I duri e puri di fronte alla realtà, il Segr. di KKE Koutsoumpas: “peggio il ritorno alla dracma dall’accordo memorandum”

Argiris Panagopoulos KKEPerfino il KKE preferisce l’accordo e l’euro alla dracma e al salto nel buio. Almeno per i prossimi anni. E lo dice il suo segretario generale Dimitris Koutsoumpas mettendo a dura prova il resto della sinistra greca extraparlamentare e settaria, la Piattaforma di Sinistra dentro Syriza e gli economisti di sinistra contrari all’euro.

4agosto 2015 di Argiris Panagopoulos

kke greciaAlla fine il duro e puro KKE ha preferito fare i conti con la realtà sciogliendo, con una autoassoluzione, la contraddizione di aver lottato sempre contro l’UE e l’euro ed essere costretto ad ammettere che è preferibile l’accordo di Tsipras che l’uscita dall’euro per proteggere i lavoratori.

Il segretario generale dei comunisti del KKE Dimitris Koutsoumpas durante il suo intervento nel Centro Culturale di Ermoupolis, nell’isola di Syros nelle Cicladi, giovedì 23 giulio 2015 ha fatto questa dichiarazione:

kke syrizia“Siamo anche fermamente contrari, e non è una contraddizione questa, che la Grecia vada via dall’euro in questo momento e di ritornare ad una valuta nazionale. Perché diciamo chiaramente al popolo greco, in tutti i modi, e che in questo momento, cosi come è la situazione, con questi rapporti di forza, dentro il sistema capitalista, dentro l’UE, con il potere che nelle mani di questi potenti, se torni alla dracma o ad un’altra moneta, in qualunque modo si chiami, il fallimento dello Stato e le conseguenze per il popolo saranno altrettanto grandi come con l’accordo – memorandum che si firma ora. Possono essere ancora peggiori per un lungo periodo di tempo, non sarà solo per sei mesi, come dice il signor Lapabitsas o diversi economisti di Syriza o di altri partiti. Perché in quel caso si potrebbero non attuare le misure che verranno adottate ora per gli stipendi, le pensioni, la diminuzione del reddito popolare ecc, però la svalutazione della moneta nazionale che si avrebbe, che sperpererebbe il 50%, condurrebbe di nuovo ad una diminuzione reale del reddito popolare. Cioè un lavoratore che prende 1.000 euro, 600 o 800, per esempio, vedrebbe il suo stipendio diventare come se fosse la metà, come se prendesse 300 o 500 euro invece di 1.000. Quindi cosi dovrà fare la spesa, cosi pagare per i servizi, cosi comperare prodotti, cosi dovrà vivere. E non parlo di tutto il resto, dell’inflazione, del mercato nero, degli aumenti per i prezzi dei prodotti importati che verrebbero”.

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