Tuffo di Capodanno a ‎Livorno: il blitz e le ragioni del coordinamento toscano per il Kurdistan

Image and video hosting by TinyPicQuesta mattina, in occasione del tradizionale “tuffo di capodanno”, gli attivisti del CTK e alcuni attivisti comunità curda ​toscana si sono tuffati in mare alla Rotonda di Ardenza indossando magliette con scritto:

“Rompiamo il silenzio” – “ Fermiamo il genocidio in Kurdistan” – “Chi tace è complice”. Slogan  ripetuti in sequenza anche sui due megastriscioni attaccati sulle spallette dei “tre ponti”.

1gennaio 2015 da coordinamento toscano per il Kurdistan

kurdistan

kurdo legge comunicatoDi seguito il comunicato che è stato distribuito e letto ai microfoni della manifestazione:

Come Coordinamento Toscano per il Kurdistan siamo qui oggi per rispondere agli appelli di solidarietà internazionale che nelle ultime settimane ci sono giunti dalle compagne e dai compagni kurdi per denunciare, anche a Livorno e anche in questa occasione, il vero e proprio genocidio che il governo Turco di Erdogan sta compiendo nei confronti del popolo kurdo nelle strade delle città nel sud est della Turchia, paese membro della Nato, alleato del nostro governo e finanziato dall’unione europea a suon di miliardi di euro.

L’emergenza nella Regione dell’Anatolia sudorientale è tale per cui è necessario scuotere l’opinione pubblica di tutto il mondo di fronte alla pulizia etnica portata avanti dall’AKP. E’ necessaria una risposta forte tale da indurre un’indignazione collettiva che costringa le istituzioni locali e nazionali ed il Governo Italiano a prendere una posizione; è necessario rompere il silenzio complice di questo massacro. Quasi ogni giorno i riflettori sono puntati sull’ambigua guerra contro l’Isis, conseguenza diretta delle scellerate politiche internazionali degli ultimi anni, che hanno avuto come unico obiettivo il controllo economico e imperialista senza nessuna tutela dei diritti internazionali e delle vite delle persone che in quei territori abitano. Si tace invece sul fatto che da giugno 2015 è ricominciato un conflitto armato nella regione a maggioranza curda della Turchia.

Dopo l’interruzione dei colloqui di pace, nel luglio 2015, Erdogan ha nuovamente iniziato ad usare il pugno di ferro. Da agosto di quest’anno, come reazione alle politiche repressive dello stato turco, le assemblee popolari in molti paesi e città curde hanno dato voce alle loro richieste di autogoverno. In risposta, il governo turco ha dichiarato il coprifuoco in 18 città per una popolazione di oltre 1.500.000 persone. Per settimane migliaia di civili sono stati presi di mira dai cecchini turchi, mentre per giorni non è stato consentito di soccorrere i feriti e nemmeno di seppellire i morti.

Ad oggi ancora molte città sono ancora zona di coprifuoco. Dalla metà di dicembre i conflitti armati in corso nelle zone urbane hanno raggiunto una nuova fase in cui i carri armati e gli armamenti pesanti che di solito sono impegnati solo in guerra, ora vengono utilizzati dalle forze armate turche nei quartieri dove vivono centinaia di migliaia di civili. Questo ha portato anche alla distruzione di molti edifici storici nella città di Diyarbakir, riconosciuta patrimonio mondiale dall’UNESCO.

Da luglio 2015, ben 17 coosindaci sono stati arrestati, mentre 25 sono stati sospesi dal loro incarico e a 6 è stato emesso un mandato di cattura e almeno 200 civili sono morti, la maggioranza dei quali donne e bambini, centinaia sono rimasti feriti e migliaia di persone sono state arrestate; più di 200.000 persone poi sono dovute scappare dalle zone di conflitto e questo numero è in continuo aumento. Tutte le manifestazioni pacifiche per protestare contro il coprifuoco e la violazione dei diritti umani , in Turchia come in Europa, si sono dovuti scontrare con la repressione e le brutalità delle forze dell’ordine.

Per impedire altre morti e violazioni, prima che sia troppo tardi, è urgente che:

  • Media, reporter e giornalisti ma anche, le Organizzazioni Internazionali , aprano gli occhi e documentino i fatti reali sul terreno di conflitto.
  • Tutti i Governi coinvolti rompano questo silenzio complice e, chiedere il ritiro immediato delle Forze Armate dalle città Curde per riaprire i colloqui di pace interrotti nel luglio 2015.​

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