Sanità: Troppe file al pronto soccorso?

In tutta la penisola, da Nord a Sud, ci imbattiamo in innumerevoli proteste di cittadini e sindacati contro la riduzione del servizio delle guardie mediche

7gennaio 2017 da Delegati e lavoratori indipendenti, Pisa

E’ di questi giorni la notizia di numerosi Pronti soccorsi presi di assalto durante le feste natalizie , congestionati dall’utenza e non attrezzati a smaltire in tempi ragionevoli le liste di attesa. Anche i pronti soccorsi delle principali città toscane hanno dovuto fronteggiare una ermergenza durata troppe ore.
E’ evidente un doppio malessere, quello dei cittadini utenti che aspettano ore per essere visitati e quello degli operatori di Pronto soccorso con organici spesso esigui. Ma come stanno le cose e soprattutto esistono soluzioni?

“La prima risposta è scontata: basterebbe rimuovere i blocchi in materia di assunzione, spendere per il personale e la sua formazione, del resto abbiamo la forza lavoro più vecchia d’Europa e l’urgenza di un ricambio generazionale è impellente.”

La riduzione dei posti letto negli ospedali e la mancanza di una organizzazione sanitaria sul territorio sono le cause del sovraffollamento dei pronti soccorsi soprattutto nei periodi delle influenze o nel corso delle vacanze estive e natalizie.

Un problema rilevante è costituito dall’assenza di alternativa al pronto soccorso, fuori dall’ospedale, per i malati cronici. 

Ogni anno ci sono oltre 20,5 milioni di accessi al pronto soccorso so ma solo il 15% è ricoverato, quindi è palese la mancanza di una organizzazione sanitaria adeguata (e parliamo non solo degli ospedali). C’è poi da dire che ogni Regione presenta dei dati relativi ai ricoveri assai discordanti, non si capisce il motivo, al di là di ogni valutazione anagrafica, per cui la situazione sia cosi’ differenziata da regione a regione con offerte sanitarie non omogenee.
Si potrebbe ovviare al congestionamento se pensassimo ai servizi di cura e di assistenza post dimissioni, una rete sanitaria pubblica di intervento sul territorio e domiciliare cha abbatterebbe di sicuro i costi relativi ai reiterati ricoveri. Ma per fare ciò, la spesa sanitaria non dovrebbe essere guidata solo dal principio guida del contenimento della spesa di personale con la chiusura (la cosiddetta spending) di ambulatori e strutture territoriali.

La presa in carico degli assistiti non è più una priorità del sistema sanitario pubblico, da qui nascono le incursioni del privato, specie di quello definito privato sociale.  

In ospedale l’assistenza dovrebbe essere su più livelli e adeguata alle varie complessità assistenziali, sul territorio dovrebbe essere attiva una rete di servizi comprendente tutte le figure sanitarie necessarie ma qui torna in gioco la riduzione della spesa di personale e il progressivo depotenziamento di tante strutture.  

Dentro e fuori l’ospedale il problema è sempre lo stesso, come gestire e potenziare dei servizi al cittadino degni di questo nome.

Pensiamo che il solo modo sia quello di rimuovere i blocchi in materia di assunzione ma anche riorganizzare i servizi sanitari in maniera diversa, senza feudi baronali e compartimenti stagni. In qualunque modo si veda il problema, ci sono figure quali gli infermieri dei quali non si può fare a meno per l’assistenza territoriale e domiciliare e per altri servizi, ogni anno dalle scuole arrivano migliaia di giovani formati molti dei quali sono andati all’estero perché non ci sono concorsi.

Questi sono alcuni dei malesseri della sanità, quando si trova un pronto soccorso intasato non ci si chiede mai quale sia il motivo, ebbene i cittadini devono assumersi l’onere di rivendicare un servizio sanitario adeguato e presente sul territorio, quel servizio sanitario che non esiste più e di cui oggi sentiamo un forte bisogno.

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