I giudici hanno condannato all’unanimità gli atti compiuti dalle forze dell’ ordine italiane, contro i manifestanti nell’irruzione alla scuola Diaz il 21 luglio 2001.
7aprile 2015 di admin
Di fatto lo Stato italiano ha violato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’uomo, che recita: «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti». Una sentenza che conferma, ancora una volta e nel caso ce ne fosse stato bisogno, il comportamento violento e brutale contro i manifestanti, e condanna l’Italia anche per non essersi ancora dotata di una legislazione adeguata a riconoscere e punire il reato di tortura.
Questa condanna, per certi versi data per scontata, assume tuttavia rilevanza giuridica poiché rappresenta un precedente per quei ricorsi pendenti, presentati da una ventina di persone, non solo italiane, che hanno denunciato di aver subito maltrattamenti e altre violenze sia alla scuola Diaz che nella caserma di Bolzaneto.
Il ricorso fu presentato da Arnaldo Cestaro all’epoca dei fatti 62enne e si trovava nella scuola Diaz, denunciò di essere stato aggredito dagli agenti causandogli diverse fratture, nonostante non avesse manifestato alcuna resistenza ma, al contrario di aver dimostrato il massimo di disponibilità alzando le mani verso una parete. Adesso, con sentenza favorevole, l’Italia ha l’obbligo a risarcirlo con 45mila euro per danni morali.
Si tratta di una sentenza che non si è limitata a riconoscere il reato di tortura, ha voluto anche evidenziare l’inadeguatezza delle Leggi italiane, quelle Leggi che hanno garantito impunità, agli esecutori e mandanti di questi atti. In sostanza, la Corte, ha ritenuto di condannare anche il fatto che, proprio per la mancanza di un riconoscimento giuridico di determinati reati, lo Stato non è in grado di tutelare i cittadini e prevenire il ripetersi di possibili violenze da parte delle forze dell’ordine.
I fatti risalgono alle manifestazioni di Genova in occasione del G8 nel luglio 2001, giorni destinati a restare nella memoria anche perché ci riportano alla morte del giovane Carlo Giuliani, di cui ancora oggi non ne conosciamo una verità ufficiale.
Era la notte del 21 di luglio, quando fu decisa l’irruzione alla Diaz, l’Istituto scolastico dove alloggiavano alcuni manifestanti ma, principalmente sindacalisti del Cobas scuola e giornalisti. Si trattò di un’operazione di polizia senza precedenti, di una violenza inaudita considerate le testimonianze rilasciate dalle vittime e dalle prove del sangue rilevate su pavimenti e pareti, senza considerare gli atti vandalici contro oggetti, porte e vetrate, computer ecc.. Alla fine furono registrati 82 feriti ufficiali, alcuni con gravi lesioni e ricoverati con prognosi riservata. 93 gli arrestati.
17 sono stati i funzionari di polizia condannati per il fatto che tentarono di giustificare l’irruzione con verbali che si dimostrarono redatti in modo del tutto falso, come le bottiglie molotov e le armi ritrovate all’interno ma messe e portate dagli stessi agenti. Decaddero, tuttavia, per prescrizione le condanne legate al reato di lesioni.
Questo il commento di Vittorio Agnoletto, associazione CostituzioneBeniComuni, già’ portavoce del Genoa Social Forum nel luglio 2001:
«Atto doveroso e condivisibile»
La condanna dell’Italia da parte della Corte Europea per le torture commesse nel luglio 2001 a Genova e’ un atto doveroso e condivisibile. Una vergogna annunciata: nell’indifferenza del mondo politico italiano la Corte Europea ci condanna, giustamente, per il mancato rispetto dei diritti umani fondamentali.
A 14 anni dal G8 di Genova e ad oltre trent’anni dalla firma della convenzione internazionale contro la tortura tale reato non e’ ancora stato inserito nel nostro codice.
Sono stati gli stessi magistrati a riconoscere che quella notte alla Diaz e poi a Bolzaneto, furono commesse torture contro persone inermi, pacifiche e indifese e furono gli stessi magistrati a denunciare l’assenza di tale reato nel nostro ordinamento. Le conseguenze furono pene lievi per i responsabili, nessuno di loro trascorse nemmeno un giorno in carcere e tutti restarono ai loro posti (tranne quelli rimossi automaticamente dai magistrati) e molti dei condannati furono addirittura promossi.
Il reato di tortura come fattispecie specifica per i funzionari pubblici e’ previsto nella grande maggioranza dei Paesi europei ed e’ a tutela non di una parte politica,ma di tutti i cittadini. Una polizia che agisce nella legalita’ non dovrebbe avere alcun timore dall’istituzione di tale reato; altrimenti significa dare per scontato che le forze dell’ordine nel compiere il proprio lavoro agiscano contro e al di sopra della legge, e questo e’ inaccettabile in qualunque stato di diritto.
A maggior ragione ora non e’ più rinviabile una legge ad hoc, e non e’ accettabile il silenzio del governo su un argomento tanto delicato.
Con quelle torture e con la notte cilena della Diaz il governo di allora tento’ di distruggere un grande movimento che aveva già’ ben compreso come questo modello di sviluppo dominato dalla finanza avrebbe provocato negli anni seguenti una crisi sociale ed economica senza precedenti.