Si è tenuta ieri al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo la presentazione del libro di Elisabetta Arrighi “Moby Prince, novemila giorni senza verità”
10aprile 2016 di Paola Ceccotti
La presentazione nella sala conferenze del Museo di Storia Naturale alla presenza di un folto pubblico in maggior parte familiari delle vittime. Si sono avvicendati quali relatori rappresentanti delle istituzioni, dei familiari, nonché l’avvocato di parte civile Bruno Neri.
Alessandro Franchi, Presidente della Provincia di Livorno, ha ricordato come al tempo della tragedia fosse Sindaco di Rosignano e lui, cittadino di Vada, ne sia stato toccato personalmente perché tra i morti c’era Alessandro Bisbocci di pochi anni di lui più grande, che conosceva bene, come la sua famiglia, perché in un piccolo centro come Vada ci si conosce tutti, e gli affetti sono parte delle relazioni tra le persone. Verità e giustizia, sono questi gli appelli che vengono gridati da tutti e che sono divenuti l’obiettivo della commissione del Senato da poco istituita, presente alla celebrazione del 25° Anniversario con il suo presidente Silvio Lai.
L’uscita del libro è un ulteriore tassello nella ricostruzione dei fatti così come sono avvenuti e sono stati raccontati dalla voce dei familiari, e rappresenta un monito a non dimenticare.
L’autrice ha cercato di mettere insieme i fatti, di dare un senso all’accaduto attraverso la ricomposizione della narrazione degli avvenimenti, per restituire ai familiari un significato e per ribadire che ancora nulla è dimenticato, ma che è necessario procedere nelle indagini per squarciare il velo del silenzio, e non solo di quella nebbia a cui è troppo semplice attribuire l’unica causa del disastro.
Finalmente la Commissione parlamentare ha iniziato i suoi lavori ma purtroppo non ci sono più i corpi del reato, le navi sono state ambedue rottamate. E’ però impensabile che la rada di Livorno, il 10 aprile del 1991, ai tempi della prima guerra del Golfo, non fosse osservata dall’alto; uno dei compiti della Commissione sarà quello di avere dalle autorità statunitensi i tracciati radar e le immagini satellitari della rada di quella notte, dove si dice fossero presenti almeno cinque navi militari americane.
Il senatore Marco Filippi, componente della commissione d’inchiesta e proponente della sua istituzione, avvenuta peraltro con l’adesione di tutte le forze politiche, concorda con l’esposizione disegnata dall’ autrice, conferma che la commissione ha ben presente il quadro della situazione sui punti non risolti e sta lavorando in modo scrupoloso anche se vi sono gravi limiti nel riprendere in mano una situazione dopo 25 anni, per questo sta provvedendo ad audizioni per ricostruire le testimonianze. Si tratta comunque di evidenziare due momenti: il primo, quello della collisione, su cui i nodi problematici sono particolarmente forti in mancanza dei tracciati, e quello della seconda fase, dei soccorsi, su cui si la Commissione sta lavorando, con la rabbia di indagare su un disastro avvenuto a poche miglia dalla costa .
Francesco Gazzetti oggi consigliere regionale, al tempo dei fatti giornalista sul posto come Elisabetta Arrighi, ricorda le sue impressioni e le immagini scattate allora da Riccardo Repetti che sono una testimonianza diretta dei fatti. Il libro è la dimostrazione che a distanza di 25 anni non c’è stata verità e giustizia, ma il fatto che la comunità dei familiari torni a ritrovarsi ogni anno con lo stesso dolore e rabbia è un segno di continuità e determinazione.
In occasione del 25° Anniversario viene inaugurato in Fortezza Nuova, il Monumento di Federico Cavallini ispirato proprio alla tragedia, si tratta di Koningin Jiuliana, “una installazione che prende in prestito il proprio nome dalla nave da crociera che divenne il Moby Prince soltanto quando fu acquistata dalla Nav.Ar.Ma S.p.A. nel 1985”. È una scultura cubica ottenuta con ferro da imbarcazione, battuta simbolicamente 140 volte con strumenti di demolizione, azione documenta con una traccia audio all’interno dello stesso monumento, “come fosse una scatola nera in grado di assorbire non soltanto dei potenziali ultimi suoni apparsi sul mezzo, ma anche i segni di una corruzione forzata e volta a rendere impossibile la scrittura di una storia condivisa” (M. Luchetti “140”).
L’avvocato Bruno Neri si è occupato da subito della vicenda incaricato da gruppi di familiari ed ha quindi seguito il percorso delle indagini e i vari accertamenti tecnici. Si è parlato di errore umano ma quella sera, erano le 22,15 ed il mare era calmo, la Moby era appena uscita dalla Vegliaia. Varie ipotesi sono state fatte: dalla nebbia improvvisamente calata, lo scoppio di una bomba a bordo, che nella Moby avessero abbandonato la plancia per vedere la partita di calcio semifinale Coppa delle Coppe Juventus – Barcellona, o che un ostacolo si sia frapposto improvvisamente alla direzione del traghetto, o ancora il mal funzionamento di apparati di sicurezza. Sui soccorsi la soluzione giudiziaria non è sembrata soddisfacente quando viene dato credito alle conclusioni secondo cui tutti sono morti in mezz’ora, mentre altre perizie ritengono che le persone a bordo siano rimaste in vita anche per due ore. Dalla comunicazione della collisione da parte dell’Agip Abruzzo, in cui si sosteneva che erano stati investiti da una nave, ricorda l’avv. Neri, per un’ora non è avvenuto niente. Il legale nella sua audizione di fronte alla commissione del Senato, i cui lavori sono pubblicati sul sito del Senato, ha anche dichiarato di ritenere insostenibile le tesi della nebbia o dell’errore umano come causa del disastro, avanzando l’ipotesi di un cambiamento di rotta del traghetto, determinato probabilmente dalla necessità di evitare un’altra imbarcazione frappostasi sulla sua rotta, ipotesi pare suffragata dalla testimonianza di un pescatore, ma ha anche detto di non ritenere impossibile un traffico clandestino di armi, fatto che spiegherebbe le tracce di esplosivo a bordo. Nel rimarcare le sue critiche alla Capitaneria di porto, ha denunciato come all’epoca mancasse un piano organizzato dei soccorsi e ciò spiega la grande confusione generata quella notte in Capitaneria, ricordando però anche l’avaria nella timoneria, la mancanza di una segnalazione di allarme in plancia di comando e in sala macchine, nonché le carenze dell’impianto di antincendio.
A conferma delle gravissime carenze dei soccorsi, salta agli occhi l’imbarazzo mostrato dagli ufficiali della Capitaneria di porto durante il processo. L’avvocato ha infine denunciato come le indagini siano state viziate dalla nomina di consulenti, da parte del procuratore della Repubblica, che si sono rivelati incapaci ad affrontare le problematiche di un disastro in mare, sicché il processo da subito ha mostrato gravi limiti, a cominciare dall’archiviazione della posizione dell’armatore Vincenzo Onorato (Legislatura 17ª – Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince – Resoconto sommario n. 10 del 23/02/2016).
La serata si è conclusa con gli interventi dei presidenti delle associazioni dei familiari degli scomparsi, che hanno confermato la volontà di battersi per raggiungere verità e giustizia. I rappresentanti delle associazioni dei familiari hanno dichiarato che se sul fronte delle cause non si può al momento, in mancanza dei tracciati, arrivare a conclusioni, sulla parte dei soccorsi invece è evidente la mancanza di organizzazione ed il ritardo.
Loris Rispoli, presidente dell’associazione Moby 140, ha tenuto a confermare la sua fiducia nella commissione d’inchiesta, la cui istituzione ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale questa tragedia, definita la più tragica della marineria civile, e forse fino ad ora un po’ sottaciuta e limitata all’attenzione locale e regionale