Questa è la storia di Konstantina, immigrata, donna delle pulizie, precaria. Provarono ad ucciderla perché denunciava la sottrazione di salario e diritti alle donne come lei. Ora è deputata europea. Si batterà contro l’austerity e contro i populismi

di Checchino Antonini

1Nella pattuglia di eletti di Syriza al Parlamento europeo ci sarà anche Konstantina Kouneva, ora cinquantenne, immigrata in Grecia dalla Bulgaria, leader del Sindacato dei pulitori e dei domestici, il Pecop. Nel 2008, mentre lavorava come addetta alle pulizie per la Oikomet (che fornisce servizi in subappalto alla ferrovia del Pireo) è stata aggredita con acido solforico (vetriolo). Era il 22 dicembre 2008 e ci furono proteste e scontri con la polizia greca durante gli eventi della Dekemvriana. Sugli striscioni c’era scritto “Kostandinka, non sei sola”. La protesta è continuata almeno fino al 22 gennaio 2009 coinvolgendo 3mila persone fronteggiate dalla polizia con i gas lacrimogeni. L’attacco è stato descritto come il più grave assalto a un sindacalista in Grecia negli ultimi 50 anni.

Konstantina era arrivata sette anni prima in Grecia, laureata in storia, e si è sempre battuta per i diritti delle ”schiave moderne”, le addette delle pulizie, l’unico mestiere che le fu offerto. Per questo tentarono di ucciderla. L’8 marzo del 2009 divenne il simbolo della festa della donna; qualche giorno prima, nella notte fra il 3 e il 4 marzo, una ventina di uomini con le facce nascoste da maschere di Carnevale ha dato fuoco ad alcuni vagoni della metropolitana Kifissià-Pireo, fermo nella stazione di Kifissià, sobborgo chic di Atene, proprio “per vendicare Konstantina Kuneva”, come il gruppo ha poi rivendicato su Internet, firmandosi “Banda della coscienza rivoluzionaria”. All’Oikomet, la ditta di pulizie di cui la signora bulgara era dipendente precaria (e che “affitta” i servizi dei suoi addetti a imprese pubbliche su scala nazionale), le donne erano costrette a firmare contratti “in bianco” di cui non ricevevano mai la copia. Lavoravano 6 ore al giorno ma ne pagavano loro solo 4,5 in modo da non raggiungere mai le 30 ore settimanali, limite oltre il quale l’attività viene riconosciuta come lavoro usurante, con i relativi benefici contributivi previsti dalla legge. Anche la tredicesima veniva decurtata arbitrariamente dalla società.

Kostantina Kuneva è sfuggita per un pelo alla condanna a morte quella notte del 23 dicembre che un gruppo di sconosciuti l’ha aspettata sotto casa, nel sobborgo popolare di Petralona, e le ha gettato vetriolo sul viso e sulle spalle, costringendola persino a ingoiare dell’acido, per tapparle la bocca per sempre. Ha perduto un occhio. S’è sottoposta a tre operazioni chirurgiche: interventi plastici ricostruttivi, in attesa di curare a fondo anche gli organi interni bruciati dal veleno, stomaco e polmoni. Le cure sono state pagate grazie ad una maxi colletta che, grazie a un appello lanciato da Liberation, varcò i confini dello stato greco dove un’immigrata non ha diritto alla previdenza sociale.

Konstantina ricominciò a parlare, con l’aiuto di una macchina specifica, prima, comunicava toccando il viso e scrivendo a fatica messaggini su foglietti di carta. Ha cicatrici sul viso e sulle mani, già segnate da anni di lavoro duro, e che hanno cercato di difendersi dagli aguzzini come hanno potuto. Le sue colleghe hanno occupato nel 2009 gli uffici amministrativi della ferrovia e hanno ottenuto che il contratto con la Oikomet fosse stracciato, e di essere assunte a tempo indeterminato.

Pubblicato su Popoff Globalist

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