Vladimir è in una cella frigorifera, una vita ed una morte nel silenzio, e senza esequie?

Ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita su un marciapiede del Viale Carducci, fuori della mia tabaccheria

16giugno 2015 di Luca Stellati

tombinoEra una persona gentile, salutava sempre quando sopraggiungevo a lavoro, la mattina presto spesso lo trovavo sdraiato quanto era lungo davanti alla saracinesca e mi toccava aiutarlo a tirarsi su, quando era lucido. Altre volte era in stato di incoscienza, ne seguiva la chiamata al 118, talvolta c’era da convincere l’ambulanza a portarlo al pronto soccorso, ma il pomeriggio lo ritrovavo sempre davanti alla tabaccheria.

Di lui so soltanto che era polacco e si chiamava Vladimir, dimostrava sui 35anni, parlava uno slavo incomprensibile ai più, qualche parola di tedesco, di conseguenza la comunicazione con lui era ridotta al minimo. Soffriva di evidenti postumi conseguenti a diverse fratture, incidenti stradali o violenze subite, non s’è mai capito.

images (4)Gli abitanti del quartiere ormai l’avevano accettato e qualche spicciolo non glielo negavano, o un sorso d’acqua o qualcosa da mettere sotto i denti, venivano a trovarlo anche i volontari della Comunità di S. Egidio, facevano quel che potevano.

E’ possibile che Vladimir avesse scelto il suo destino da tempo, che la morte rappresentasse per lui un approdo liberatorio, ma questo epilogo pone quesiti amari a chi è restato vivo. Quesiti nel silenzio, nel silenzio di una vita, di un quartiere, di una città che lascia Vladimir dentro una cella frigorifera, poiché non ha diritto ad un saluto.

Quesiti nel silenzio di una civiltà che ignora la sofferenza, sotterra il dolore ma non i corpi che l’hanno patito.

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