30dicembre 2015 da Mahmud Hamad, Associazione di Amicizia Italo-Palestinese e Franco Dinelli, Per Pax Christi
Chiamati direttamente in causa dalla lettera di Guido Guastalla, come facenti parte” di una piccola frangia di estrema sinistra, terzomondista e filo palestinese”, anche a nome della Associazione di Amicizia Italo-Palestinese vorremmo ribadire con forza il nostro pensiero, “profondamente” sì, “violentemente” no, antisionista perché il movimento sionista segue un’ideologia colonialista e razzista che prevede la costituzione di un stato etnico e l’epurazione di quanti non abbiano le caratteristiche giuste per appartenervi, i palestinesi per primi.
Gli atti portati avanti dai governanti israeliani per raggiungere questo obiettivo fanno parte della storia e della cronaca quotidiana, a partire dall’espulsione di 800.000 indigeni palestinesi nel 1948 per arrivare al muro di separazione, ai checkpoint e alle incarcerazioni arbitrarie.
Vorremmo contemporaneamente rigettare l’ingiustificata accusa di atteggiamenti antisemiti che non ci sono propri e che condanniamo e, vorremmo invitare il signor Guastalla a dire in quali momenti e con quali espressioni li abbiamo mai manifestati.
Le giornate pro-Palestina a cui ci si riferisce nella lettera sono state giornate in cui sono stati illustrati i comportamenti criminali del governo e dell’esercito israeliano verso i cittadini palestinesi di Gaza e Cisgiordania, non sono state chiamate in causa questioni religiose anche perché, noi per primi, riteniamo che ciò che avvenuto e avviene in Palestina sia una questione politica e non religiosa.
Ci stupisce la confusione che il signor Guastalla fa tra antisionismo ed antisemitismo e ci stupisce altresì il suo sentirsi chiamato in causa, in quanto membro della comunità ebraica e non membro dello stato israeliano, dall’ormai vecchio striscione “Israele assassino”. Il nostro rispetto per la religione ebraica è pari a quello per le altre religioni e, non essendo esperti in materia, mai abbiamo affrontato nello specifico queste materie, ma siamo convinti che l’appartenenza ad una religione non coincida con l’essere membri di uno stato specifico.