Concordia: gli italiani che hanno fatto l’impresa Girotto e Porcellacchia, orgoglio per tutto il paese.

16luglio 2014 ANSA.it Toscana

Concordia: Porcellacchia, isola tornerà come primaL’altra faccia di Schettino sono un pugno di italiani che si conoscono da 30 anni, vanno in vacanza insieme e sono stati seduti allo stesso banco in azienda. L’altra faccia della tragedia del Giglio è un’idea solo italiana che sembrava folle ma che si sta realizzando: se la Concordia arriverà a Genova, molto merito l’avrà l’Italia. Perché se il volto sorridente e scanzonato del sudafricano Nick Sloane è il più richiesto dalle tv, e i soldi della Carnival sono la linfa vitale dell’operazione, la testa che ha messo su quest’incredibile opera ingegneristica è soltanto italiana.

Sergio e Franco, l’ingegner Girotto e l’ingegner Porcellacchia, sono i volti conosciuti di questa storia: uno della Sampdoria e l’altro dell’Inter, si sono conosciuti due anni fa e non si sono più abbandonati. Il primo lavora da sempre in Micoperi ed è al Giglio con tutta la famiglia: la moglie Daniela che ama il golf “e dunque è stata poco qui perché non ci sono i campi”, le figlie gemelle Anna e Silvia, i nipoti Achille e Alberto, nati entrambi nei giorni del parbukling, i cani Holliwood e Mimi, il gatto Teo. Se la Concordia arriverà a Genova, la prima vacanza da due anni, Girotto la farà al Giglio: dall’altra parte dell’isola, a Campese, dove l’estate è solo estate e non si parla di rigalleggiamento. Ma quali sensazioni proverà? “Me lo chiesero tempo fa, e risposi che agli ingegneri bisogna chiedere i calcoli, non le emozioni. La mia consuocera mi chiamò e mi brontolò affettuosamente, dandomi dell’ insensibile. Ma non è vero. E’ solo che lo tengo per me”.

Porcellacchia, invece, arriva in Costa dal Rina, dove è stato responsabile della sede in Usa. Quando era direttore tecnico ha costruito la Concordia. “Ieri è stata una giornata fantastica. Da una cosa morta che era, la nave è tornata a galleggiare, seppur non da sola”. Sua moglie, Paola, insegna matematica al liceo classico mentre il figlio grande, Davide, è insegnante alla London School of Economics. Michael, il piccolo, è al terzo anno della Bocconi.

RELAZIONE AMBIENTALERELATIVA AL PROGETTO DI TRASFERIMENTODEL RELITTO DELLA NAVE COSTA CONCORDIAAL PORTO DI GENOVA“Quando finirà, se finirà – dice il padre – io sarò comunque di nuovo qui. C’è da chiudere il contratto con Titan Micoperi e fare quelli per il ripristino ambientale. E poi ci saranno delle celebrazioni a Genova, che non voglio perdermi”. Una vacanza? “Si, forse qualche giorno andrò in montagna, a Sauze d’Oulx”, risponde. Girotto e Porcellacchia non sono gli unici italiani. Ci sono Tullio Balestra e Marco Scaglioni: sono nella stanza dei bottoni a bordo della Concordia, assieme a Sloane, con Paolo Cremonini, Marco Belloni, Alessandro Balzarotti, Giovanni Gabrielli e Matteo Badalusi. Balestra e Scaglioni sono rispettivamente amministratore delegato e project manager di due aziende di Assago e Venezia, la Tecon e la Spline.

Francesco Campopiano, della Protezione CivileAssieme a Girotto erano compagni di banco nella Micoperi, negli anni ottanta, quando realizzarono la più grande nave officina del mondo, la Micoperi 7000. Sono questi uomini che, con quelli della Micoperi e della Ceccarelli Yacht Design di Ravenna, si sono messi attorno ad un tavolo e hanno deciso che sì, girare la Concordia e poi portarla via senza farla a pezzi al Giglio, rovinando per sempre un parco naturale, si poteva fare. A vedere oggi come sono andate le cose, sembra sia stato tutto facile. Ma quando questi uomini si sono seduti insieme per buttare giù calcoli, schizzi, non avevano nulla in mano.

Non c’era mai stato un progetto simile. “In quel momento potevamo fare solo delle stime, ipotizzare dei numeri. Dovevamo improvvisare”, dicono tutti. La loro fortuna è stata incontrare altri italiani che hanno avuto fiducia in loro. “Il nostro scopo – racconta Porcellacchia, l’uomo della Costa in questa storia – era quello di rimediare a qualcosa che qualcuno di noi aveva fatto male, per dimostrare che sappiamo prenderci le nostre responsabilità fino in fondo. Così abbiamo creduto a questo progetto”. E ci ha creduto anche lo Stato, con il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, che fin dall’inizio va ripetendo che con i legacci della burocrazia pubblica, e senza i soldi del privato, la Concordia sarebbe rimasta al Giglio altri vent’anni.

“La parte pubblica – dice invece Girotto – è stata straordinariamente cooperativa”. “Sono convinto che questa sia stata una straordinaria esperienza, con il governo come garante, che può essere esportata anche nelle situazioni ordinarie”, spiega . Ma la cosa più importante è stata un’altra: “Il pubblico non ha fatto sconti, mettendo sempre sotto pressione i soggetti privati”. E le cose hanno funzionato.

 

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