Lite alla struttura del Melo: intervista a una delle mamme

chiara-bosiParla Chiara Bosi, una delle mamme che vivono nella casa famiglia di Via Caduti del Lavoro

18giugno 2015 di Marco Ristori

Ciao Chiara, tu frequenti  la struttura chiamata il Melo, come mai?

Il Melo è una struttura protetta nata per aiutare le mamme con minori, che hanno subito violenze e abbandono dai propri ex per ritrovare la serenità e l’equilibrio di un nucleo familiare stabile, per minori intendo bambini dagli 0 ai 6 anni. L’abbandono da parte della figura paterna causa molti problemi ai bambini soprattutto se è legata anche a fatti di violenza familiare, tant’è che le assistenti sociali ci hanno fatto togliere pure il murales di Omar Simpson dalla parete perché rappresenta comunque una figura maschile adulta. La struttura è priva di pareti separatrici e di stanze chiuse, è un ambiente unico fatto in modo da farci interagire fra di noi mamme e bambini in maniera naturale.

Nello specifico personale, io ho lo sfratto da casa, il mio ex marito era un violento, avevo bisogno di rivolgermi ad una struttura protetta come il Melo che permettesse il recupero del mio equilibrio personale e di riappropriarmi del rapporto con mio figlio. Senza serenità una madre può trascurare il benessere del/la proprio/a figlio/a pur essendo la persona più importante per lei. Il piccolo o la piccola a sua volta vive una situazione di disagio maggiore dovuta anche all’abbandono del padre.

Cosa è successo in questi giorni, abbiamo letto della vostra protesta?

migranti meloIn questi giorni ci siamo viste arrivare all’improvviso due dipendenti del Comune che ci hanno informate che da lunedì sarebbero arrivati dei minori non accompagnati, ricordo che la struttura è completamente aperta e accessibile, fatta a misura delle mamme e dei loro figli, sottolineo che sono minori al di sotto dei 6 anni. Invece sono arrivati degli uomini adulti, ci dicono di 17 anni, ma comunque uomini e ci siamo ritrovate catapultate in una situazione di disagio continuo, invece di essere nella situazione di protezione in cui il centro ci aveva fatto stare fino a quel momento. E’ capitato che alcuni di loro sono andati al bagno mezzi nudi, loro vanno bene e il murales di Omar Simpson ricorda troppo un uomo adulto? La struttura è senza barriere permette solo la coesistenza di mamme e figli al di sotto dei 6 anni e non un ambiente promiscuo con uomini adulti di diciassette anni e oltre (non è un problema di colore della pelle). Le porte della cucina e dei bagni non hanno chiavi tanto per far rendere l’idea. A questo punto abbiamo protestato perché inascoltate e ci è piombato addosso di tutto anche le accuse di razzismo, provate voi ad ospitare qualcuno in casa vostra che può entrare liberamente in qualsiasi stanza, magari nel bagno mentre vi lavate o fate i bisogni!

Oggi esattamente cosa è successo?

Verso le 12,30 abbiamo sentito delle urla e volare delle sedie, il personale di servizio ci ha chiuse in cucina, chiuse per modo di dire visto che la porta non ha chiave. Alla fine vista la situazione non hanno potuto fare a meno di chiamare la polizia, che è intervenuta per proteggerci.

Cosa chiedete esattamente?

Al di là dei toni che in alcuni momenti si sono fatti accesi, mi rivolgo alle istituzioni, ma non vi sorge un dubbio sulla scelta di aver messo degli uomini adulti di oltre 17 anni in una struttura che non consente tale promiscuità, visto che è fatta per accogliere mamme e i loro figli (minori di 6 anni) con problemi? Una struttura completamente aperta, senza porte con le chiavi. Prima di accusarci di razzismo hanno pensato di venirsi a rendere conto di persona in che situazione ci hanno messo?

Post precedenti su questa vicenda:

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