“Colt 45”, il nuovo film di Du Wezl

“Colt 45” dimostra la buona volontà del giovane regista belga Du Wezl per ritagliarsi un futuro evidente anche nella direzione di buoni polàr

14aprile 2015 di Enrico Bulleri

Colt45Trama: Armiere e istruttore alla Police Nationale, Vincent Milès è un tiratore esperto e un istruttore per gli uomini d’azione sul terreno. A solamente 25 anni, le sue competenze sono note ai dirigenti dei corpi speciali d’elite del mondo intero. Ma, nonostante la piu’ grande incomprensione dei colleghi, Vincent si rifiuta ostinatamente di integrarsi in una brigata operativa. Il suo destino prende una direzione imprevista con la conoscenza di Milo Cardena (Joey Starr), un poliziotto problematico facente parte di una polizia internazionale, che lo va trascinando in una incontrollabile spirale di violenza, incastrato in una serie principalmente di attacchi a mano armata, di morti, e di una feroce guerra politica fra corpi di polizia opponenti il suo superiore il comandante Chavez della BRB- Brigade Represiòn Banditìsme (Gérard Lanvin), al suo mentore, il comandante Denard (Simon Abkarian) della BRI- Brigade Represiòn Insurrection. Preso nelle pieghe di una vera polveriera, Vincent non avra’ altra scelta che quella di imbracciarre le armi e dare modo al suo lato piu’ oscuro di poterlo far sopravvivere.

A lungo annunciato dalla Warner Bros Francia, il polar virile di Du Wezl ha infine visto la luce della distribuzione nell’agosto del 2014. Il giovane cineasta belga si concede una pausa dalla sua confidenza col genere horror transalpino, che egli ha contribuito a rifondare in alcuni titoli di alcuni anni fa attraverso le sue note sensoriali e sperimentali, (“Calvaire”, “Vinyan” e l’ultimo appena precedente a “Colt 45”, Alleluia”, sono infatti horror). E’ anche la prima volta che egli non firma la sceneggiatura di un suo film; essa è stata infatti scritta da Fathi Beddiar, giornalista da lungo corso di Mad Movies. Le intenzioni di partenza sono state chiare, cioe’ di realizzare un polàr dalla vena piu’ violenta, quasi da poliziesco italiano anni settanta, di quelli realizzati da Olivier Marchal, l’ex poliziotto che ha apportato un nuovo soffio ai polàr dell’esagonale nel corso di tutti gli anni ’00 (“36 Quai des Orfèvres”, “MR 73”, la serie “Braquo”).

Colt45-2“Colt 45” è improntato da diversi elementi, il poliziotto piegato, i corrotti, l’ambiente e la delinquenza delle aree depresse, les Ripoux,e infine, il calibro della pistola da cui il titolo, che lo farà incontrare con un ras dei corpi speciali (Joey Starr), il quale lo metterà in mezzo ad una “Guerra tra polizie”, parafrasando il titolo di un altro famoso polàr francese degli anni ottanta.

Le prime scene ci guidano alla scoperta del personaggio di Vincent Milès (Ymanol Perset), armiere e istruttore di tiro della Police Nationale. Egli possiede pero’ un talento naturale a cacciarsi nei guai e nei ricatti alla velocita’ della luce, una volta che egli si è rifiutato di entrare a far parte come esperto uomo d’azione sul terreno, di un gruppo segreto e paramilitare di esponenti dei corpi scelti d’ogni paese. Allora che un avvenire radioso si profilava dinnanzi a lui, il suo percorso viene compromesso dal malaugurato incontro con il personaggio introdotto prima, Milo Cardena (Joey Starr), e i guai per il giovane poliziotto devono soltanto cominciare. A partire da questo istante, egli si ritrova praticamente incastrato e ostaggio da questo gruppo facente riferimento ad una organizzazione paramilitare interforze nazionali di poliziotti . In mezzo ad una lotta politica (ma anche di vecchi conti in sospeso fra i diversi comandanti), il giovane si ritrova come tirato dentro con la corda al collo. Ma l’accumulo di cadaveri, ammazzati per i cosìddetti “danni collaterali”, lo costringono, lo riportano a doversi affidare all’esercizio di una giustizia personale e punitiva che lo portera’ a dimostrarsi un “figlio d’arte”.

Colt45-3Quelle descritte fin qui sono le situazioni che si ritrovano nella maggior parte dei film che somiglino al tipo di polàr nei quali una giovane recluta deve rimediare alle vecchie regole fatte da chi prima di lui ha provocato la situazione attuale irrimediabile, per i propri affari privati. Qualche piccola smagliatura e’ ravvisabile quando nella parte centrale del racconto Milès dimostra una tale rapidità’ nel diventare un assassino a sangue freddo esattamente come avrebbero voluto gli emissari dell’Organizzazione paramilitare (ricordandosi egli stesso al contempo di stare smarrendo il senso di cosa voglia dire essere poliziotti).

D’altronde, lo stesso Milo, all’oscuro di tutti gli agenti di polizia, pare un passante qualsiasi che passa il suo tempo a esercitarsi nel tiro in una caserma della polizia senza che nessuno venga a reclamargli il come e il perchè. Una somma di piccoli dettagli incongruenti che pero’ non rende l’intrigo complessivamente ben sostenuto, grazie al ritmo che è sempre costante. Con sorpresa, l’inesperienza di Du Welz nelle scene muscolari fa si che grazie alla sua buona volonta’ ella non si faccia notare ne’ che ammorbidisca, alcun momento d’azione del film. Anzi, il film si regge su di esse e su un’apertura western che fa un certo effetto. I momenti di maggiore resa estetica sono difatti proprio quelli delle esercitazioni e dei test di tiro, che nella loro resa nobilitano al massimo la loro apparizione sullo schermo.

Il film si regge anche grazie ad un lotto di facce giuste, Geràrd Lanvin, Joey Starr, Jo Prestia, il semi esordiente giovane protagonista, e vero ex- militare Ymanol Perset, per cui il buon bilancio di Fabrice Du Welz nel cimentarsi col poliziesco dovrebbe fargli preferire di dimenticarsi per un attimo i “revènants”, per dare un seguito alla sua carriera non solamente nel cinema di genere horror un po’ sotterraneo che gli ha conferito la sua intensa notorietà.

Egli ha dimostrato in questo film di non mancare d’intensità’, anche se ovviamente questo polàr non vedra’ quasi sicuramente la luce delle nostre sale, stante la distribuzione asfittica sul nostro territorio dei film francesi. Escluso qualche raro titolo poliziesco, di gangsters o comunque di genere quasi sempre malamente distribuito, o le solite commedie di successo oltralpe, unico genere come quello autoctono, che il pubblico italiano sembra oramai richiedere.

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