Aumento dell’orario di lavoro nel Pubblico Impiego, in discussione con il Governo
6ottobre 2016 da “Delegati Lavoratori Indipendenti”, Pisa
Quanti degli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici conosce la intesa contrattuale sull’igiene ambientale siglata nel luglio scorso? In pochi ma, nessuno dovrebbe dormire sonni tranquilli perché sta prendendo corpo l’ipotesi di allungare di due ore l’orario settimanale di lavoro nel pubblico impiego, da 36 a 38 ore, proprio come successo ai “netturbini”.
Lo smemorato dipendente pubblico non sa che, quella intesa al ribasso (che introduce anche l’ulteriore contrazione del diritto di sciopero e destina soldi, non alle buste paga ma alla sanità e previdenza integrativa) è stata pesantemente contestata in molte città dove ha prevalso il voto contrario dei lavoratori, per non parlare poi delle votazioni che non si sono ancora tenute, proprio per evitare la sonora sconfitta di Cgil Cisl Uil e sindacati autonomi firmatari di quell’accordo bidone.
Basterebbe leggere i giornali per capire che ai tavoli di trattativa per il rinnovo dei contratti pubblici l’aumento dell’orario settimanale è all’ordine del giorno.
Lo ammettono i sindacati autonomi, sulle pagine del quotidiano Italia Oggi del 27 settembre e altri giornali mai smentiti dai sindacati del Pubblico Impiego che poi sono gli stessi ad avere siglato la intesa nell’igiene ambientale sottovalutata anche da gran parte del sindacato di base.
Citiamo testualmente quanto scritto dal segretario generale della Confsali:
“I costi della proposta sarebbero finanziati in parte da risorse già utilizzate, cioè la spesa per compensi da lavoro straordinario che a oggi per l’intera P.A. ammonta a circa 2,5 miliardi di euro, e in parte da una migliore organizzazione del lavoro. Il modello avrebbe il pregio di cointeressare tutti i lavoratori con un incremento stabile delle retribuzioni, le amministrazioni con una migliore organizzazione degli uffici attraverso una maggiore disponibilità di tempo/uomo e il sistema economico, con aumento della produttività di settore, e i cittadini con più servizi”.
Non si dice il vero, infatti fatti due conti 8ore di straordinario hanno un costo superiore all’irrisorio aumento accordato, in più’ trances, nella intesa dell’igiene ambientale che rappresenta un modello da seguire anche nel pubblico impiego dove da sette anni i contratti sono fermi e anche la contrattazione di secondo livello langue per il mancato incremento della parte fissa del fondo della produttività che determina la contrattazione di secondo livello nella pubblica amministrazione
Ma le sventure non finirebbero qui, infatti si parla di pochi aumenti da erogare solo a vantaggio della parte variabile del fondo con l’applicazione delle famigerate 4 fasce della Legge Brunetta, quelle che escludono da ogni aumento economico il 25% del personale. Ma, andiamo con ordine per sviluppare un ragionamento.
- Il Governo stanzia pochi soldi, li destina a una minoranza di lavoratori, evita di rimuovere ogni vincolo al turn over per quelle assunzioni che ringiovanirebbero la forza lavoro più’ anziana della UE, aumenta l’orario settimanale, abbatte la spesa per lo straordinario (i carichi di lavoro aumentano e il personale diminuisce).
- Allo stesso tempo Renzi e l’Aran vendono fumo sulla produttività, un parametro che mal si addice ai servizi pubblici. Ve lo immaginate un medico che per avere aumenti salariali debba abbattere i tempi delle operazioni o un insegnante al quale affidare classi con piu’ alunni?
- I parametri da applicare per accrescere la produttività non possono essere quelli fordisti, l’obiettivo è quindi ben altro ossia ridurre la spesa per il personale, stravolgere la contrattazione e applicare la Brunetta, non predisporre assunzioni per costruire servizi migliori e più’ efficienti facendo prevalere solo la logica della riduzione della spesa.
La produttività in Italia, tanto nel pubblico che nel privato, è in diminuzione da 30 anni perché non si è investito in tecnologia pensando solo alla contrazione del costo del lavoro. Le statistiche lo dimostrano eloquentemente rimandiamo a tal riguardo a un articolo di Luca Tremolada – Da “Il Sole 24 Ore on line” del 3 giugno 2016.
La vera realtà, che i sindacati occultano con la motivazione che non esiste un testo di ipotesi contrattuale che in ogni caso forniranno solo dopo la firma quando ormai il danno irreversibile sarà stato compiuto, è che l’aumento dell’orario di lavoro determina la riduzione della produttività perché aumentando le ore di impiego la stessa produttività diminuisce. Non è ammissibile tanta ignoranza delle leggi di mercato ma la non conoscenza delle stesse diventa sinonimo di malafede. Lo stesso Ministro Brunetta falli’ nella definizione di un sistema di misurazione della produttività nella Pubblica Amministrazione e sulla strada dell’insuccesso si sta muovendo anche Renzi
Per essere ancora più’ chiari è sufficiente rinviare alla lettura di vari iscritti della Corte dei Conti per la quale la produttività si misura in rapporto al Pil che cresce di poco e in misura assolutamente inferiore alla media europea.
In realtà l’obiettivo è un altro e non quello di accrescere la produttività dei servizi ma di vincolare il secondo livello di contrattazione a regole e principi che portino ad una riduzione del salario accessorio e a una distribuzione dello stesso solo a favore di pochi, a contrarre la spesa dello straordinario senza alcun investimento per ammodernare la macchina amministrativa, senza assunzioni in numero adeguato alle necessità.