“Fertility day” e“dimissioni day”, “Sì-Toscana a Sinistra” chiede le dimissioni della ministra Lorenzin

E denuncia il messaggio retrogado e sessista della campagna di comunicazione

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ministro Lorenzin22settembre 2016 da Sì-Toscana a Sinistra

I consiglieri regionali di Sì-Toscana a Sinistra di sinistra in Regione chiedono con determinazione le dimissioni della Ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, e denunciano il messaggio retrogrado offensivo e sessista contenuto nella sua campagna di comunicazione sul “Fertility Day”.

Sarti e Fattori (Sì-Toscana a Sinistra): “Il Fertility Day non è nient’altro che un’iniziativa pubblicitaria, inutile e dannosa  – denunciano i consiglieri. Inutile perché non influisce in nessun modo sui motivi economici e la precarietà lavorativa che spingono molti giovani a rinunciare ad una famiglia. Dannosa perché retrograda, offensiva, sessista e – nella sua seconda, tragicomica versione – persino razzista! Eh no, Ministra Lorenzin, revocare l’incarico alla responsabile della comunicazione non basta. Si dimetta!”

“Date figli alla patria!”. Per la prima volta a dirlo è una donna, la Ministra alla Sanità Beatrice Lorenzin che, con il suo Fertility Day, ha offeso la sensibilità della donne italiane e lanciato un malcelato messaggio sessista che rispecchia per l’ennesima volta l’immagine della donna come fattrice» – Esordisce così il Consigliere Paolo Sarti di Sì-Toscana a Sinistra nella sua introduzione al Sesso Day, un convegno organizzato il 22 settembre in Consiglio Regionale per discutere di genitorialità, vita sessuale e di coppia, e denatalità proprio nello stesso in giorno in cui la Ministra ha istituito il suo Fertility Day”.

“Basta polemiche, contano i fatti”, ha detto la Ministra. E quali sarebbero i fatti? – si chiede Sarti. «Il Fertility Day non è una politica pubblica, che affronta con serietà il tema della genitorialità nella società contemporanea, ma una mera campagna pubblicitaria con lo scopo di colpevolizzare tutte le donne e le giovani coppie che, per vari motivi, scelgono di non aver figli o di rimandare una scelta che attiene solo e soltanto alla sfera intima e privata e non all’ambito delle competenze statali. Su quei motivi, poi, non si interviene in alcun modo, preferendo una campagna di comunicazione superficiale. Eppure la fertilità, il dato demografico, la genitorialità responsabile, se affrontati con serietà e approccio scientifico, sono argomenti importantissimi su cui ci si sofferma troppo poco». E prosegue fornendo alcuni dati: «Nel 2015, le nascite sono state 488 mila (-15 mila), il minimo storico dall’Unità d’Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. La decisione di mettere al mondo dei figli viene sempre più posticipata, come documenta l’aumento dell’età media delle madri al parto. Affrontare il problema della denatalità da parte del Governo a colpi di pedagogia autoritaria è fuorviante e inefficace. Non è questione individuale, ma riguarda problemi che vengono da lontano e attengono a tutto il Paese.

Queste alcune delle soluzioni proposte dal gruppo consiliare di Sì-Toscana a Sinistra: «Occorrono interventi per assistere la natalità e sostenere la genitorialità; per conciliare famiglia/lavoro, dall’accompagnamento alla maternità e alla paternità a una serie di politiche pubbliche per l’infanzia (un esempio per tutti: asili nido!). Ma serve anche una visione laica sulla procreazione assistita e ancora laicità nel condurre l’educazione alla sessualità nelle scuole. “Alle forti critiche e proteste la Ministra ha risposto con un laconico: la campagna sul Fertility Day non è piaciuta? Ne facciamo una nuova! Ed eccola quella nuova: un evidente messaggio razzista nella copertina di uno degli otto opuscoli per il Fertility Day, in cui si contrappone lo stile di vita di coppie bionde da spot del dentifricio (a colori) a quello di persone nere e drogate (virati seppia)”.

Se sbagliare una volta è umano, perseverare nell’errore è, come si dice, diabolico… Ed è soprattutto da dimissioni: le aspettiamo Ministra Lorenzin!» – conclude Sarti.

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