Un epilogo, quello del concordato in Aamps, che aleggiava sull’azienda da molti anni
7 dicembre 2015 da Carmine Valente, Democrazia e Lavoro Cgil Livorno
Una fine che molti temevano ed alcuni lucidamente prevedevano fin dall’arrivo in azienda nel 2012 del “super” amministratore unico Angelo Rosi. In questi ultimi sei anni molte volte i lavoratori di Aamps e i sindacati hanno avuto incontri sia formali che informali con i vertici aziendali e con il socio unico proprietario, il Comune di Livorno, nella figura del sindaco pro tempore. Non con l’attuale sindaco che degno seguace del proprio guru nazionale manifesta un radicato pregiudizio antisindacale per cui il confronto vi è stato solo quando imposto dagli eventi e dalla determinazione delle lotte.
Il motivo di questi incontri è stato sempre il solito, la preoccupazione dei lavoratori per il futuro dell’azienda. Ogni volta vi sono state rassicurazioni sulla situazione finanziaria e promesse vaghe sui piani di investimenti industriali che immancabilmente venivano disattese e portavano nuovamente i lavoratori sulle scale del comune. Solo per fare un esempio il Biodigestore di cui in questi mesi si è tornato a riparlare con insistenza in quanto uno degli investimenti indispensabili per gestire una raccolta differenziata spinta, se ne parlava già come cosa fatta nei primi mesi del 2010, tanto che il 25/2/2010 il sito della Confindustria locale ne dava notizia come prossima realizzazione. Sul piano finanziario a seguito di insistenti campanelli di allarme, il sindaco Alessandro Cosimi in una nota del 17/4/2010 comunicava alla cittadinanza che il bilancio dell”Aamps 2009 si chiudeva come quelli dei precedenti quattro anni con un utile di esercizio. Contemporaneamente, però, nella stessa nota si dava atto che nel periodo 2006 – 2009 si era registrata una evasione della tariffa sui rifiuti del 14,2%, pari a 21 milioni di euro.
Ripercorrere le vicende della ex municipalizzata a partire dai primi anni 2000 ad oggi ci permetterebbe di scrivere un romanzo dalla trama molto intrigata, fatta di grossolani errori, di scelte ondivaghe sulla gestione del ciclo dei rifiuti, di strade percorse in un senso per poi ritornare sui propri passi.
L’esternalizzazioni nei primi anni 2000, alla quali anche la Cgil non si oppose, segnano sicuramente uno dei punti più bassi nella storia della municipalizzata. Si esternalizzano tutta una serie di servizi, peraltro affidandoli a più soggetti, per lo più cooperative, che abbassano complessivamente i livelli salariali e peggiorano le condizioni di lavoro. Lo stesso rottamatore di aziende decotte Angelo Rosi, chiamato nel 2012 dal sindaco Cosimi a rimettere in carreggiata l’Aamps, afferma che l’esternalizzazione dello spazzamento genera un aggravio di costi di 800.000 euro/anno. Quindi peggioramento per i lavoratori e aggravio per l’azienda.
Sul piano finanziario il colpo decisivo viene dal passaggio da Tassa sui rifiuti urbani a Tariffa di igiene ambientale (TIA) che a Livorno avviene nel 2006 e si protrae sino al 2012. Con l’avvento della Tia la riscossione passa direttamente ad Aamps. Operazione che si dimostrerà disastrosa in quanto in assenza di sufficienti introiti dalla riscossione, a causa di un livello di evasione insostenibile costringe Aamps ad accedere a mutui con un sempre maggior indebitamento con le banche. Il rapporto con le banche meriterebbe un approfondimento anche da parte della autorità giudiziaria visti gli interessi prossimi allo strozzinaggio che sono stati denunciati dallo stesso amministratore unico Chioni, ma inascoltato sia dalla amministrazione PD sia da quella pentastellata. Situazione che ha poi portato all’avvento di Rosi ed alla sua moratoria. Senza il buco provocato dalla evasione lo scenario sarebbe stato molto diverso, benché rimanessero problemi derivanti da una non proprio ottimale allocazione delle risorse, sia in termini organizzativi che impiantistici. Infine la decisione di attivare il Porta a Porta nel quartiere della Venezia come spot elettorale del PD poi ripreso e ampliato da M5S, in assenza di in impiantistica adeguata, ha dato il colpo finale.
L’assenza di una strategia di lungo periodo sulla gestione dei rifiuti completa il quadro. Nel mentre si propaganda la raccolta differenziata, si avviano gli studi per incrementare quella che viene chiamata termo-valorizzazione, ma che per tutta la città è l’inceneritore. Per incrementare una terza linea sull’impianto esistente si sono “bruciati” 2,5 milioni di euro, salvo poi abbandonare l’idea non senza nel mentre aver ipotizzato la costruzione di un nuovo mega inceneritore. L’attuale giunta pentastellata ha definitivamente cestinato il progetto orientata com’è alla raccolta differenziata spinta, ma rimane da comprendere come questa scelta possa convivere con l’affidamento dell’azienda ad un “commissario” del tribunale, che molto più probabilmente piegherà i creditori e aprirà la strada ad una gestione privata.
Le reiterate richieste da parte dei sindacati, ed in primis dalla Cgil, di un serio piano industriale portarono a contestare duramente la gestione straordinaria che l’allora sindaco Cosimi affidò ad Angelo Rosi, c’era la consapevolezza che i problemi finanziari che Rosi governò con la moratoria con i creditori, non avrebbero risolti i problemi dell’azienda, da qui la richiesta di una direzione aziendale con capacità tecno-organizzative specifiche del settore. Le successive direzioni non hanno brillato sul piano industriale anche se i margini economici entro cui agivano erano limitati se non nulli.
A complicare il tutto c’era e c’è la prospettiva di far confluire Aamps in Reteambiente, ovvero in un soggetto di area vasta (ATO Costa), soggetto che è previsto da una legge regionale e che vedrà la partecipazione di un soggetto privato al 45%, ma che di fatto avrà la gestione della nuova società. Prospettiva di privatizzazione che nonostante il referendum sulla ripubblicizzazione dell’acqua vede schierato il PD a favore e una opposizione minoritaria in Cgil, anche se la categoria di riferimento la Fp Cgil anche in questi giorni ha ribadito la propria contrarietà ad una ipotesi di privatizzazione sollecitando la giunta Nogarin a impegnarsi congiuntamente su questo obiettivo. Il ritardo di Reteambiente nel costituirsi in questo ambito territoriale ha probabilmente spiazzato chi pensava di poter risolvere tutti i problemi confluendo in un calderone più grande.
Sulla situazione di Livorno si sono catalizzati ritardi, errori di gestione, confusione sui progetti industriali, tutti di natura locale, ma anche ritardi e confusione a livello regionale su quella che dovrà essere la gestione dei rifiuti a lungo termine e certo nessuno aiuto è venuto dallo Stato che ad oggi, nonostante “La gestione integrata dei rifiuti introdotta in Italia con il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 “ non ha sviluppato una coerente iniziativa verso le comunità locali per dare conseguente attuazione a modalità di smaltimento che rispettassero l’ambiente, anzi ha favorito con incentivi l’uso degli inceneritori.