La situazione carceraria livornese e italiana. Pensiero a caldo di Giovanna Cepparello, presidente del Consiglio Comunale

Giovanna CepparelloDopo la visita al carcere del 20 febbraio la presidente del Consiglio Comunale Giovanna Cepparello ha relazionato sulla situazione carceraria livornese e italiana.

21febbraio 2015 da Giovanna Cepparello, Presidente Consiglio Comunale di Livorno

livorno carcere“Appena uscita dalle Sughere, che ho visitato insieme ad una delegazione di Consiglieri Comunali, accompagnati, tra gli altri, dal Garante dei detenuti Marco Solimano e dalla Direttrice Perla Macelloni, il primo pensiero a caldo è stato questo: tutti dovrebbero vedere che cosa c’è dentro quella costruzione che si intravede dalla variante, presente ma lontana da tutto, ‘non-luogo’ a pochi metri da una delle più frequentate zone commerciali della città.

Perchè da fuori il carcere è solo un edificio rosa, che ormai si integra all’interno dello scenario pre-urbano. Ma solo vedendolo dall’interno la percezione abitudinaria e quindi indifferente si trasforma in presa di coscienza reale, improvvisa quanto dolorosa. A Livorno abbiamo un carcere. Che non è affatto tra i peggiori d’Italia, ce lo dicono i dati e i numeri. Ma dove comunque molti detenuti vivono in condizioni che ledono i loro diritti fondamentali. In tre in celle anguste e fatiscenti, all’interno delle quali trascorrono praticamente tutta la giornata (circa 22 ore su 24). Il cesso si trova nella stessa stanzetta, minuscola, dove ripongono il cibo e cucinano, accanto ad un piccolo lavabo rigorosamente senza acqua calda.

carcere.Abbiamo visto uova e biscotti accatastati intorno al wc, perché altro spazio non c’è. E molti frutti dell’ingegno, per sopravvivere in pochi metri quadri, come una scatola di pasta attaccata al muro che diventa un porta-carta igienica o una bottiglia di plastica rovesciata e ritagliata che si trasforma in porta- bicchieri di carta; una specie di art-attack della disperazione. Due docce, in una stanza che non corrisponde al minimo standard igienico, con pareti completamente piene di muffa, servono per decine di persone. Insomma, dentro quel pezzo di panorama livornese c’è una realtà di degrado, di dignità violata.

Ancora una volta, come sempre più spesso capita di fare, serve ricordare la nostra Costituzione, così alta ma così disattesa, lontana dai fatti. Poche, semplici parole: Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (Articolo 27, Comma 3). Inutile spendere anche un solo rigo per dimostrare che espressioni come ‘senso di umanità’ e ‘rieducazione’ non si conciliano neanche un po’ con la situazione descritta sopra. Del resto, l’Italia è già stata condannata dalla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo.

livorno carcereA fronte di tutto questo, credo che spetti alla politica promuovere una battaglia su questi temi. Che dovrà essere in primo luogo una battaglia culturale. Siamo ormai molto abituati ad utilizzare la mentalità aziendalistica in contesti che con l’azienda non hanno niente a che vedere. I diritti, in questo senso, vengono spesso percepiti come un qualcosa che deve essere meritato, guadagnato. Una sorta di premio sociale per gli ‘adatti’. E invece i diritti, alcuni diritti, sono per l’appunto universali, ovvero devono essere rispettati in qualsiasi situazione: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ad esempio, parla chiaramente di uguale dignità per tutti gli uomini, e di diritto a punizioni non degradanti. La dignità, quindi, deve essere garantita a prescindere da qualsiasi principio ‘meritocratico’.  Su questo occorre promuovere una riflessione collettiva, specialmente in tempi di crisi, quando cioè alcuni diritti sono messi in discussione per molti, e diventa più difficile essere solidali, specie con chi ha violato la legge. Quando invece la solidarietà sociale (altro principio fondante della nostra Costituzione) potrebbe costituire un’arma appuntita contro la crisi.

Proviamo ad esempio a pensare al tema della sicurezza, sempre più centrale nel comune sentire, se è vero che si diffonde ogni giorno di più la sensazione di vivere in contesti sociali poco sicuri. Chiaramente, i cittadini che escono da un’esperienza di detenzione degradante, nella quale è quasi completamente assente la rieducazione, molto probabilmente torneranno alla loro vita precedente. Torneranno, in molti casi, a delinquere. Il carcere italiano, quindi, diventa in questo caso un moltiplicatore dell’insicurezza sociale. Una delle tante prove che si vive meglio in una società dove vivono bene anche gli altri. Tutti gli altri, anche i detenuti. La solidarietà diventa quindi in questo caso capacità di comprendere che spesso i problemi altrui sono anche nostri. Senza contare che, e qui voglio invece entrare nell’ottica aziendalista che ho contestato rispetto al tema dei diritti universali, ma che può essere utile quando si parla di denaro pubblico, lo Stato Italiano spende molti soldi per mantenere il sistema carcerario cosi com’è. Spende, non investe, appunto, perché l’attuale sistema carcerario non migliora la società, ma anzi contribuisce al suo degrado.

carcereRispetto alla Casa Circondariale Le Sughere, il Consiglio Comunale di Livorno si era già espresso, a dicembre, con una mozione che chiedeva la destinazione alla media sicurezza del nuovo padiglione che invece, purtroppo, è stato destinato proprio all’alta sicurezza. In ogni caso, garantiremo nei prossimi mesi la massima attenzione alla questione carceraria livornese, organizzando anche un Consiglio Comunale all’interno dell’istituto penitenziario, e cercando di promuovere iniziative che in qualche modo possano aprire una via di comunicazione tra i detenuti e l’assemblea cittadina. Oltre, naturalmente, a fare pressione sulle autorità competenti affinché i vecchi padiglioni possano finalmente essere ristrutturati”.

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