Il Sindaco di Montevarchi impone un menù ridotto ai bambini non in regola con il pagamento delle mense scolastiche. C’è chi dice No a qualsiasi modello di esclusione

21novembre 2017 da C.Li.Va. (Comunità per la Libertà di scelta vaccinale), Firenze – mail: clivatoscana@inventati.orgwww.clivatoscana.com

Sono le dichiarazioni rilasciate dalla Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli a commento della decisione della Sindaca di Montevarchi (AR) Silvia Chiassai di somministrare un menù ridotto a bambine e bambini figli di genitori non in regola con il pagamento del servizio mensa erogato dal Comune, a darci nuovamente l’occasione per porre l’attenzione su un tema cardine del nostro sentire comune e del patrimonio valoriale condiviso.

Parliamo del profondo senso di ingiustizia e discriminazione che proviamo di fronte alla negazione di diritti fondamentali di cittadinanza. Sentimento che si amplifica quando a farne le spese sono i bambini.

“La scuola è per eccellenza luogo di inclusione, di accoglienza, di uguaglianza. Le discriminazioni e le emarginazioni non appartengono a questa istituzione”.

Condividiamo in pieno il pensiero della Ministra!

Ci appaiono concetti precisi, diretti, chiari, senza sfumature, eccezioni o possibilità di interpretazioni. Se un fatto come quello accaduto a Montevarchi è ritenuto dalla Ministra un atteggiamento discriminatorio – pur non volendo assolutamente entrare nel merito di come abbia gestito la faccenda la Sindaca Chiassai – chiediamo: come possiamo interpretare l’esclusione permanente dei bambini dalle scuole, con i danni e le privazioni che possiamo intuire, quando prendiamo in esame la legge sull’obbligo vaccinale? 

La stessa indignazione e sensibilità la pretendiamo davanti a tutti quei bambini assolutamente sani ai quali la Legge 119/2017 sulle vaccinazioni obbligatorie (firmata anche dalla Ministra Fedeli) vuole negare il diritto all’istruzione e alla socializzazione, perché non in regola con un Piano Nazionale Vaccini tra i più intensi in Europa, a fronte delle scelte dei loro genitori che fino a ieri hanno legittimamente intrapreso percorsi vaccinali personalizzati, spesso spaventati da esperienze più o meno dirette di reazioni avverse. 

Non possiamo non tornare a chiedere spiegazioni sulla ratio di una legge che, di fronte all’obiettivo dichiarato di tutelare la salute collettiva, seppur in un contesto di nessun allarme sanitario – questo è bene ricordarlo! – mette in atto una legalizzata discriminazione tramite l’esclusione da scuola per i più piccoli e che si ferma all’applicazione di sanzioni amministrative per i più grandicelli.

Che la L. 119/2017 sia legge dello Stato è un dato di fatto, ma lo è altrettanto la legge sulla “Buona Scuola” del 2015, che richiama alle pari opportunità per tutti i bambini e le bambine, e al superamento delle disuguaglianze. Diventa quindi preciso compito delle istituzioni, a tutti i livelli, adoperarsi per trovare delle modalità attuative che non rendano “la Buona Scuola” lettera morta.

A tutti loro spetta il fondamentale compito di mantenere la scuola, quella buona con la “B” maiuscola, un luogo di accoglienza, socialità e ricchezza relazionale ed educativa aperto a tutti i bambini e le bambine al di là della razza, della religione, della condizione sociale…o dei timbri su un libretto vaccinale, che fino a ieri – a parità di condizioni sanitarie – non interessava assolutamente a nessuno.

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