Modello Piombino e piano agroindustria: a rischio gli annunciati 700 posti di lavoro?

Il progetto Piombino agroindustria sarà realizzato?

3febbraio 2016 da Gruppo Minoranza Sindacale – Camping CIG, Piombino

Rossi con CevitalVorremmo ricordare ai nostri rappresentanti sindacali che, il piano industriale prevede, oltre al progetto siderurgico, al porto e logistica, anche il progetto Piombino agroindustria, con un investimento stimato in 220 milioni di euro.

Ad oggi, in riferimento a tale progetto, niente è stato fatto e/o detto, nonostante preveda  l’occupazione di 700 lavoratori oltre agli addetti nell’indotto.

Da sottolineare che non si tratta di agroalimentare (zuccherifici o altro) come inizialmente propagandato come elemento ulteriore di una green economy ma di agroindustriale, frantumazione di semi oleosi e distillazione per bio diesel, perciò unitamente all’occupazione stabile deve marciare la garanzia di prodotti e processi produttivi di qualità sociale e ambientale: il fumo non è pane, neppure quello dell’agroindustria Cevital, altresì servono garanzie preventive e controlli precisi, che impegnino l’azienda a lungo termine “con” e “per” il territorio, non solo “nel” territorio in quanto limone da spremere.

Per il nuovo porto (che, salvo imprevisti, sarà pronto nel 2020) e logistica  sono già state create due società: la Cevitaly-Logistics SpA e la Piombino Logistics SpA , per il progetto siderurgico  è già operativa AFERPI SpA ma, soltanto con i laminatoi e a marcia molto ridotta, mentre per il progetto Piombino agroindustria nessuna società è stata costituita nello specifico e non si trova traccia di informativa del progetto o documentazione propedeutica negli uffici competenti. Inoltre il patron di Cevital  Rebrab lamenta, l’impasse autorizzativo su un analogo progetto di frantumazione di semi oleosi ecc.. in Algeria; se costruisce quello, non crediamo faccia un doppione in Italia.

Pertanto invitiamo i nostri rappresentanti sindacali ad accertarsi e verificare a che punto è l’iter autorizzativo.

Il 6novembre 2016 è sempre più vicino, data in cui AFERPI si è impegnata ad assumere tutti i lavoratori e dense nubi nere si approssimano per quei  700 lavoratori della Lucchini e Lucchini Servizi e dell’indotto in cassa integrazione o licenziati che dovrebbero essere collocati nel settore agroindustriale  ad oggi molto lontano dalla realizzazione  .

Siamo molto preoccupati per il dilatarsi, sempre più, dei tempi di attuazione del piano industriale presentato dall’Azienda, per questo chiediamo ai nostri rappresentanti sindacali, che nel prossimo incontro l’ 11febbraio a Roma c/o il MISE, oltre alla richiesta e conferma della  data di acquisto e tempi di consegna , chiavi in mano, della nuova acciaieria, “perché parlare solo di forno elettrico è estremamente riduttivo“, impianto che non sarà pronto, oggettivamente, per il 31dicembre 2016, si dovrà parlare e pretendere conferme sulla realizzazione del progetto agroindustriale, per il ricollocamento di 700 lavoratori in CIG che altrimenti avranno solo la certezza matematica di passare dalla CIG di Lucchini SpA in As e Lucchini Servizi Srl in As alla CIG di AFERPI per lunghi anni ancora e poi chissà.

In ogni caso I lavoratori devono sapere che, considerando  le stime temporali di massima  per l’attuazione del progetto Piombino agroindustria ,(consistente nella realizzazione delle attività previste dal piano industriale e la dimissione degli impianti esistenti, oltre agli interventi di MISO, come descritto dall’Azienda  nel documento di Proposta di Strategia di intervento, per la Messa in Sicurezza Operativa in data Aprile 2015), senza imprevisti e ulteriori  ritardi  (ad oggi siamo già in ritardo di 7 mesi), il progetto agroindustriale, si presume, potrà essere terminato a marzo del 2021 più il ritardo già accumulato, di conseguenza imponendo il prolungarsi del periodo di enormi sacrifici e dolorose rinunce a carico dei  lavoratori e delle loro famiglie ledendo ancora di più  la loro dignità. Da qui la necessità improrogabile di un intervento governativo per garantire un reddito (che non sia di ammortizzatori sociali) ai lavoratori senza occupazione per opere straordinarie di sistemazione e rilancio del territorio.

Infine rileviamo che, in tutta questa vicenda, i nostri rappresentanti sindacali, per quanto concerne l’informazione ai lavoratori, la democrazia partecipata e la rappresentanza, abbiano ancora ampi margini di miglioramento.

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