Disabili, lavoratori e cittadini di serie B: Corte di Giustizia UE, condanna l’Italia

FRER0017460La domanda che ci poniamo da tempo, è cosa sia stato fatto in questi anni al di là degli spots, ci riferiamo alla rimozione delle barriere architettoniche, numerose e tali da impedire l’accesso di colleghi\e ad alcuni uffici

13 ottobre 2015 da rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza dei Cobas Pisa

handicap

ll Decreto Legge n. 76/2013  garantisce il principio della parità di trattamento delle persone disabili e i datori di lavoro devono adottare accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro per garantire alle persone con disabilità uguale trattamento rispetto a tutti gli altri colleghi. Spesso amministratori e politici rammentano cosa ci chiede l’Europa, stavolta ricordiamo che proprio una sentenza della Corte Europea ha condannato l’Italia per non avere garantito parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, con una forte discriminazione verso i diversamente abili.

I settori pubblici hanno quindi fatto ben poco a sostegno della disabilità, basti osservare come i concorsi per le categorie protette sono avvenuti con anni di ritardo e, numerosi Enti sono tutt’ora inadempienti. Il datore di lavoro deve quindi assumere i provvedimenti per assicurare pari opportunità ma, su questo punto sono in grave ritardo i Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza. Nonostante le condanne in sede Europea, il legislatore italiano è ancora in ritardo e soprattutto all’atto pratico, non sono stati stanziati fondi per l’adeguamento delle strutture, peggio ancora non si è affermata una cultura a tutela dei diversamente abili.

Del resto il datore di lavoro, sia esso pubblico o privato, non aveva l’obbligo di creare un posto ad hoc per il disabile ma, era tenuto solo a cercare (non a trovare, badate bene) questa soluzione. Ora con la norma antidiscriminazione le cose sono cambiate, ma solo in teoria e le soluzioni organizzative, qualora non rappresentino un onere sproporzionato sono possibili e necessarie.

Se allora  la Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 04/07/13, ha condannato l’Italia, quali sono i finanziamenti e le direttive atte a dare seguito a queste normative antidiscriminazione? Ad oggi, come nello stile del Governo, tante parole e zero fatti, su questa strada si sono incamminati gli stessi enti pubblici, una ragione in più per cambiare rotta e affermare scelte diverse dal passato

 

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