Speriamo che sia chiaro a tutti i cittadini e le forze sociali che REA e RIT si stanno “facendo belle” per entrare con più forza dove non dovrebbero entrare, cioè in Retiambiente spa.
25marzo 2016 di Monica Pecori e Maurizio Marchi, Medicina Democratica
Retiambiente è la superazienda, da Massa a Piombino, che sarà penetrata da un super-privato, in spregio al referendum del 2011, in cui 27 milioni di italiani votarono “fuori i privati dai servizi pubblici”. Il Comune di Rosignano ha già comprato, con i nostri soldi l’8,10 % delle azioni di questa superazienda fantasma con appena 120.000 euro di capitale sociale.
Rea-Rit, ora completamente pubbliche, non contente dell’esperienza disastrosa di 22 anni (dal 1993 al 2015) con un socio privato, poi pluricondannato e finalmente liquidato 3 mesi fa, stanno per ripetere lo stesso tragico errore, cambiando partner privato, che ovviamente punterebbe ai suoi obiettivi (profitto), e non ai “buoni propositi” dei nuovi dirigenti di RIT.
Ma sono veramente buoni i propositi di questi ultimi? Tutt’altro.
Hanno l’obiettivo di mantenersi al potere e agli incassi milionari almeno fino al 2034, con un programma di impiantistica feroce, che è l’esatto opposto di una politica verso i rifiuti zero – che si basa sulla consapevolezza e il coinvolgimento popolare, sia per la riduzione dei RSU che dei rifiuti industriali – per il superATO Costa e per la nostra zona. L’impiantistica infatti ha bisogno di grandi quantità di rifiuti per alimentarsi e ripagarsi, e tutto lascia prevedere che continueremo ad importare ben 460.000 tonnellate l’anno di rifiuti, urbani e speciali, come avvenuto finora.
Entriamo nel merito. Nonostante la trasparenza sbandierata dalla nuova dirigenza, non si rinviene ancora il progetto del biodigestore, che sembra il cuore del rilancio e della “continuità” di Scapigliato, un impianto da 12/13 milioni di euro. Se realizzato, comunque dopo una regolare Valutazione d’impatto ambientale tutta da verificare, questo impianto richiederebbe enormi quantità di rifiuti organici, sicuramente non rinvenibili “a filiera corta”, cioè nella nostra zona.
Continuerebbe pertanto l’importazione di rifiuti da mezza Toscana, con tutte le conseguenze che già conosciamo bene, soprattutto gran traffico e “odori”. Occorre sapere fin d’ora che i biodigestori sono impianti molto “odorigeni”, vanno caricati di rifiuti organici continuamente, residuano scorie che devono essere analizzate nella loro composizione, prima di un loro eventuale riutilizzo, e soprattutto producono biometano e anidride carbonica. Il biometano è un prodotto ad alto rischio esplosione e incendio, e se stoccato in quantità sopra una certa soglia, l’intero impianto è soggetto al DLgs 105-2015, la cosidetta Legge Seveso 3. I proponenti dovranno spiegarci come smaltirebbero l’eventuale surplus di biometano in caso di malfunzionamenti, se ad esempio in torcia.
Sono centinaia gli incidenti avvenuti in biodigestori (si vedano i 90 incidenti in Germania, sul sito di MD), esplosioni, incendi e trabocchi di materiale tossico. Inoltre la combustione di biometano in una centrale elettrica eventualmente affiancata (MD stima che i generatori attuali non sarebbero sufficienti a bruciare questa nuova notevole quantità di gas) emette sostanze nocive come ossidi di azoto e polveri sottili.