G8 Genova 2001, Nicola Nicolosi: “Gli agenti dovrebbero indossare un casco alfanumerico, i codici identificativi sono necessari”

Le recenti dichiarazioni del Sostituto Procuratore generale di Genova Enrico Zucca (tra i giudici del processo Diaz, riguardanti i fatti del G8 di Genova), ripropongono un tema sempre attuale

Enrico Zucca: “l’11 settembre 2001 e il G8 hanno segnato una rottura nella tutela dei diritti internazionali.”

25marzo 2018 da Democrazia e Lavoro Cgil

Già in passato, e più volte, il pm Zucca aveva duramente criticato l’operato della polizia con riferimento ai fatti di Genova: in particolare, in un dibattito pubblico aveva parlato di una “totale rimozione” delle vicende del G8 e del rifiuto per anni da parte della polizia italiana, diversamente da quella straniere, di “leggere se stessa” per “evitare il ripetersi” di errori. 

Riproponiamo la Dichiarazione di Nicola Nicolosi, Segretario Nazionale Cgil, in data 22 novembre 2012.

“Sono d’accordo con i codici identificativi”. Nicola Nicolosi, segretario nazionale della Cgil, condivide la posizione di Gianni Ciotti, segretario provinciale del Silp di Roma. In un’intervista uscita su “Repubblica”, Ciotti afferma infatti che “gli agenti dovrebbero indossare un casco alfanumerico”. “Sarebbe stato tutto più facile – aggiunge il segretario del Silp – per la magistratura, tanto per cominciare. E poi nell’opinione pubblica non si sarebbe parlato di “polizia violenta” ma di “violenza di una sola persona”. E ancora: “Mi sembrerebbe corretto che anche i manifestanti si presentassero a volto scoperto”.

Nicolosi precisa che “l’uso legittimo della forza non ha niente a che spartire con l’abuso. In tutti i paesi europei, civili, l’identificazione degli agenti non ha mai creato alcun problema. Il principio di responsabilità individuale garantito dall’identificazione dei soggetti impedisce un’indistinta generalizzazione di eventuali abusi dei singoli, a tutela di chi agisce correttamente.

Quello che è successo a Genova, nella scuola Diaz, a Bolzaneto, è ancora una ferita aperta nella memoria dei democratici così come gli episodi che si sono susseguiti in questi anni da Aldrovandi a Cucchi”.

“Non ha senso – dice ancora Nicolosi – la posizione di chi sostiene che l’introduzione dei codici identificativi possa diventare un problema per gli agenti i polizia”; al contrario “sarebbe una garanzia per chi svolge correttamente il proprio lavoro. Contro gli abusi la Cgil ha sempre sostenuto la riforma della polizia e la sua democratizzazione, nel tentativo di affermare i diritti degli agenti non solo sul terreno sindacale ma anche nell’affermazione del ruolo della polizia di Stato in un paese democratico”.

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