi

L’intervento di C. Fiorenzo, RSU-Leonardo

Stiamo vivendo un nuovo periodo storico che segnerà per sempre un cambiamento nella vita di tutti, sia in positivo sia in negativo, volenti o nolenti il cambiamento è inarrestabile. Davanti a una frase del genere è meglio sedersi un attimo a riflettere, riflettere sul cambiamento in atto, sul periodo storico e sul fatto che sia inarrestabile. 

Qualcuno la annuncia come la quarta rivoluzione industriale ma pare che sia una definizione, e decisione, che arriva dalla Germania, su cui ha già messo la bandierina come sua proprietà, definizione che pare abbia già reso mansueti sia i cosiddetti “padroni” sia le parti sociali o, per meglio definirli, i sindacati maggiormente rappresentativi. La quarta rivoluzione Industriale assomiglia molto alla sottomissione dell’industria europea al volere dei tedeschi, chi non si sottomette sarà escluso dal mercato, e il mercato, in Europa, lo sta controllando la Germania. La prima fase di questa rivoluzione industriale è fare in modo che venga accettata mentalmente da tutti, così anche noi, solo per il fatto di fare un dibattito, siamo inconsapevolmente corresponsabili di questa sudditanza psicologica. Certo il nostro governo è già più che sottomesso al volere germanico visto che sta regalando centinaia di migliaia di euro a fondo perduto a tutte le aziende che non vogliono perdere il “treno”, così una bella fetta delle nostre tasse sta finendo nelle tasche degli imprenditori per la nuova tecnologia.

Ma cosa succederà poi? Perché sono tutti in agitazione?

Semplice, perché la nuova tecnologia porterà a delle conseguenze per tutti noi:

  • secondo alcuni studi si creerà più occupazione per le nuove “sfide” tecnologiche, certo dovremmo preparare i futuri lavoratori all’utilizzo della nuova tecnologia;
  • per altri, invece, l’impatto sarà devastante con centinaia di migliaia di posti di lavoro persi.

Dove sta la verità? Chi ha ragione? Secondo me entrambi.

Dopo un primo periodo di crescita occupazionale per la costruzione e l’avviamento delle nuove macchine, ci sarà il crollo dei posti di lavoro per la sostituzione dei lavoratori con il controllo da remoto (la rete), che è il centro della nuova rivoluzione industriale. Ogni sviluppo tecnologico comporta un miglioramento della vita di tutti ma ha come conseguenza la perdita di posti di lavoro.

Nella mia azienda 20 anni fa facevamo i disegni su carta lucida e ci mettevamo mesi, ogni errore era un dramma, poi andava copiato e archiviato. L’ufficio successivo aggiungeva i materiali, il peso, la lunghezza, gli ingombri, ecc.. Ogni ufficio aveva la sua funzione. Oggi, con le “stazioni di lavoro” computerizzate, possiamo fare più disegni contemporaneamente, con i materiali, le lunghezze, il peso, gli ingombri, il tutto in un decimo del tempo di una volta, tutte le attività successive alla mia non hanno più avuto un senso, compreso il centro stampa e l’archivio. Poi, anche il mio lavoro è diventato di basso contento tecnologico ed è stato assegnato ad aziende esterne, che costano meno, pagano gli errori che fanno ed hanno meno tutele sindacali.

Grazie a questo miglioramento tecnologico, la ditta ha avuto  una crescita produttiva da 50 elicotteri all’anno, fino a 270 elicotteri all’anno (2015), senza aumentare l’occupazione diretta. E dobbiamo ancora “applicare” la nuova tecnologia 4.0: dicono che non dovremmo più andare in ufficio ma faremo tutto il lavoro da casa e l’azienda non dovrà nemmeno avere il posto di lavoro “a norma di legge”.

Allora che si fa?

  • Una cosa è inconfutabile, che la ricchezza si sta spostando sempre di più verso pochi, mentre ci sono sempre più poveri.
  • Quale dovrebbe essere il ruolo dello Stato davanti a tale situazione? Come minimo ridistribuire più equamente le risorse ma, come? Facendo in modo che chi si sta arricchendo contribuisca al miglioramento della vita di chi viene “sfruttato”, siccome dubito che lo farebbe volontariamente, allora è necessario un vincolo normativo.
  • Poi ci sarebbe da risolvere il problema del lavoro, ma da dove si tira fuori un lavoro che non c’è? Anche in questo caso ci dovrebbe pensare chi rappresenta tutti i cittadini e cioè lo Stato e il Governo ma, come? Attraverso le aziende statali e parastatali, la sanità, i servizi,  e, se serve, nazionalizzare le aziende, magari retribuendo il volontariato o il lavoro “domestico”, incentivare le attività che rispettano l’ambiente, valorizzare il territorio, il turismo, ecc…

In pratica possiamo essere vicini all’ultima possibile rivendicazione da fare come classe “sfruttata”, se non riusciamo a convincere  chi deve decidere, tra qualche anno non avremo più nemmeno la possibilità di rivendicare un diritto attraverso un rapporto di forza, perché non avremo più una controparte…

L’intervento di delegati Sgb di Pisa

All’assise generale di Confindustria, tenutasi pochi giorni or sono, sono state dettate precise indicazioni e priorità ai partiti, senza alcuna mediazione: una nuova spending review fatta di tagli alla spesa pubblica, poderosi tagli fiscali e contributivi per le imprese, finanziamenti a fondo perduto in nome della innovazione, digitalizzazione supportata da precarietà, bassi salari e ristrettissimi spazi di contrattazione sindacale.

Insomma meno soldi nelle casse statali, contributi leggeri per i lavoratori che determineranno pensioni da fame, riduzione della spesa pubblica, un sistema fiscale costruito ad uso e consumo delle imprese, i soldi delle tasse impiegati per aiutare gli industriali, ricette vecchie e a tutti note. 
Ma attenzione: non si tratta solo di semplici proposte, sono piuttosto indicazioni ben definite che hanno già avuto i primi effetti negli scenari politici, dalla Lega che appoggia il voucher e il jobs act fino al Mov 5stelle che dimentica quanto detto e scritto sull’euro e sull’Ue, per non parlare poi del Pd e di Forza Italia che fanno a gara per piegare i loro programmi alle esigenze padronali.
Decontribuzione e pacchetto Industria 4.0, smantellamento del welfare, previdenza e sanità integrativa nei contratti nazionali, ampio spazio alla contrattazione di secondo livello, ecco arrivare le prime proposte forti che per altro sono già da anni in fieri. Industria 4.0 va di pari passo alla precarietà e alla politica dei bassi salari, ha bisogno di delocalizzare produzioni dove il costo orario è abbattuto ai minimi termini, Industria 4.0 alimenta lo sfruttamento  intensivo della forza lavoro e il sistema di controllo tecnologico e repressivo dei lavoratori e delle lavoratrici. Ma per affermarsi, Industria 4.0 ha bisogno di essere accompagnata da altre politiche: dallo smantellamento del diritto di sciopero alle dinamiche dei bassi salari passando attraverso la contrazione dei diritti e delle tutele, degli spazi di democrazia sindacale.

Sicuramente i padroni non parlano a vanvera, non sono come i politici che oggi sono contro la Fornero che hanno votato in Parlamento. L’obiettivo è quello di tagliare lo stato sociale e con i nostri soldi (meno welfare, meno salario, minori diritti) finanziare le imprese e la innovazione tecnologica, abbattere il debito. Continue richieste di tagli fiscali e della spesa pubblica, privatizzazioni e delocalizzazioni, spazi maggiori per i privati in nome della concorrenza, aprire sanità e sociale ad una gestione affaristica, al business se preferite.

Cosa vorrà dire “proporre l’alleanza pubblico-privato”? 

Aprire la strada a nuove privatizzazioni, alle politiche di decontribuzione sulle assunzioni, ai  crediti d’imposta, alla ennesima spending review, a salari inferiori (dopo le tutele crescenti) per i neo assunti.
Al di là delle innovazioni tecnologiche, Industria 4.0 è anche e soprattutto altro, si accompagna a politiche che mirano a devastare i contratti nazionali e la contrattazione, a saccheggiare il pubblico favorendo le privatizzazioni, alimentando lo sfruttamento con tanti lavori sottopagati o gratuiti. E’ forse questo il risultato della innovazione tecnologica? Di sicuro con la tecnologia piegata ai dettami del profitto, invece di lavorare meno si lavora di più e sempre più sfruttati, questo uso dell’innovazione ci sta rinchiudendo in una gabbia, nella prigione delle istituzioni totali.

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