Dobbiamo dare atto ai selezionatori dei Festival del cinema di Venezia e Roma di avere lo sguardo lungo
14marzo 2016 di Donatella Nesti
Infatti dopo i tre Oscar consecutivi conquistati dai film presentati a Venezia, (Birdman, Gravity e Spotlight) anche il festival di Roma che presentò in anteprima il film “Room” ha conquistato un Oscar per la miglior interpretazione femminile di Brie Larson, protagonista di “Room”, ora nelle sale.
“Room” racconta la straordinaria storia di Jack (il bravissimo Jacob Tremblay), un bambino vivace di 5anni che viene accudito dalla sua amorevole e devota Ma’ (Brie Larson,). Come ogni buona madre, Ma’ fa di tutto affinché Jack sia felice ed al sicuro, ricoprendolo d’amore e calore e passando il tempo a giocare e raccontare storie. La loro vita però, è tutt’altro che normale – sono intrappolati- confinati in uno spazio senza finestre di 3metri x 3, che Ma’ eufemisticamente chiama “Stanza”.
E’ all’interno di questo ambiente che Ma’ crea un intero universo per Jack, e fa qualsiasi cosa per garantire al figlioletto una vita normale ed appagante anche in un luogo così infido. Ma di fronte ai crescenti interrogativi di Jack circa la loro situazione e la ormai debole resistenza di Ma’, decidono di mettere in atto un piano di fuga molto rischioso, che potrebbe metterli però di fronte ad una realtà ancora più spaventosa: il mondo reale.
Una narrazione che alterna sensazioni di prigionia e libertà, un viaggio fantasioso nelle meraviglie dell’infanzia ed una tragica esperienza basata sul premiato bestseller di Emma Donoghue.
Fanno parte del cast di “Room” anche l’attrice tre volte candidata all’Oscar Joan Allen, ed il candidato all’Oscar William H. Macy.
Il regista Lenny Abrahamson rimanendo fedele al romanzo ha dato al singolare mondo di Jack e Ma’ una versione cinematografica intensa ed emozionante. Il romanzo “Stanza, letto, armadio specchio” firmato dalla scrittrice irlandese Emma Donoghue, ha ispirato la propria scrittura al drammatico “Caso Fritzl”, avvenuto in Austria nel 2008. Ben 24 anni di prigionia a danni di una giovane donna, nascosta e stuprata in una piccola stanza da suo padre Josef Fritzl. Dagli incestuosi rapporti sono nati ben sette bambini, di cui uno tragicamente morto dopo soli tre giorni di vita per problemi respiratori. L’orco del film (Sean Bridgers) è apparentemente un uomo normale,va al lavoro, fornisce il cibo per madre e figlio anche se non lo guarda mai ma si preoccupa di portare le medicine.
Naturalmente alla sera si toglie in fretta i pantaloni ed esige il tributo dalla ragazza. Dopo una rocambolesca fuga messa in atto dal bambino in una scena bella e drammatica è la mamma ad avere difficoltà ad inserirsi nel mondo vero Brie Larson trasmette, senza troppi filtri, il senso di sfinimento e l’incapacità di aprirsi ad una nuova vita nella fase post-traumatica. Troppo profonda la ferita, immenso l’amore per suo figlio, l’unico davvero in grado di farla rinascere dopo la prigionia. Si ribaltano i ruoli, nella prima parte è la mamma a fare il possibile per salvare il figlio mentre nella seconda è proprio la gioia del bambino che scopre finalmente il mondo vero a dare alla mamma la possibilità di tornare alla vita.
Per rendere magica e credibile la ’stanza’ il regista ed i disegnatori hanno fatto lunghe ricerche Il lavoro è iniziato infatti con un’ insolita, spesso straziante, ricerca su ogni tipo di prigione nel corso della storia umana. “Mi sono documentato su tutte le forme di costrizione: dai campi di concentramento ai tempi dell’Olocausto, alle foto della polizia di prigioni in seguito a rapimenti reali, tra cui quella di Elisabeth Fritzl e Natascha Kampusch, in Austria”, spiega. “Abbiamo anche esaminato la povertà estrema, di persone che vivono in appartamenti di 5″x5 ” a Hong Kong, o lavoratori migranti stipati in baracche simili a gabbie”.