L’art. 1 comma 611 della legge di stabilità 2015 prevede un “Piano di razionalizzazione delle società partecipate locali” non senza una sequela di contraddizioni tra le varie bozze presentate alla Camera e al Senato.
31gennaio 2015 di Federico Giusti Cobas pisa
Qui non si tratta di stabilire l’iter di un percorso avviato con la spending review da Cottarelli, poi in parte contraddetto dal Governo Renzi con il richiamo della Corte dei Conti, per i tagli non indiscriminati, pena il default degli enti pubblici.
Quello che emerge sono soltanto i tagli, con l’obbligo di avviare piani di razionalizzazione miranti a sopprimere numerose società partecipate e conseguenti posti di lavoro, senza per altro criteri oggettivi. Saranno pertanto soppresse quelle aziende non appetibili al mercato, con il risultato che verranno ridotti anche alcuni servizi essenziali.
Sarebbe auspicabile avere dei dati certi su quante società saranno liquidate e sul personale in esubero, sulla ricollocazione dello stesso (dove, con quali contratti, e a che livelli retributivi) perché nel binomio occupazione e funzioni essenziali si giocano le due partite rilevanti su occupazione e servizi pubblici.
Ecco perché bisogna guardare con attenzione al termine del 31 marzo 2015 per i piani di razionalizzazione delle società che competono ai sindaci. Il sindacato, la società civile, i partiti devono entrare nel merito di questi piani e non aspettare la fatidica data, sono in ballo posti di lavoro (decine di migliaia) e il futuro dei servi pubblici. Stare in attesa che Governo e Enti locali decidano senza prima un confronto politico e con le parti su criteri e finalità dei processi, sarebbe un grave errore politico e sindacale, con il rischio di regalare alle privatizzazioni società e patrimoni pubblici.
Una storia già vista con le privatizzazioni degli anni novanta, per non parlare poi di come saranno utilizzati i capitali liquidati, proprio in memoria delle negative esperienze passate, che li hanno visti sparire nel magma delle speculazioni finanziarie.