Una gentrification per l’economia livornese?

harlem americaParto prendendo ad esempio il quartiere di Halem, a Manhattan, New York City, che, cito da qui, durante gli anni ‘90 è passato da una connotazione di decadenza e povertà, elevato tasso di disoccupazione e criminalità, a quella di un gettonatissimo luogo di residenza per la middle class newyorkese.

15marzo 2015 di Andrea Petrocchi

harlem america2Merito dell’amministrazione locale, che ha saputo investire scommettendo sul recupero di quella zona. Pensiamo alle conseguenze di quella che è stata la borghesizzazione di un quartiere malfamato, agli affari che hanno fatto i proprietari immobiliari del quartiere, che hanno visto lievitare il valore di mercato dei loro beni.

harlem america.Nella fattispecie il fenomeno, noto col termine di “gentrification”, da noi italianizzato in gentrificazione,  ha avuto un effetto contingente negativo, dovuto alla struttura del mercato residenziale americano, che, rispetto al nostro, vede il rapporto fra persone che posseggono la casa in cui vivono e quelle che vivono in affitto più sbilanciato verso queste ultime. Il miglioramento della qualità della vita del quartiere ha spinto i proprietari a monetizzare, innalzando i prezzi di affitto degli immobili, spingendo molti residenti della Harlem modesta fuori dal quartiere.

Il lato negativo della gentrificazione in salsa americana è che molti di quelli che erano i residenti della Harlem burrascosa e decadente hanno dovuto lasciare la casa per osservare dai margini il rinnovamento del quartiere. Esistono migliori potenzialità per una gentrification in Italia? La risposta è sì. Il mercato immobiliare italiano è molto differente da quello anglosassone, secondo l’Istat infatti più del 70% della popolazione possiede l’abitazione in cui vive, mentre un quinto del rimanente vive in affitto in case di enti pubblici. Il mercato italiano degli affitti privati “pesa” sul totale per un modesto 15%.

arredoMa torniamo ad Harlem, Manhattan, pensando alla vecchietta-standard (ci sarà pur stata) che con sua grande fortuna ha acquistato la sua casa prima della rinascita del quartiere, e che oggi vende alla middle class, diventando una ricca signora. Non limitiamoci a questo, riflettiamo sulla economia che smuove questa vecchia signora una volta giunta in possesso del denaro. Questo ricavato, che è ingente, pensiamolo facendo una sorta di economia di scala, moltiplichiamolo per tutti quelli che ad Harlem hanno seguito l’iter precedente, e poi pensiamo a quante persone vivono nelle periferie livornesi, dove il rapporto fra case in affitto e di proprietà è enormemente più favorevole alla creazione di valore per i residenti.

In anni di vacche magre, in situazioni dove il gettito tende ad essere trattenuto dalle casse centrali, un metodo sicuro per fare economia passa tramite la promozione dei quartieri. Anche in questo caso il decidere di muoversi è il minimo, il grosso sta nel come queste cose andranno compiute.

Harlem, ManhattanC’è il modo liberale, spingere i privati a investire sugli stabili, e c’è la via sociale, che vuol dire migliorare gli arredi urbani, i presidi territoriali, i servizi pubblici, la mobilità sostenibile, permettere accesso ai soli veicoli dei residenti, instaurare le “zone 30”, chiudere le vascolarizzazioni secondarie che portano alle arterie cittadine, interrare i parcheggi restituendo le piazze ai residenti, mettere più verde, giochi per i bambini, contribuendo così, restituendo la vivibilità, a riassorbire la desertificazione sociale.

Alcune scelte comportano costi economici, altre costi politici, per queste ultime basta la volontà. Il premio, graditissimo immagino, sarà elevare i valori di mercato delle proprietà dei cittadini che abitano nel quartiere, e tutto il volano economico a valle per quelli che intenderanno monetizzare, vendendo la loro casa alla middle class entrante.

 

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