CETA e TTIP: trattati contro i cittadini. ”Libero mercato” ma, solo per le multinazionali

Nella Foto, Matteo Bortolon

Quanti sanno di cosa è successo il 15 febbraio scorso? Pochi, troppo pochi…

Gli avvenimenti che davvero cambiano le cose e la vita delle persone, talvolta sono quelli di cui si parla di meno

20febbraio 2017 da *Matteo Bortolon, autore del libro: “La Gabbia dei Trattati”

Lo scorso 15 febbraio è stato approvato un accordo commerciale fra Unione europea e Canada le cui conseguenze possono essere molto pesanti; si chiama CETA. I trattati di libero mercato da qualche anno sono usciti dal cono d’ombra dei temi per ”addetti ai lavori” per divenire oggetto di incontri, polemiche pubbliche e mobilitazioni di piazza. Con la ultima campagna elettorale statunitense sono diventati anche centrali nel dibattito mainstream:  oggi tutti parlando di ritorno al protezionismo, dazi e fine della globalizzazione.

Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) è un trattato di libero mercato fra l’UE e il Canada. Sebbene sia assai meno conosciuto del TTIP ha suscitato ugualmente mobilitazioni di piazza a settembre 2016 in prossimità della sua approvazione[1]  da parte dei governi e anche il 15 febbraio in occasione del voto del Parlamento europeo. Il trattato venne messo in cantiere già nel 2004, in occasione di un vertice Canada-UE. Dopo una pausa di qualche anno uno studio di area governativa venne diffuso nel 2008 e nell’anno successivo vennero avviate le negoziazioni che si conclusero con la presentazione di un testo condiviso il 25 settembre 2014.

Il processo di ratifica è stato segnato dal dibattito se si tratti o meno di un accordo misto, cioè se abbia contenuti che esulino dalla mera politica commerciale o meno. Non è una differenza da poco conto dato che nell’ultimo caso si tratterebbe di una competenza esclusiva della Commissione europea e non si richiederebbe l’adesione dei parlamenti nazionali. Nonostante le insistenze del Governo italiano, che ha fatto pressioni in senso contrario, a luglio 2016 è stato stabilito che si tratta di un accordo misto e che i vari parlamenti dovranno approvarlo.

Se a fine 2016 tutti i governi lo hanno approvato, al Parlamento europeo le cose non sono andate altrettanto lisce. A favore ha votato una robusta maggioranza di 408 voti favorevoli contro 254 contrari ma il gruppo dei social democratici si è spaccato. Degli europarlamentari italiani 27 hanno votato a favore (2 Conservatori e Riformisti, 10 Popolari, 14 socialdemocratici e 1 non iscritto); 35 contro (15 M5S, 5 Lega, 3 Lista Tsipras, 1 Verdi, 10 socialdemocratici) e gli altri si sono astenuti o non hanno partecipato al voto. Si veda qui: Stop Ttip Italia.net/2017/02/15/ Ceta i nomi e cognomi di chi ha votato e, sarà bene ricordarseli. 

Il testo del CETA è di circa 1600 pagine, di cui solo 454 sono state tradotte in italiano Consilium Eeuropa document pdf ; il resto tocca leggerselo in inglese o in francese. Si tratta di un testo complesso che comprende vari aspetti importanti:

La cooperazione normativa[2] avviene nell’ambito di una istituzione nominata da Canada e UE, il Forum di Cooperazione regolativa, senza la partecipazione degli Stati europei (e men che meno dei parlamenti), senza regole chiare (che verranno stabilite dopo), sotto la presidenza di un esponente per ciascuna parte e con la partecipazione di rappresentati canadesi e europei. L’accenno alla possibilità di convocare osservatori non meglio specificati[3] fa pensare ad una probabile presenza di lobbisti o comunque rappresentanti di aziende private.

I servizi:

Si creano maggiori possibilità di privatizzazione, blindando quelle già avvenute e quelle che avverranno; si sancisce la necessità che i mercati di servizi siano accessibili agli operatori della controparte, salvo quelli preliminarmente esclusi dai governi in sede di trattative. Liste che poi sono immodificabili, secondo la logica ”o lo segni o lo perdi”. In pratica tutto quello che non viene escluso in questa fase è soggetto a pressioni per essere messo sul mercato.

Arbitrato per le controversie Stato-investitore:

Conferisce la possibilità di citare uno Stato per leggi che contrastino con qualche forma di profitto[4]; va detto che in Canada ci sono circa 40mila succursali di multinazionali Usa, per cui è ragionevole pensare che se non ci fosse un accordo fra UE-USA le aziende statunitensi potrebbero attaccare i governi europei tramite le controllate canadesi. 

Possibilità di ulteriori modificazioni del trattato, al di fuori di ogni processo democratico:

Una commissione congiunta, chiamata CETA Joint Committee[5] può dare interpretazioni vincolanti su parti della massima importanza (capitolo sugli investimenti) ed emendare gli allegati e protocolli del trattato, spesso liste di prodotti o specificazioni tecniche, in cui poche parole cambiate possono comportare radicali conseguenze (se un tal prodotto alimentare doc è tale per esempio); tali decisioni sono vincolanti e soggette ad alcun controllo. La composizione dell’organo è assai vaga, salvo il fatto di essere presieduta congiuntamente dai massimi rappresentanti di UE e Canada per il commercio si sa solo che verrà composta da rappresentanti canadesi ed europei (quanti? In che misura? Nominati da chi? E come decidono?[6]).

Agricoltura:

Espone i coltivatori europei ad una concorrenza delle aziende agroindustriali canadesi, colpendo e minando il principio di precauzione. L’agricoltura europea verrebbe posta a confronto con le aziende canadesi, assai più grandi, e radicate in un contesto di standard inferiori sulla sicurezza alimentare e massiccio uso di OGM oltre che di sostanze vietate sul suolo europeo (la ractopamina, il famoso “ormone della crescita”); in passato il Canada ha attaccato (con successo) tali proibizioni facendo leva sulle “norme sanitarie e fitosanitarie” dell’Organizzazione Mondiale per il commercio, che sono citate esplicitamente nel testo del CETA[7]. In esse si consentivano misure di difesa della salute umana, di piante ed animale da malattie e parassiti solo nella misura in cui si possa produrre una base scientifica consensuale della loro necessarietà (altrimenti sono irregolari), per cui ciò può tradursi nella leva capace di forzare l’adozione di sostanze e pratiche proibite anche in UE, favorendo i  colossi biotecnologici – non solo canadesi chiaramente.

Esistono studi d’impatto, per capire cosa comporta l’entrata in vigore dell’accordo:

  • La Commissione ne ha pagato uno che, usando una metodologia che normalmente esalta i vantaggi e smorza le previsioni negative, prevede comunque 167mila persone che perderanno il lavoro, a fronte di un aumento del PIL europeo dello 0,08 totali nell’arco di 7 anni.
  • Un altro studio, sempre patrocinato dai promotori del CETA, indica invece come probabile un aumento del PIL canadese dello 0,18-0,36% e di quello europeo dello 0,02-0,03%. Si tratta di aumenti così lievi che, spalmati negli anni previsti sono simili ad un errore statistico. Del resto questo modello prevede che le cose tornino a posto con fluida scioltezza, per esempio chi perde il lavoro in un settore che va in crisi si trasferisce presto e bene in uno in espansione.
  • Uno studio indipendente, invece, prende in considerazione i costi di transizione che, in merito ai disoccupati creati porterebbe sotto pressione il welfare pubblico e, diminuendo la domanda interna (il disoccupato spende di meno), porterebbe a una rilevante diminuzione dei salari.

La approvazione del Parlamento europeo dà il via ad una applicazione parziale, in attesa della ratifica delle assemblee legislative nazionali. Intanto occorre dare un segno dal basso. Mercoledì 22 febbraio verrà sottoposta al Senato una mozione sul TTIP il cui esito non può che dare un segnale sul CETA.

Occorre scrivere ai Senatori per manifestare una forte contrarietà popolare; la campagna Stop TTIP sta lavorando per una mobilitazione sulla rete di cui le modalità operative sono qui:  https://stop-ttip-italia.net/2017/02/18/stopceta-ora-la-lotta-si-sposta-in-italia/ ; contribuite!

[1]             http://www.reuters.com/article/us-eu-usa-ttip-idUSKCN11N0H6

[2]             CETA, testo consolidato, titolo 21.

[3]             CETA, testo consolidato, art. 21.6 c. 3: ”The Parties may together invite other [?] interested parties to participate in the meetings”.

[4]             L’arbitrato per le controversie Stato-investitore (ISDS) viene introdotto con l’acronimo ICS come istituto ”migliorato”. In effetti è più limitativo sulla scelta dei giudici e prescrive la trasparenza sia per essi che per lo stesso procedimento – rispetto al quale ci sono dei limiti per le possibilità dell’investitore (l’azienda che ”accusa”). In realtà dà sempre la possibilità a soggetti privati di fare causa agli Stati in caso di leggi presunte inique o che comportino una qualche forma di esproprio. Sono principi assai vaghi che possono essere usati per minare qualsiasi norma che colpisca una qualche forma di profitto.  Inoltre le migliorie (per poche che siano) sarebbero in vigore dopo che un organo bilaterale, il CETA Joint Committee, dà un assetto giuridico al foro arbitrale. Se non lo fa (e non sono previsti scadenze) le imprese possono sempre usare il ”normale” arbitrato ISDS.

[5]             CETA, testo consolidato, art. 26.1 e sgg.

[6]             CETA, testo consolidato, art. 26.1, c. 1.

[7]             CETA, testo consolidato, art. 5.4.

*Matteo Bortolon vive e lavora a Firenze. Come attivista di Mani Tese ha preso parte alle campagne della società civile sul commercio globale, sullo sfruttamento del lavoro infantile e sulla sovranità alimentare; temi approfonditi nell’ambito delle attività associazionistiche. Come attivista per la pace e membro del Movimento Nonviolento  ha affiancato la partecipazione a manifestazioni e mobilitazioni contro le guerre lo studio dei loro motivi profondi e un’attività locale di animazione e sensibilizzazione per la risoluzione nonviolenta e nonarmata dei conflitti e per una cultura di pace. 

Fra i promotori della campagna del Forum per una Nuovo finanza Pubblica e Sociale e iscritto ad ATTAC Italia, scrive regolarmente su Il Manifesto di problematiche finanziarie, di debito, di governance economica europea. Fa parte della campagna STOP TTIP come attivista del comitato locale di Firenze. 

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