“Il Giovane Favoloso”(Italia 2014) di Mario Martone: un film sulla vita di uno scrittore e un poeta così umanamente unico, particolare e complesso, celebrato, quale Giacomo Leopardi è una sfida quanto mai interessante, ma a grande rischio, perché la trasposizione cinematografica mai potrà essere più interessante del personaggio stesso e della sua stessa vita, forse poco “avventurosa” in senso narrativo, ma indomita e di rara vivacità intellettuale.
22agosto 2015 Enrico Bulleri
Il tentativo di evocare in un film biografico, in chiave teatrale come è nella tradizione dello stile di Mario Martone, come nel precedente suo film ottocentesco sul Risorgimento “Noi Credevamo”, realizzato del 2011 nell’ambito del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, offre un risultato stimolante a quanti si interessano di letteratura e poesia ma non solo, risulta di interesse anche ad un pubblico vasto.
Purtroppo, come sappiamo, per ogni film come questo, c’è quasi ad ogni stagione almeno un altro insulso adattamento britannico o americano, questa volta però, il protagonista è egli stesso il poeta dell’Illuminismo, saggista e filosofo Giacomo Leopardi. Quando dopo due ore e mezza, il Leopardi interpretato molto bene da Elio Germano, non ha ancora sviluppato la sua eroica gobba a storico e notorio tratto distintivo, possiamo capire che il film non si vuole fermare ad una riduzione meramente calligrafica e decorativa.
Tutte le sale da ballo e i cappelli stravaganti a immagine di quel mondo e di quell’epoca, dimostrano quanto Mario Martone si sia speso per rendere incantevole ciò che il pubblico cinematografico di oggi si è completamente dimenticato nella sua essenzialità esistenziale: la solitudine e il grande malessere dato dalla malinconia, come condizione ineluttabile di vita, che emerge negli animi più elevati all’osservazione della vera bellezza e della vera illuminazione del genio artistico, sotto la forma della composizione poetica. Come Leopardi, sublimemente, di generazioni in generazioni grazie ai loro versi, sono riusciti così tante volte a scrollarsi di dosso ogni miseria e prosaicità, del mediocrissimo quotidiano.
Dopo una breve incursione nei suoi anni d’infanzia, “Il Giovane Favoloso” si sofferma sulla gioventù del fragile scrittore, in quel particolare momento della propria breve esistenza sulla cuspide della vita adulta. Elio Germano ce lo mostra come un uomo soffocato dalla sua piccola vita cittadina.
Comincia la corrispondenza con Pietro Giordani (Valerio Binasco), l’uomo che diventa il suo mentore e che suo padre Monaldo (Massimo Popolizio), teme, lo porterà lontano dai principi conservatori che sostengono gli ideali di famiglia. Leopardi si batte come può contro queste limitazioni e come tutta la vita, anche contro quelle date dal denaro della ricca famiglia nobile. Denari che per un certo periodo centellinerà a causa delle sua condizione di origine, rimanendovi subalterno ancora per un decennio, poi il salto nel futuro, ovvero nel passaggio da Recanati e Le Marche a Firenze, mentre sta raggiungendo il successo letterario, e la sua delicata salute sta già dissolvendosi.
Gli scambi che abbiamo già avuto modo di apprezzare in apertura, ci promettono di poter vedere un periodo della vita di Leopardi anche divertente in alcuni aspetti, seppur di stoica e acre auto-ironia e consapevolezza della di lui condizione, ovvero di grande vuoto.
Con una tale produzione letteraria complessa quale è quella leopardiana, è quasi impossibile per Martone e la co-sceneggiatrice Ippolita di Majo, riuscire a tesserla in un film, seppur di oltre due ore e venti. Nel film si ottengono perciò delle parti più frammentarie fatte di conversazioni alle feste e un’abbondanza eccessiva e un po’ prosaica di citazioni da sue poesie.
Per un film su una figura chiave dell’Illuminismo, sarebbe potuta e dovuta essere necessaria più illuminazione, sul personaggio stesso.
Comunque le interazioni e gli sforzi per affrancarsi, rompere il soffocante gioco di un padre di famiglia, forniscono a “Il Giovane Favoloso” una alquanto piacevole e ispirata quota visiva e nei costumi, per non parlare della colonna sonora elettronica minimale e post-classica molto intelligentemente affidata al genio del giovane compositore tedesco Apparat, qui per l’occasione firmata col suo vero nome, Sascha Ring.
Nella sua estetica visiva a tratti sublime seppur certo non molto aiutata dalla eccessiva nitidezza del digitale, il film di Martone non si discosta molto da certe rappresentazioni visive e recenti al cinema, della scuola di Downton Abbey e paesaggisticamente del periodo londinese delle lavandaie. Una maggiore difficoltà si manifesta casomai nella rappresentazione degli ultimi anni di Giacomo. Il declino del Leopardi è ridotto e reso un po’ opacamente. In quanto Martone non ha dimostrato, come invece ce ne sarebbe stata necessità data l’importanza, il motivo per cui questo uomo contasse così tanto nella sua epoca, pur non avendo mai intenzione di convincere nessuno, e i perché della sua morte abbiano talmente tanto significato.
Altro aspetto meno convincente, “Il Giovane Favoloso” sorvola sull’Illuminismo e le rivoluzioni che stavano spazzando l’Italia agli inizi del 19° secolo.
Sembra invece soddisfatto di filmare seppur con un grande gusto delle inquadrature e delle location, una esistenza che si è sempre più rinchiusa in sé stessa, svegliandosi all’ora di cena e che vacillante deambula per la città di Napoli, sempre infastidita da impudenti scugnizzi.
Gli interessi amorosi e gli slanci appassionati di Giacomo, sempre così disattesi e soffocati per tutta la vita, la stretta amicizia datagli dal napoletano Antonio Ranieri (Michele Riondino) che lo prenderà con sé nella sua casa a vivere, assieme alla sorella di Antonio, Paolina, (Federica De Cola), anche per stimolarlo nell’attività fisica all’aperto. La sua condizione di una salute sempre più malferma e di prostrazione anche morale, sono connessi a tutti gli sforzi che cadono nel dimenticatoio mentre egli inciampa sempre più vicino alla morte. Le svolte di spirito e di mimesi facciale e gestuale di Germano sono i maggiori e persistenti scorci di qualità, oltre a ciò che davvero mantiene in alto il film.
“Il Giovane Favoloso” probabilmente riesce ad osservare solamente una parte della vita di un uomo complesso e non riconciliabile come quella di questo grande poeta e uomo di lettere italiano, ma scavando un po’ più nel profondo quello che rimane dell’approfondimento di Martone è il grande senso di vuoto e inutilità della vita stessa di un uomo dalla così grande interiorità.