Fattori e Sarti (Sì): “Verso comunicazione della Giunta e poi verso consiglio regionale straordinario: se Aferpi non è credibile sia credibile la politica. Salvare occupazione e futuro del polo siderurgico”
03agosto 2016 da Sì -Toscana a Sinistra
Tommaso Fattori e Paolo Sarti, consiglieri regionali di Sì -Toscana a Sinistra, hanno presentato in Consiglio regionale una mozione urgente sulla difficile situazione delle acciaierie di Piombino.
Nella mozione si chiedono impegni precisi alla Giunta e al Presidente Rossi che, su questa vicenda, “ci ha messo la faccia” e si gioca il suo stesso mandato istituzionale. La mozione chiede anche l’impegno a convocare una seduta straordinaria del Consiglio regionale per discutere del futuro delle acciaierie, magari da tenersi significativamente a Piombino.
Intanto è stata protocollata una richiesta urgente di comunicazione da parte della Giunta in Consiglio regionale, a prima firma Tommaso Fattori, cui seguono le firme di alcuni consiglieri del PD, fra cui Anselmi e il capogruppo Leonardo Marras, e del consigliere Paolo Sarti, di Sì Toscana a Sinistra.
Secondo Tommaso Fattori e Paolo Sarti “Le notizie delle ultime settimane non sono delle migliori per il polo siderurgico toscano. Dai problemi finanziari del Gruppo Anferpi, acuiti dal deteriorarsi dei rapporti dell’imprenditore Rebrab con il governo algerino al quale era finanziariamente legato, si è ormai giunti alle recenti notizie di un possibile rischio chiusura per le acciaierie di Piombino, considerate le attuali condizioni industriali e finanziarie della nuova proprietà. Mancherebbe ad oggi, infatti, la liquidità necessaria per garantire persino l’acquisto dell’ acciaio per mandare avanti l’attività ordinaria. Si tratta di circa 350milioni di euro mancanti che, se non venissero trovati rapidamente, potrebbero sancire la fine dell’attività dell’acciaieria”.
“Ma in queste settimane c’è stato di più – continuano i due consiglieri – dato che l’accordo firmato a suo tempo tra Regione Toscana, Comune di Piombino, MISE e Aferpi è stato sostanzialmente azzerato dalla nuova proposta del gruppo industriale. Il nuovo piano allunga la tabella di marcia sino al 2020, rischiando di far saltare i livelli occupazionali previsti e di mandare all’aria l’accordo sottoscritto dai lavoratori, ai quali fu chiesto di sacrificare diritti e tutele in cambio della garanzia che i posti di lavoro preesistenti sarebbero stati conservati. Ma a ben vedere quel che salta è l’intera capacità di produzione delle acciaierie, dato che nel nuovo piano di Aferpi non c’è più il secondo forno elettrico. Insomma, viene messo in discussione il possibile recupero del ruolo strategico della siderurgia toscana”.
“Lo abbiamo sostenuto anche nel corso della campagna elettorale per le elezioni regionali: il piano industriale Aferpi non è mai stato credibile, come non è purtroppo credibile la capacità d’investimento del gruppo. Rebrab ha fatto la sua fortuna nel campo agroalimentare e delle concessionarie di automobili e il suo gruppo non è inserito nel sistema globale della produzione mondiale dell’acciaio: è un imprenditore completamente digiuno di esperienza nel settore siderurgico, che non ha ottenuto e non riesce a ottenere credito finanziario da parte delle banche”.
“In questo momento la situazione ha dell’assurdo dato che Aferpi compra il semilavorato da Jidal, il colosso industriale che era stato a suo tempo concorrente nell’acquisto dell’ex Lucchini, e non lo può neppure comprare direttamente da Jidal, data la mancanza di liquidità, ma lo deve fare tramite un intermediario, il trader internazionale Steel Mont GmbH, che gli garantisce credito, con notevoli costi aggiuntivi”.
“Non meno ci preoccupa la questione ambientale e delle bonifiche. Non è chiaro, negli accordi sottoscritti, di chi sia la responsabilità delle bonifiche e chi se ne debba accollare i costi, e non è questione da poco. Chi ha sottoscritto l’accordo, in primis la Giunta regionale, deve chiarire quanto prima i termini della questione”.
Concludono Tommaso Fattori e Paolo Sarti: “Sono quindi due le questioni aperte. Rispetto al nodo ambientale e delle bonifiche, siamo convinti che debbano pagare i responsabili dell’inquinamento storico delle aree. Di certo non possono continuare a pagare i cittadini piombinesi, che hanno dato fin troppo, nè può pagare la collettività toscana. Per quanto invece concerne il piano strategico della continuazione della produzione d’ acciaio di qualità a Piombino e più in generale della capacità del sistema siderurgico italiano di stare sui mercati internazionali, nel malaugurato caso di un default finanziario e di una manifesta incapacità d’ investimento di Aferpi, non sarebbe sufficiente la soluzione prospettata di un intervento da parte di Cassa Depositi e Prestiti. Questa potrebbe essere solo una soluzione tampone. Strategicamente dovremmo piuttosto pensare ad un possibile sistema misto d’ impresa, tramite l’acquisizione di quote azionarie da parte del governo e della stessa Regione Toscana, a garanzia del futuro del polo piombinese ma anche di parte delle politiche industriali nazionali. Almeno la politica sia credibile e capace di trovare vere soluzioni”.
Domani 4 agosto i lavoratori saranno in presidio a Roma, davanti al Mise, in difesa del proprio diritto al lavoro e in difesa del futuro delle acciaierie e dell’economia piombinese.
“Come Sì Toscana A Sinistra siamo parte di questa battaglia. Se l’esito dell’incontro dovesse essere negativo, tocca alla Regione e al governo attivarsi per la difesa e il rilancio produttivo del sito”.