La Rinascita di Livorno dopo la Liberazione

25aprile 2015 di Paola Ceccotti

bombardamenti immagini da altoIl novecento, inauguratosi con la tragedia della prima guerra mondiale, è stato il secolo in cui gli eventi bellici hanno raggiunto una drammaticità senza confini, coinvolgendo le popolazioni civili

25aprile 2015 di Paola Ceccotti

fascismo credito italianoLa memoria della seconda guerra mondiale, guerra totale e guerra civile, è ancora viva in particolare in coloro che nati intorno agli anni del dopoguerra hanno potuto ascoltare dalla voce dei protagonisti testimonianze dirette di quegli avvenimenti.

Ricordo di aver sempre sentito raccontare delle gesta eroiche dei partigiani, della Resistenza, quel movimento coraggioso che riuscì insieme alle forze alleate a liberare l’Italia e l’Europa dal nazifascismo, restituendo ai sopravvissuti la speranza nella rinascita, nella ricostruzione delle fondamenta dello stato a partire dai paletti della democrazia che ben furono fissati nella nostra carta costituzionale. Ma ricordo anche di aver percepito già da bambina una certa ambiguità di fondo nella dinamica tra i protagonisti, in quei racconti dei grandi, avvertendo  una contraddizione quando da una parte si ricordavano le atrocità dei bombardamenti, ma come una fatalità necessaria la cui paternità  sembrava quasi anonima e dall’altra l’esaltazione dell’ingresso vittorioso degli anglo americani che avevano portato la libertà.

piazza grande dopo bombardamentiPiù tardi crescendo ho messo insieme le due cose seppure con molta difficoltà diciamo a livello emotivo; perché la vista delle distruzioni che i bombardamenti a tappeto hanno procurato a cose e uomini, come ritratti nelle foto dell’epoca, non può che commuoverci profondamente, per un fenomeno di empatia per quello che siamo e siamo stati, per i i nostri genitori e nonni, che mi sono apparsi all’improvviso come vittime in un gioco tra forze mondiali ma che pure hanno combattuto e riscattato la loro dignità realizzando le  condizioni affinché oggi potessimo vivere da cittadini liberi.

piazza repubblica bombardamentiAlle domande su chi avesse sganciato le bombe, le risposte erano evasive come se si fosse trattato di un male necessario e tutti i morti innocenti facessero parte del prezzo da pagare, un tributo che nella narrazione veniva messo in secondo piano rispetto al coraggio, l’energia vittoriosa dei liberatori, partigiani e alleati. Ancora oggi nel rivedere le foto di Livorno così implacabilmente distrutta, nel sentire nelle narrazioni dei sopravvissuti le sofferenze, le atrocità subite nei rifugi antiaerei che diventavano gabbie di morte, la disperazione di chi si ritrovava  senza casa, senza niente, mi viene da riflettere sulla entità delle distruzioni provocate dai bombardamenti, pensando che da lassù anche gli uomini sembrano formiche, diventano punti anonimi.

La guerra disonora la dignità dell’uomo, e in una guerra totale non si distingue più tra combattenti e civili.[1]

I documenti anglo – americani[2], a cura di Roger Absalom[3], attraverso cui i nostri liberatori registrano l’evolversi della situazione civile e politica a partire dal loro arrivo, ci danno l’idea della  nostra città all’indomani della Liberazione; tutto era da ricostruire, gli edifici rasi al suolo, la gente che tornava dopo lo sfollamento non ritrovava la propria casa, le istituzioni dovevano essere rimesse in piedi. Questi rapporti redatti in forma sintetica, secca ma efficace ci rendono l’immagine di una città straziata, che gli alleati seguono attentamente nei suoi sviluppi.

piccioni dottVi si delineano gli aspetti principali della vita civile nonché di  alcune personalità livornesi più in vista. Si dice che Mons. Piccioni Vescovo di Livorno[4] per oltre venti anni, è un uomo anziano, molto rispettato dalla popolazione; egli crede che fascismo e guerra abbiano sconvolto l’equilibrio delle persone in modo grave e anche se il senso religioso non ne ha risentito è comunque necessario avviare un’opera di rieducazione, si dice anche che il Vescovo considera come non possa esserci compromesso tra cattolicesimo e comunismo che non si radicherà mai in Italia e che sta godendo soltanto di un successo temporaneo dovuto ad una abile propaganda.

Diaz Furio sindaco livornoIl Sindaco di Livorno è descritto come un giovane brillante su cui indirizzare le aspettative per il futuro.

Il Sindaco avv. Furio Diaz è un uomo di circa trenta anni, è beneducato, ha viaggiato molto e studiato a Londra, Parigi, Germania., è laureato in legge e filosofia. Dall’anno precedente in cui si iscrive (gennaio 1945) ha organizzato la stampa clandestina a Roma insieme ad organizzazioni militari e universitarie, dando l’impressione comunque di essere un comunista moderato che condanna l’uso della violenza a fini politici.

Per cui disapprova in modo forte il partito italiano “Bandiera Rossa”, pensa che il futuro di Livorno dovrà partire dal Porto e si dimostra interessato a stabilire  al più presto contatti con i sindacati.

Tra le personalità veniva indicato anche il leader anarchico Arrigo Catani, membro del Comitato di Liberazione, già combattente nella guerra di Spagna che insieme ai componenti del suo gruppo aveva dichiarato di volere solamente essere democratici ed avere sindacati indipendenti.

La città che vi è rappresentata è un panorama collassato, in cui “c’è una carenza di manodopera. Circa 28.000 persone lavorano per le forze alleate o dei loro fornitori. L’ufficio del lavoro ha fornito 3.476 operai, tra cui la maggior parte  disponibili da Cecina e Collesalvetti. Non ci sono stati scioperi o scioperi minacciati. Controversie di lavoro sono state risolte. I prezzi per l’abbigliamento sono molto elevati, per esempio, un cappello è quotato a circa 1.000 lire (nel 1942-70 lire), un cappotto a circa 15.000 lire (nel 1942 – circa 800 lire), un paio di scarpe 5.000 lire (nel 1942 circa 100 lire).” Per cui nonostante il lavoro era chiaro che sarebbe stato tuttavia impossibile  soddisfare le esigenze urgenti.

barriera margheritaLa situazione dell’acqua era stata parzialmente migliorata; “collegamenti idraulici sono stati fatti per un paio di stabilimenti industriali e commerciali in più ogni settimana”, ma permaneva la carenza di corrente elettrica continua. Il sistema telefonico si prevedeva che sarebbe stato ripristinato su base limitata per uso civile. L’azienda filobus di Livorno aveva un certo numero di autobus che potevano essere messi in funzione se si fossero trovati i pneumatici che mancavano. Attraverso la collaborazione con le forze alleate  25 camion e 125 prigionieri di guerra erano stati resi disponibili per la rimozione delle macerie dalle strade e presi accordi con le unità artificieri per rimuovere le mine.

Si registrava un netto miglioramento della pulizia delle strade della città.;  500 fusti vuoti di olio erano stati trasformati in botti di spazzatura. Ma il canale che circonda la parte centrale della città vecchia presentava un grave problema igienico-sanitario per via delle esalazioni. Si registravano anche fenomeni di giustizia sommaria verso gli ex fascisti, epurazioni spontanee  messe in atto all’indomani della Liberazione con la quasi assenza di epurazioni da parte delle istituzioni giudiziarie.

avanti_popoloIl partito comunista stava guadagnando terreno anche sistematicamente tra le classi contadine, fino a quel momento relativamente “incontaminate”, con un aumento costante. Contemporaneo con questa adesione si era acceso un forte disaccordo tra proprietari e contadini nel distretto di Livorno, sulla vendita di prodotti locali.

Un accordo, imposto dai fascisti nel 1936-37, prevedeva che i mezzadri non potevano vendere i loro prodotti direttamente, ma dovevano consegnarli al padrone di casa per la vendita. Il 70% dei profitti di questa vendita veniva quindi divisa tra le due parti, e il 30%  mantenuto come riserva. I mezzadri ora volevano che questo accordo fosse abolito.

“Vogliono controllare la vendita di prodotti e  ripartizione degli utili stessi. I proprietari terrieri hanno finora rifiutato di venire a patti. Di conseguenza, i contadini si rifiutano di consegnare i loro prodotti e i padroni di casa fanno rappresaglie rifiutando di riparare case coloniche o fornire fertilizzanti, ecc” Nei documenti si riteneva possibile che questo stato di cose potesse provocare scontri armati. La vita della città stava comunque rinascendo, pur attraverso ferite antiche e nuovi conflitti che la guerra aveva esacerbato;  “i partiti politici a Livorno Comune, in particolare i comunisti, stanno facendo forti progressi” e si ritiene che alcuni dei giovani che “erano così – cosiddetti partigiani o fascisti fino a pochi giorni prima dell’arrivo degli Alleati hanno ancora armi e munizioni, ma “la situazione non può essere considerata sufficiente motivo di allarme”.[5]

Si sentiva la necessità di ricondurre la vita verso percorsi normali lasciando alle spalle gli orrori della guerra. Mancavano però ancora i presupposti: mancava l’elettricità, non c’era la radio, tutti i cinema erano stati requisiti dagli Alleati, mentre i Livornesi chiedevano che almeno due venissero riservati alla popolazione civile. Il morale era basso, i giornali scarsi, gli alleati ritennero  allora che c’era bisogno di organizzare un centro di rinascita culturale che funzionasse anche da  propaganda alleata a Livorno.

Tale centro venne presto individuato. logo belforteE Il sig Belforte, che aveva un bookshop al n. 10 via Ricasoli, venne ritenuto adatto a questo scopo e diventò il riferimento per la vendita di pubblicazioni come “Victory”, “Il Mese”  ed altre per cui c’era una grande richiesta.[6]

Sarebbe diventato negli anni futuri, il riferimento di tutti quelli che amavano leggere, informarsi, in un ambiente dove la cultura veniva servita con modestia e semplicità dell’amore per la conoscenza.

[1] Vedi  E. Traverso,  A ferro e fuoco, ed. il Mulino, 2007

[2]Gli Alleati e la ricostruzione in Toscana (1944-45). Documenti anglo-americani“, a cura di R. Absalom, Firenze, Olschki, 2

[3] Absalom Roger 1929 – 2009 ott. 9, storico, (1929 – 2009), SIUSA. Ufficiale britannico durante la campagna d’Italia, dove conosce direttamente situazioni e ambienti della Resistenza, vive in Italia negli anni ’50. Tornato in Inghilterra, tra il 1960 e il 1973 insegna lingua, letteratura e storia italiane presso la Anglia Polytechnic University di Cambridge, e dal 1973 presso la Sheffield Hallam University. Le sue ricerche storiche vertono soprattutto sulla storia italiana nel periodo della Seconda guerra mondiale e della ricostruzione postbellica. Tra i suoi saggi ricordiamo “Gli Alleati e la ricostruzione in Toscana (1944-45). Documenti anglo-americani”, Firenze, Olschki, 2 voll. 1988-2001

[4] Op.cit. pag. 688

[5] Ivi, pag 259

[6] Ivi,pag. 719

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