
Il Teatro Belli di Roma porta al Centro Artistico Il Grattacielo il grande successo “Il sogno di Ipazia“: martire della libertà di pensiero, icona del pensiero femminile, prima matematica della storia
10marzo 2016, dal Centro Artistico Il Grattacielo
Venerdì 11marzo ore 21.15 torna sul palco del Centro Artistico Il Grattacielo di via del Platano “Il sogno di Ipazia”, dopo l’incredibile successo ottenuto nelle scorse stagioni e la curiosità che ha suscitato a tutti i livelli, trasformando lo spettacolo in un piccolo “caso” nel panorama nazionale: dopo il debutto nella prestigiosa cornice del Castello Odescalchi di Bracciano in occasione di Opere Festival 2009, lo spettacolo è stato in scena ininterrottamente, collezionando oltre 200 repliche in tutta Italia.
L’autore del testo, Massimo Vincenzi, giornalista del quotidiano La Repubblica, ha già scritto per il teatro lo spettacolo “Bird è vivo”, e i monologhi “Gli occhi al cielo”, “La Regina senza corona”, “Alan Turing e la mela avvelenata”, “Ulisse e le sirene”,” Don Parker e Sancho Panza”, tutti diretti da Carlo Emilio Lerici, figlio del drammaturgo Roberto Lerici, che in questa occasione ha affidato la sua pluriennale esperienza al linguaggio forte ed espressivo del teatro narrato. In scena la strepitosa Francesca Bianco, da oltre trent’anni protagonista sulle scene italiane, la cui interpretazione di Ipazia ha suscitato un consenso e un plauso unanime.
Fuori campo, ad interpretare il pensiero politico dell’autorità religiosa, la voce di Stefano Molinari, apprezzato attore, conosciutissimo per le sue partecipazioni in numerose fiction tv. Le musiche, che costituiscono un parte fondamentale dello spettacolo, sono state create da Francesco Verdinelli, le videografie sono create da Giulia Amato.
Lo spettacolo ripercorre la storia di Ipazia (Alessandria d’Egitto circa 370 – 415 d.c.), matematica, filosofa ed astronoma pagana, donna-simbolo per generazioni di donne, amatissima dal pensiero femminista non solo per essere stata una delle migliori eredi del platonismo, scienziata di argute invenzioni, ma soprattutto per aver incarnato libertà e autonomia di pensiero in forme che potremmo dire sorprendentemente “moderne”. Proprio per questo fu perseguitata e uccisa dai Cristiani e per questo è diventata una figura simbolo nella cultura umanista e libertaria di tutti i tempi, da Voltaire in poi, protagonista di studi, riflessioni, opere d’arte, film.
Figlia di Teone, rettore dell’università di Alessandria e famoso matematico egli stesso, Ipazia e suo padre sono passati alla storia scientifica per i loro commenti ai classici greci: si devono a loro le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diofanto.
In un mondo che ancora oggi è quasi esclusivamente maschile, Ipazia viene ricordata come la prima matematica della storia: l’analogo di Saffo per la poesia, o Aspasia per la filosofia. Anzi, fu la sola matematica per più di un millennio: per trovarne altre bisognerà attendere il Settecento! Ma Ipazia fu anche l’inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, oltre che la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica.
Le sue opere sono andate perdute.
Le uniche notizie su di lei ci vengono dalle lettere di Sinesio di Cirene: l’allievo prediletto.
Il contesto storico in cui l’avvenimento ebbe luogo è il periodo in cui il cristianesimo effettuò una mutazione genetica, cessando di essere perseguitato con l’editto di Costantino nel 313, diventando religione di stato con l’editto di Teodosio nel 380, e iniziando a sua volta a perseguitare nel 392, quando furono distrutti i templi greci e bruciati i libri “pagani”.
Gli avvenimenti ad Alessandria precipitarono a partire dal 412, quando divenne patriarca il fondamentalista Cirillo (proclamato Santo e Dottore della Chiesa nel 1882). Il razionalismo di Ipazia, che non si sposò mai a un uomo perché diceva di essere già «sposata alla verità», costituiva un controaltare troppo evidente al fanatismo di Cirillo. Uno dei due doveva soccombere e non poteva che essere Ipazia: aggredita per strada, fu scarnificata con conchiglie affilate, smembrata e bruciata. Il governatore Oreste denunciò il fatto a Roma, ma Cirillo dichiarò che Ipazia era sana e salva ad Atene. Dopo un’inchiesta, il caso venne archiviato «per mancanza di testimoni».
La figura di Ipazia, dopo secoli di colpevole silenzio, sta tornando prepotentemente alla ribalta: trasmissioni radio, televisive, articoli, libri di successo e a Cannes è stato presentato il colossal spagnolo “Agorà” (visto sugli schermi italiani, dopo tante polemiche, alla fine di aprile del 2010).
Per la parte relativa ad Ipazia la narrazione, pur fedele alla documentazione storica, è stata in gran parte liberamente reinventata. Per la parte relativa all’autorità politica i testi sono tratti dai quattro editti teodosiani. Per la parte relativa al vescovo Cirillo sono stati utilizzati frammenti dei suoi discorsi liberamente riadattati, tenendo come guida le testimonianze storiche che ci sono arrivate.
Biglietto intero 12€, ridotto 10€. Per info e prenotazioni: 0586/890093 329/2731207
“Immaginate un tempo quando il più importante matematico e astronomo vivente era una donna.
Immaginate che abbia vissuto in una città così turbolenta e problematica come sono oggi Beirut o Baghdad.
Immaginate che questa donna abbia raggiunto la fama non solo nel suo campo, ma anche come filosofo e pensatore religioso, capace di attrarre un largo numero di seguaci.
Immaginatela come una vergine martire ma non per la sua Cristianità, ma da parte dei Cristiani perché non era una di loro.
E immaginate che il colpevole della sua morte sia stato accolto tra i santi più onorati e significativi della Cristianità.
Non avremmo dovuto sentirne parlare?
La sua vita non avrebbe dovuto essere nota a tutti?
Avrebbe dovuto essere così, ma così non è stato.”